Guai a Scattone e Ferrara per i soldi presi dal Tg1

Guai a Scattone e Ferrara per i soldi presi dal Tg1 Roma, indagati con alcuni famigliari Guai a Scattone e Ferrara per i soldi presi dal Tg1 La procura di Roma: «Hanno raggirato il sequestro del denaro per l'intervista» ROMA Alla Procura di Roma c'è un nuovo fascicolo nel quale risultano indagati Giovanni Scattone e Salvatore Ferrara, condannati in primo grado per l'omicidio di Marta Russo. E' quello aperto dopo le polemiche sull'intervista televisiva rilasciata dietro compenso al Tgl, all'indomani della sentenza, dai due imputati. I nomi di Scattone e Ferrara compaiono sul registro degli indagati assieme a quelli del padre del primo, l'ingegner Giuseppe, del fratello del secondo, Giorgio, e del funzionario Rai Carlo Cari, individuato come colui che avrebbe autorizzato il pagamento dell'intervista. L'ipotesi di reato - indicata in una denuncia presentata da uno dei legali di parte civile, l'avvocato Luca Petrucci - è la «mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice», prevista dall'articolo 388 del codice penale. Dietro il modo in cui è avvenuto il pagamento, infatti, si potrebbe individuare la volontà di raggirare il «sequestra conservativo» dei soldi disposto dalla corte d'assise di Roma che ha condannato Scattone e Ferrara. La vicenda risale ai giorni immediatamente successivi alla condanna dei due ex assistenti di Filosofia del diritto, quando si venni; a sapere che per concedere l'intervista al Tgl la Rai aveva pagato un compenso che si aggirava, per entrambi i contratti stipulati, intorno ai 200 milioni. A parte le polemiche sull'opportunità che il servizio pubblico facesse interviste a pagamento, c'era il problema sollevato dagli avvocati di Marta Russo, i quali avevano chiesto e ottenuto il blocco dei beni degli imputati, condannati al risarcimento «dei danni patiti dalle parti civili» e alle spese processuali; in particolare Scattone deve pagare 600 milioni alla famiglia Russo «a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva». Scattone e Ferrara firmarono il contratto con la Rai il 31 maggio; il 1° giugno ci fu la sentenza, con la condanna anche pecuniaria, l'8 giugno la Rai pagò i compensi e il 9 giunse il provvedimento di «sequestro conservativo» della somma, disposto dalla stessa corte d'assise. Solo che nel frattempo secondo quanto avrebbe accertato il pm Pierfilippo Laviani Scattone e Ferrara avevano effettuato la «cessione del credito» rispettivamente al padre Giuseppe e al fratello Giorgio. E' stata la stessa Rai a comunicare che i compensi sono stati versati a Giuseppe Scattone e Giorgio ferraro, e non ai due imputati. Il sospetto degli inquirenti è che la cessione del credito sia stata effettuata proprio per aggirare il sequestro che, vista la sentenza, la corte avrebbe vero similmente disposto (come poi in effetti accadde) non appena si fosse diffusa la notizia del paga mento. L'indagine dirà se di reato effettivamente si tratta e chi ne dovrà eventualmente rispondere, al di là dell'iscrizione nel registro degli indagati che per ora è un atto dovuto per lo svolgimento degli accertamenti. Intanto, col deposito delle motivazioni della sentenza ri prendono le polemiche sulla con duzione delle indagini che han no portato al processo contro Scattone e Ferrara. Al Consiglio superiore della magistratura, do ve da tempo è aperto un fascico lo per l'eventuale trasferimento d'ufficio dei pubblici ministeri Italo Ornianni e Carlo Lasperanza, protagonisti del famoso video-choc con l'interrogatorio di Gabriella Alletto, sarà acquisita la sentenza che, in un passaggio, «assolve» i due magistrati. li relatore assicura che la pratica sarà tra le prime ad essere; trattate, e il consigliere «laico» del Ccd Michele Viotti, che ne sollecitò l'apertura, accusa: «Spero che ora non ci siano più alibi per rinviare ancora una decisione che comunque, a questo punto, sarà intempestiva». [gio.bia.] Giovanni Scanone insieme con il padre Giuseppe

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