Sì a Prodi europresidente fino al 2005 di Francesco Manacorda

Sì a Prodi europresidente fino al 2005 A Strasburgo quasi due terzi del Parlamento premiano lo sforzo dell'ex premier e la sua squadra Sì a Prodi europresidente fino al 2005 Socialisti e popolati uniti, ma un Ppe su tre nega la fiducia Francesco Manacorda inviato a STRASBURGO Da un minuto dopo la mezzanotte di ieri, con l'appoggio degli eurodeputati socialisti e di due terzi di quelli popolari, Romano Prodi è il nuovo presidente della Commissione europea, in carica - salvo incidenti di percorso - fino al 22 gennaio 2005. Una Commissione che - dice adesso lui - «sarà forte», ma che dovrà misurarsi con un'assemblea altrettanto intenzionata a far pesare il suo potere. Il Parlamento, in seduta plenaria a Strasburgo, ha votato a grande maggioranza la fiducia al presidente e alla sua Commissione sia per il periodo dal ) 5 settembre al 22 gennaio 2000, nel quale l'esecutivo Prodi sostituisce quello dimissionario guidato da Jacques Santer, sia per i cinque anni successivi. Nel pomeriggio, Prodi è volato a Bruxelles, dove ha ricevuto la nomina ufficiale degli ambasciatori dell'Unione europea: è l'ultimo atto che gli consentirà stamattina di insediarsi nell'ufficio del presidente della Commissione nel palazzo Hreydel. Ma nell'ufficio resterà solo un quarto d'ora, poi partirà per Roma dove terrà il discorso di commiato alla Camera. Gli scrutini di fiducia del Parlamento europeo sono stati cinque in tutto: il più significativo - quello che riguarda ' : ut ora Commissione per il periodo. )C0-.,rv>5 - ha ottenuto su 594 votuc ' ìi «-urodeputati sono 626) 40* . , no e 37 astensioni. Ma in generale ' cis.-.amblea ha dato segno di preferire, : pur di stretta misura, lo stesso K jd, all'insieme della sua squoara, premiandolo con una ventina tu voti a favore in più. Due terzi del Parlamento, insomma, hanno dato la fiducia a Prodi e al suo esecutivo, che chiedevano come condizione inderogabile il voto dei due maggiori gruppi politici, i popolari e i socialisti. Ma se il presidente ha potuto contare sull'appoggio compattissimo del Pse (nel voto principale solo un socialista danese si è espresso contro, mentre altri tre si sono astenuti), assai meno entusiastico è stato l'appoggio del Ppe. Contro la Commissione hanno votato infatti tutti e trentasei i conservatori britannici, sedici deputati tedeschi della Cdu e dieci bavaresi della Csu. In tutto sessantadue voti, a cui vanno aggiunte tredici astensioni: sette ancora della Cdu, tre dei belgi fiamminghi, una francese e due degli italiani Raffaele Costa e Vittorio Sgarbi. Quasi un terzo degli iscritti al Ppe, dunque, non ha dato il suo via libera alla Commissione e oltre la metà dei popolari tedeschi non l'hanno votata. Gli animi si sono calmati, ma i pericoli restano specie perchè il Parlamento continua a considerare «sorvegliau speciali» alcuni Commissari come il belga Phi- lippe Busquin o la spagnola Loyola dePalacio. «Anche se una Commissione forte potrà talvolta essere in disaccordo con voi, talvolta dovrà dire no afferma Prodi nel suo ultimo appello ai parlamentari - saremo un partner migliore che un'istituzione debole». Ma ancora ieri il presidente ha accettato in buona sostanza le cinque condizioni poste due settimane fa dai parlamentari, che mirano ad accrescere 0 controllo dell'assemblea sull'esecutivo. La Commissione è ormai ostaggio del Parlamento? Perora, sulla questione che sta più a cuore agli eurodeputati, Prodi mantiene ferma la sua posizione. Loro chiedono che un Commissario sfiduciato dal Parlamento perché accu- sto di qualche reato sia immediatamente costtetto alle dimissioni? li Prodi ripete che «mi sentirei in obbligo di esaminante le conseguenze con il massimo rigore», ma che «occorre rispettare la presunzione d'innocenza» e soprattutto che la decisione finale spetterà solo a lui, senza condizionamenti. Una posizione che alla fine accon- tenta l'assemblea. Oltre al Pse e alla maggioranza del Ppe a favore della nuova Commissione sono anche i liberali, con l'eccezione di mi britannico, garantendo a Prodi un ampio margine. Contro si esprime invece la maggioranza dell'estrema sinistra - 30 no e 8 astenuti su 42 eletti. Fausto Bertinotti, che aveva preannunciato il suo voto contrario, preferisce non pressentarsi in nula. lì contro anche i non iscritti che comprendono i neofascisti di Le Pen - 15 no su 27 deputati. Al voto non partecipano invece i sette eletti della Lista Bonino, in polemica con la decisione dell'assemblea di non riconoscere il loro diritto di formare un gruppo misto rispedendoli appunto tra i non iscritti. «Avete deciso che assistono deputati ed elettori di serie A e di serie B», urla Emma Bonino ai colleglli che accusa di «ipocrisia». Spaccala la destra dell'Uen con 13 no e due astensioni, specie dai gollisti, e 14 sì a cui hanno contribuito i deputati di An. E spaccali anche i Verdi, che di l'rodi «apprezzano le riforme e bocciano il programma politico»: ventuno a favore, sedici contro e undici astenuti. Bertinotti (Prc) e i sette eletti nella lista Bonino non si presentano in aula La destra si spacca Ansta con l'italiano L'aula dell'Europarlamento a Strasburgo

Luoghi citati: Bruxelles, Roma, Strasburgo