Veronika e l'idiota di Coelho: la follia è una favola a lieto fine

Veronika e l'idiota di Coelho: la follia è una favola a lieto fine Veronika e l'idiota di Coelho: la follia è una favola a lieto fine RECENSIONE Giuliano Soria CHE cos'è un matto?». Questa è la domanda che echeggia da un capo all'altro dell'ultimo libro di Paulo Coelho, Veronika decide di morire. L'autore racconta che un giorno un potente stregone, con l'intento di distruggere un regno, versò nel pozzo da cui attingevano tutti i sudditi una pozione che avrebbe reso folle chiunque avesse bevuto quell'acqua. Tutti gli abitanti di quel regno presto impazzirono, tranne il re e la sua famiglia che disponevano di un pozzo privato. Incapace di far fronte alla situazione il sovrano si risolse ad abdicare, come il suo stesso popolo, ormai impazzito, gli aveva imposto. Ma prima di com- RECENGiuSo IONE no a piere quel gesto decise di bere egli stesso quell'acqua, divenendo così uguale ai suoi sudditi. Così fece il re, e il popolo, visto il suo sovrano rientrare nella «normalità» della vita ordinaria, cessò di volere la sua abdicazione. Con questo breve racconto, che può essere inteso come metafora del libro, Coelho riassume il senso del suo ultimo romanzo: «Conoscere la propria foiba interiore e convivere con essa». Attraverso la vicenda di Veronika, una giovane slovena a cui non manca nulla nella vita per condurre un'esistenza «normale» e che pure tenta il suicidio, si apre la narrazione di un universo quello degli ospedah psichiatrici noto all'autore stesso per avervi a più riprese soggiornato in gioventù quando «si ostinava a resistere alla vita normale». Ma, come è stile consueto di Coelho, il mondo che ci viene descritto non ha nulla di cupo e disperato, anzi è il luogo in cui si svolge il «romanzo di formazione» della giovane protagonista alla scoperta di una più autentica dimensione del sentire e dell'esistere. Dai contatti con una misteriosa «Fraternità», Veronika apprende a considerare l'anormalità non come un vizio ma come un diritto alla propria irrinunciabile autenticità. Liberata dagli schemi e dagli obblighi che le hanno imposto quell'esistenza «felice» che perseguono famiglia e società, Veronica incontra l'amore in un giovane schizofrenico, sorta di «idiota» dostoevskiano in cui la separazione dalla realtà circostante è in realtà il segno di una profonda dedizione alla realtà interiore in cui vincoli e schemi non possono più sussistere. Ma come può, in realtà, Veronika compiere la sua fonnazione da sola? Deus ex machina di questa trasformazione è il dottor Igor, enigmatica figura di medico-scien¬ ziato vagamente positivista che è convinto di aver identificato la causa di ogni malattia e sofferenza mentale nella presenza, nell'organismo umano, di una sostanza da lui chiamata Vetriolo o Amarezza. Unico rimedio possibile è la coscienza profonda della vita stessa. E questa coscienza della vita non può che nascere dalla consapevolezza della morte. Cosi, sarà il dottore stesso a indurre con uno stratagemma questo confronto nel cuore di Veronika, la quale scoprirà proprio attraverso la morte le possibilità inaudite della sua vita. Coelho è pronto a infondere non la speranza ma la certezza che è possibile, in ogni istante, per ogni uomo, voltare la pagina della propia esistenza per riscriverne il senso in una direzione opposta, non più rivolta all'esteriorità del mondo ma all'interiorità della propia anima. E in Veronika decide di morire voltare pagina significa capovolgere le norme dell'esistenza e l'etica della follia. Paulo Coelho Veronika decide di morire traduzione di Rita Desti Bompiani, pp. 186. L 26.000 ROMANZO

Persone citate: Coelho, Giuliano Soria, Paulo Coelho, Paulo Coelho Veronika, Rita Desti