Il voto più difficile di Algeri di Igor Man

Il voto più difficile di Algeri Il presidente Bouteflika tenta di ricostruire il Paese dopo il bagno di sangue Il voto più difficile di Algeri «Referendum sulla concordia» Igor Man ALGERIA: si vota, domani, por un futuro migliore. Ma il futuro dell'Algeria è legalo alla haraka di un uomo: Bouteflika. Il presidente dell'Algeria è stato eletto in seguito a un colpo di mano: i suoi avversari si ritirarono (perché minacciati, perché sconfortati, chissà), e lui vinse alla grande. E tuttavia, da vecchio animale politico qua! è, lavorando sodo, Bouteflika è riuscito a guadagnarsi un credito inimmaginabile presso quella società civile ch'è il cuore dell'Algeria profonda, E dalla quale, Oggi in particolare, dipendono le sorti del Palazzo. Abbiamo sempre scritto, sin dal primo momento, che quella che si combatteva, che si è combattuta, che (sporadicamente) si combatte tuttora non è una guerra civile bensì una guerra contro la società civile. Patta di persone che portano i bimbi a scuola, che si recano ogni mattina in ufficio eccetera. Tutte persone strette nella ganascia mostruosa del terrorismo assassino, quello islamista 6 quello dei soliti «servizi deviati». Ebbene codesta società civili.' sa che l'ultima parola sarà la sua. Possiamo solo immaginare con quanta sofferenza di coscienza gli algerini andranno al referendum. E' l'ultima spiaggia, dopo un calvario che, inesorabilmente, con qualche pausa illusoria, va avanti dal tragico 01 tobre del 1 988, quando l'Armata popolare sparò ad alzo zero contro i ragazzi delle scuole medie. Mille morti solo in Algeri. I bolli avevano osato scendere in piazza contro il Inibendo, lo sporco traffico di merci destinate alla gente ma rivendute al mercato nero dai brontosauri dell'Fln, il partito unico e dai generaloni col conto in Svizzera, duella strage mise in crisi il sistema e il presidente di allora, Chadli, giurò al popolò che avrebbe voltato pagina. Fu di parola: via libera ai partiti, elezioni amministrative, tanto per cominciare, e poi quelle politiche. Travolto dagli scandali, timoroso dell'ira popolare, l'Fln venne miseramente sconfitto alle amministrative: dal Fis, il Fronte islamico della Salvezza. 11 suo leader, Madani, dottore coranico ma anche intellettuale impregnato di cultura occidentale, nella sua prima intervista a un giornale straniero (La Stampa) mi disse: «L'Algeria non diventerà mai un nuovo Iran. Noi abbiamo bisogno del vostro know-how, della vostra buona valuta. Voi avete bisogno d'un mercato per i vostri infiniti ottimi prodotti e soprattutto del gas, del petrolio. Poi, che noi si (liventi una repubblica islamica o non dovrà riguardare solo noi, non voi tanto più che da sempre fate affari con l'Arabia Saudita ch'è un regno islamico quanto mai ortodosso, per non parlare dei vostri oramai annosi affari con Mosca, centrale del comunismo internazionale. Noi vogliamo recuperare la nostra identi¬ tà, lo faremo per gradi, siamo dei moderati, non possiamo voltare le spalle al Mediterraneo, all'Europa». Un discorso rassicurante che tuttavia non venne compreso o, meglio, fu giudicato un bluff. Sia come sia, alle elezioni politiche del '92, dopo i risultati del primo turno che vedevano in vantaggio (lieve) i candidati del Fis, il vecchio establishment «per salvare la democrazia» annullò le elezioni. Da allora è stato un susseguirsi di disgrazie. Di più: i generaloni che col golpe freddo, «giustificato dalla necessità di impedire ai retrogradi islamisti la presa del potere politico», rientravano nel grande giro degli affari, gli alti gradi divisero, in fatto, il paese nell'Algeria che conta, cioè i cantieri dell'energia fonte della ricchezza, e in quella che non conta: la campagna, le aree urbane dove primeggia la classe operaia. E infatti a pagare il prezzo più alto della guerra terroristica contro la società civile sono stati soprattutto i contadini, gli operai. Oltre ai soliti «intellettuali»: giornalisti, scrittori, musici, avvocati, maestri elementari. Ed è giustappunto alla società civile che Bouteflika, «dopo una lunga traversata del deserto» (1979, quando lascia la politica attiva; 1999, anno del grande, inopinato ritorno) propone il referendum del 16 di settembre: «sulla concordia nazionale». In