Marta, «assolto» il video choc di Giovanni Bianconi

Marta, «assolto» il video choc Nessuna critica all'accusa nelle motivazioni della sentenza che condannò Ferraro e Scattone Marta, «assolto» il video choc Per i giudici la Alletto non subì «torture» Giovanni Bianconi ROMA Accadeva giusto un anno fa, a metà settembre del 1998; il processo per l'omicidio di Marta Russo era in pieno svolgimento e le immagini del video-shock della supertestimone Gabriella Alletto inondavano tutti i tg. Nella penombra di un ufficio della Procura la donna piangeva, giurando sui ligli di non sapere niente del delitto, mentre i pm incalzavano: Ini mente, e se continua cosi l'arrestiamo per omicidio e buttiamo la chiave, Montò uno scandalo, qualcuno parlò di Inquisizione e qualcun altro di tortura, Talloni presidente del Consiglio Romano Prodi si presentò in Parlamento per dire che quell'episodio era un fatto «gravissimo» e intollerabile, proannunciando di fatto un'azione disciplinare per i pubblici ministeri da parte del ministro della Giustizia, che poi non venne. I due magistrati, Italo Ormanni e Carlo Uisperanza, sono invece indagati a Perugia per minacce e violenza privata. Oggi, un anno dopo, ad assolvere i due pm arrivano le motiva /.ione della sentenza che, il I" giugno scorso, ha condannato Scattone e Ferraro rispettivamente a 7 e 4 anni di galera. In quel video, dicono i giudici della Corte d'assise in un verdetto che verosimilmente provocherà altre polemiche, non c'è niente di male. Dimostra solo «la tenace volontà di Gabriella Aletto di mentire a tutti i costi» e quello degli inquirenti di «indurre la donna a recedere dalla sua insostenibili! posizioni!». Del resto, affermano i giudici, «ogni inchiesta penale non procede all'insegna di una cena conviviale o di piacevoli conversari, e spesso la connotano pressioni incalzanti, nell'ambito del lecito, tuse al raggiungimento della verità». Questo solo accadde con la Alletto, tanto che alla fino del lungo interrogatorio «vi fu uno scambio di saluti perfino cordiale, e ciascuno resta sulle proprie posizioni... In nessun caso si può sostenere che furono le "insopportabili pressioni" o, peggio, quella "tortura psicologica" di cui non v'é alcuna traccia né visiva né auditiva, a indurla (la Alletto, ndr) a modificare l'originaria, mendace versioni! dei fatti». L'assoluzione dei due pm per ciò che si vide nel video-shock è uno dei passaggi più salienti delle quasi nulli! pagine riempite! dai giudici della prima corte d'assise; di Roma per spiegare la condanna di Giovanni Scattone (omicidio colposo) e di Salvatori; Ferraro (favoreggiamento) per l'omicidio di Maria Russo, uccisa da un colpo di pistola calibro 'l'I, il 9 maggio 1997, lungo un viali; dell'università di Roma. Alletto credibile;. I giudici si sono convinti che la supertestimone mentiva noli'interrogatorio video-registrato, mentre ha detto la verità a partire da qualche giorno dopo, e pia ne lo ammise! la sua presenza nell'aula (> di Filosofìa de;i diritto. ; nielli Scattone e Ferraro. l'ino a quel momento aveva mentito pe;r «pa ura che, se non avesse taciuto, sarebbe stata pubblicamente denigrata, offesa da maligne; insinuazioni, "moralmente massacrata", emarginata nel posto di lavoro...». Dopo aver cambiato versione, la supetestimone «ha ribadito in dibattimento quello che aveva visto e; udito, e ha spiegato il perché della sua iniziale reticenza con argomentazioni plausibili suffragate da varie risultanze processuali». La testimonianza della Lipari. Prima della Alletto, nel corso dell'inchiesta, aveva parlato l'assistenti; Maria Chiara Lipari, autrice; di una serie di dichiarazioni «a rate;» e:he, alla fine;, l'hanno imitata a ricordare la presenza prima di Ferraro e poi di