Il «grande fratello» a tavola di Ugo Bertone
Il «grande fratello» a tavola Dalle sementi al grano i colossi del settore cercano l'esclusiva Il «grande fratello» a tavola Ugo Bertone LA manipolazione genetica? Finora, in Italia, la materia è stata più oggetto di dibattito accademico o di contestazione ideologica («testimonial» di grido Dario Fo e Beppe Grillo) che non un tema di politica industriale. Il che non è casuale, data la fragilità delle aziende italiane, la «Waterloo» della chimica e della farmaceutica di casa nostra non ha certo permesso la nascita di concorrenti paragonabili alla svizzera Novartis o all'americana Monsanto. Ma, certe volte, i ritardi possono essere salutari, a giudicare dagli intoppi che queste multinazionali stanno trovando sul fronte della ricerca genetica. In realtà, nessuno esclude, almeno in teoria, gli enormi vantaggi che la modificazione genertica può portare neri campo della ricer¬ ca, soprattutto sul fronte farmacologico. Le obiezioni crescono quando la modificazione genetica interviene in agricoltura. L'opinione pubblica, insomma, è disposta ad accettare un «rischio» quando il nuovo farmaco, nato dalla modicazione dei geni, può aggredire e annientare il morbo di Alzheimer. Diverso è il caso di un pomodoro a forma cubica e senza semi o di una patata gigante, oppure di un chicco di grano invulnerabile dai parassiti, prodotti già sfornati o in via di completamento nei laboratori Monsanto o nei campi di ricerca di altri colossi Usa, giapponesi o svizzeri. Fin qui le contestazioni scientifiche dei Paesi «ricchi». Ma l'avanzata dell'agricoltura «Gin» (ovvero a «modifica genetica) pone pure drammatici problemi di dipendenza, soprattutto per i Paesi del terzo Mondo. Le multinazionali, infatti, si stanno garanten¬ do il monopolio delle sementi, con mezzi spietati. La Monsanto, ad esempio, ha appena acquisito due società, Delta e Pine Land, che producono semi che si autodistruggono dopo un solo impiego. In altri casi, le sementi vendute da alcune compagnie sono compatibili solo con insetticidi prodotti dalle stesse industrie. Negli stessi Usa Delta e Pine Land controllano il 70% del cotone mentre solo quattro aziende si dividono una percentuale analoga del grano. Certo, gli investimenti richiesti dalla ricerca genetica sono giganteschi. E può succedere che Monsanto, come sta accadendo, metta in vendita la sua divisione «cotone» per crescere nel mercato dei cereali. Assurdo, probabilmente, parlare di un «grande fratello». Ma altrettanto assurdo sarebbe affidarsi, in una materia del genere, al libero mercato.
Persone citate: Beppe Grillo, Dario Fo, Monsanto, Pine Land
Luoghi citati: Italia
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