verità il vecchio presidente, il fine politico ministro degli Esteri che impose all'attenzione del mondo l'Algeria maestra di diplomazia, ancella della pace, non soltanto in Medio Oriente, lui, Bouteflika, che fu l'anima bianca del cupo Boumedien, catafratto nel suo arabismo coniugato col negazionismo degli ismi occidentali; l'abile ebanista della parola, Bouteflika, chiede un voto di fiducia. Al popolo, meglio alla Nazione algerina che non è fatta soltanto di arabi ma anche di cittadini di altreculture: dai Berberi ai Tuareg. Ma cosa promette Bouteflika alla società civile, e anche ai fondamentalisti, alla classe operaia turbata da un'economia di mercato devastante, all'esercito inquinato dalla vecchia guardia reazionaria e affamata di dollari, ai giovani soprattutto che han scelto il maquis in buona fede e oggi aspettano, diffidenti, prima di deporre le armi? Non ha la forza sufficiente, il vecchio presidente, per promettere una amnistia generale, né, almeno sino ad oggi, può contare su un pugno di amici veri nell'agone politico. Con intelligente demagogia egli afferma d'essere «un uomo solo». E aggiunge che se la Nazione, se il popolo gli daranno fiducia, «insieme costruiremo la nuova Algeria» che sarà diversa dalla vecchia e completamente differente dall'attuale. «E nessuno sarà più solo». Un recente sondaggio (31 di agosto) ci dice che l'82 per cento degli elettori sembra deciso a dar la fiducia al vecchio presidente che viene dal passato (glorioso) e vuole fare del presente (doloroso) la leva che sollevi il paese dal sanguinoso pantano in cui giace rischiando di affogare nel nulla da un momento all'altro. Sappiamo che i sondaggi lasciano il tempo che trovano ma questo che vive l'Algeria è un tempo decisivo. L'Algeria è ferita: nell'anima sua profonda ma non vuole che la piaga scateni una mortale setticemia. Il destino è in grembo ad Allah sicché non sappiamo quale potrà essere il comportamen¬ to, nell'immediato futuro, dell'esercito, implacabile regista degli ultimi anni cruenti. E ignoriamo se appresso ai moderati del Fis verranno anche gli altri, i reprobi che (non lo dicono ma così è) invocano una amnistia generale, invero difficile da concedere dopo l'infame, interminabile massacro operato dal Già. Lui, Bouteflika, sa bene che riassorbire gli islamisti è impresa titanica. Dice di volersi chiarire le idee grazie ai buoni uffici di Amnesty International che dovrebbe aiutarlo, altresì, in una impresa più difficile ancora: definire il ruolo dei Servizi (deviati o non) nella strage continua. Anche nella famiglia di Bouteflika c'è uno dei tanti, incalcolabili «scomparsi»; un nipote del presidente figura fra i desaparecidos nordafricani, appunto. Su quest'uomo già brillante diplomatico-prodigio, sciolto di lingua e gravido di buona cultura, padrone del francese e dell'inglese, intellettuale a suo modo, ambizioso e persino vanitoso, ma estremamente coraggioso, pendono non una bensì due spade di Damocle: il fantasma del vecchio duro e puro presidente Boudjiaf, ammazzato dai suoi ex camerati che l'avevano richiamato in patria dopo un lunghissimo esilio in Marocco. Ucciso per aver tratteggiato una «rinascita» molto simile a quella che oggi Bouteflika propone all'Algeria ferita. L'altra spada sul suo capo, l'altro fantasma è la sua non troppo buona salute. Epperò sappiamo che il successo è la medicina migliore e siccome il successo di Bouteflika, in questo momento, è importante non soltanto per l'amico popolo algerino, figlio e martire di un paese bello, bianco e triste, carico di drammatica dignità e di solare amore per la vita costruttiva, ma è importante anche per noi ebbene confidiamo nella sua baraka. Augurandoci un successo sulla lunga distanza, a partire dall'esito verosimilmente felice del referendum dell'ultima spiaggia. Auguri vecchio Amm, auguri vecchio Zio. Buona fortuna, Algeria. Un recente sondaggio dice che la stragrande maggioranza degli elettori sembra decisa a dare fiducia al vecchio leader che viene dal passato MA, -vJr. 'Ss* Pi r * mKw^À 1 ' fi QUI IA CONCOR^CWI^ Una donna nella periferia di Algeri passa accanto a uno dei manifesti elettorali con i quali è stata tappezzata la capitale Anche nella famiglia del presidente Abdelaziz Bouteflika c'è uno dei tanti algerini «scomparsi»