Scatto¬ ne nell'aula (>. I giudici sottolineano che per la sua «tenace volontà di collaborazione» con gli inquirenti la Lipari «fu derisa, emarginata, denigrata», ha rinunciato alla carriera universitaria e «si e ritirata in un dignitoso silenzio», lì aggiungono che si, i ricordi dell'assistente possono anche essere considerati «tardivi, confusi (; inaffidabili finché si vuole;», ma in ogni caso «è impossibile sostenere, perché l'osservazione è contraddetta dal quadro probatorio emerso dal dibattimento», che quei ricordi «non siano stati riscontrati da altre; fonti». I.iparota e Olzai. L'usciere Francesco Liparota prima accusò Scattone e Ferraro, poi ritrattò sia in istruttoria che in aula. Ma i giudici considerano la ritrat¬ tazione «per nulla convincente». Altro teste d'accusa e la studentessa Giuliana Olzai, che - due mesi dopo il delitto - disse di aver visto i due imputati all'università, il giorno dell'omicidio. «Non si può sostenere che Giuliana Olzai sia stata "costruita" come teste - scrivono i giudici - nell'ambito di un "complotto" volto ad incastrare due innocenti». La deposizione della donna, continuano «si inserisce in assonanza nel di per sé oltremodo pregnante contesto probatorio delineato da Lipari, Alletto, Liparota, Villella (la madre di Liparota, ndr), e ulteriormente; valorizzato dagli alibi mendaci forniti da Scattone e Ferraro», La perizia. Verso la fine del processo, i periti incaricati dalla corte depositarono un documento che escludeva «elementi tecnici che indichino il coinvolgimento degli imputati nello sparo». Per i giudici, però, quelle conclusioni «si devono ribaltare, nel senso che proprio gli elementi tecnici ricavabili anche dalla perizia collegiale dimostrano il contrario, ovvero si pongono come compatibili rispetto alfa ricostruzione del tragico episodio» emersa nel processo. L'omicidio colposo e l'atteggiamento degli imputati. Agli atti del processo, si legge nella sentenza, non c'è la prova che al momento dello sparo Giovanni Scattone fosse consapevole che l'arma (mai ritrovata) era carica e poteva quindi uccidere, come invece ha sostenuto l'accusa. Ci sono indizi per ritenere che lo fosse, ma altri lo escluderebbero: «In definitiva gli elementi a sostegno dell'una e dell'altra ipotesi finiscono per equivalersi, e in tal caso opera il canone della scelta più favorevole all'imputato». Stabilito ciò, per la corte Scattone e Ferraro meritano il massimo della pena: «La proterva condotta processuale, improntata all'ansia di "squalificare" l'indagine e l'Istituzione nel suo complesso; l'assenza di qualsivoglia forma di resipiscenza; l'estrema gravità del dolorassimo fatto: questi elomenti impediscono di ritenere gli imputati, ancorché incensurati, meritevoli della concessione delle cirostanze attenuanti generiche». «Le inchieste penali non sono cene o piacevoli conversazioni Se ci sono pressioni incalzanti sono tese a raggiungere la verità» I PROTAGONISTI SALVATORE FERRARO. E' stato condannato a 4 anni per favoreggiamento, la pubblica accusa aveva chiesto 18 anni per omicidio volontario, stessa pena richiesta per l'amico Scattone. Si è sempre dichiarato innocente GIOVANNI SCATTONE. Condannato a 7 anni per omicidio colposo, i pm avevano chiesto una pena di diciotto. Nella sentenza i giudici hanno censurato «la proterva condotta processuale improntata all'ansia di squalificare l'indagine" GABRIELLA ALLETTO. Supertestimone dell'inchiesta e protagonista del video girato a sua insaputa. Per la corte d'assise il documento dimostra solo «la sua tenace volontà di mentire», e l'insussistenza delle «pressioni» che allora fecero scandalo. La donna è stata assolta Marta Russo, uccisa il 9 maggio 1997 alla Sapienza

Luoghi citati: Lipari, Perugia, Roma