I neri sfrattati dai campi di pomodoro

I neri sfrattati dai campi di pomodoro RIVOLUZIONE NEL QUADRILATERO DELL'«ORO ROSSO» I neri sfrattati dai campi di pomodoro «Costano troppo, meglio i braccianti locali» Gli africani sono stati in gran parte sostituiti dai raccoglitori dell'Est, ma alcuni ora sono caporali e contrattano i salari per gli stranieri la storia Sandro Tarantino PALAZZO SAN GE^WÒTPoienza) Inori costano molto. I bianchi no. Sono convenienti, «fanno risparmiare e non danno problemi». C'è qualcosa ohe sta cambiando. Donato, 37?anni, è italiano. Raccoglie pomodori e guadagna 65 mila lire al giorno. Anche Mohammed, 32 anni, tunisino, raccoglie pomodori. Guadagna 180 mila lire. Il triplo. Troppo. 11 suo capo è tunisino come lui: contratta con le aziende e gli passa il lavoro in cambio di una ragionevole tangente, dalle mille alle tremila lire a cassone. Ogni cassone, tre quintali di pomodori. Mohammed, «se il campo è buono», ne riempio anche 20 al giorno: 60 quintali. «Prendo - dice - 12 mila lire a cassone». Al netto della tangente, fanno 180 mila lire al giorno. «Ma quello lì, ci toglie tutto», dico parlandone sottovoce. Il caporale nero fa paura. Scelto nel 63 da Lina Wertmuller che vi ambientò «I basilischi» per raccontare un Sud ruvido e all'antica, Palazzo San Gorvasio è ancora un paesino, la terra del pomodoro e del tabacco, al confino fra Basilicata o Puglia, regioni che hanno accolto, sfruttato e sottopagato por anni migliaia di immigrati africani. Ma ora è finita. Si torna indietro. Una rivoluzione in retromarcia. Meglio gli italiani. I neri non rendono. Chiedono troppo. Disgraziati che dormono in strada e si lavano allo fontane, però merce pregiata per quelle aziende agricole che vogliano - ingaggiandoli legalmente - aprire le porte solo a chi ha un permesso di soggiorno. I braccianti italiani lavorano «a giornata», assunti regolarmente. Nel Potentino più di mille aziende hanno sottoscritto con i sindacati l'accordo di riallineamento accett andò di abbandonare il lavoro nero e di «riallinearsi» ai contratti entro il 2000. «Rispettando questo accordo oggi le imprese dovrebbero pagare ai braccianti 57 mila lire a giornata - dice Antonio Di Bari, segretario della Flai-Cgil - ma a Palazzo non c'è nessuno che paghi meno di 65 mila lire, che poi diventano 90 mila con i contributi». Gli extracomunitari lavorano «a cottimo», anche 12 ore al giorno. Più cassoni, più soldi. Non si potrebbe, è illegale. Perciò vengono assunti, «a giornata», un paravento dietro il quale si nasconde in realtà il cottimo. 10 mila lire a cassone «se il campo è buono», zeppo di pomo- dori; fino a 17 mila se, in un campo rado, tre quintali si raccolgono faticando di più. «Sono degli specialisti. A loro basta un attimo per capire quante piante ci sono e quanti pomodori possono raccogliere. Uno sguardo e ti chiedono tanto a cassone», spiega Di Bari. In ogni caso, chiedono troppo. Antonio Romanelli è un imprenditore agricolo. Immigrati non ne assume: «Non ne ho mai avuti. Ti chiedono 10 mila lire a cassone, arrivano anche a 13 mila e più. Io con otto operai italiani che mi costano 800 mila lire al giorno riempio un autotreno di 250 quintali. Con i marocchini mi costerebbe quasi 900». Troppo. Così questa controtendenza che negli sterminati 450 mila ettari del Foggiano ha determinato un semplice avvicendamento etnico fra stranieri (agli africani si sono in gran parie sostituiti ondato di slavi, albanesi, polacchi, kosovari, con una singolare presenza di olandesi), a Palazzo provoca uri ritorno al passato, conio lo stesso sindacalista con¬ ferma dicendo che «le improse cercano più italiani che immigrati». Gli extracomunitari che arrivano ancora a centinaia sanno che il mercato non tira. Quel po' di lavoro che c'è passa dallo mani dei «caporali neri». Sono loro connazionali che, con saldo rigore etnico (i tunisini gestiscono solo tunisini, i senegalesi solo senegalesi, i marocchini solo marocchini), sono arrivati in Italia come braccianti por diventare intraprendenti e severi «coordinatori», cioè la peggiore specie di aguzzini. Accanto a Lavello, Melfi e Montomilono, Palazzo San Gervasio chiudo con i suoi 700 ettari il «quadrilatero del pomodoro», l'area del Potentino in cui ogni anno calano migliaia di immigrati. A Palazzo dormono accanto a una staziono di servizio, all'aperto. Un contro di accoglienza glielo sta costruendo il Comune. La periferia del paese è elegante, villette con giardino. Dai «Basilischi» a oggi sono cambiate le case, non i volti. Omisi in 500 i palazzosi hanno trovato posto alla Fiat di Melfi. Donato no: sgobba nei campi da quando aveva 14 anni, con la moglie. Ha tre figli, il viso socco e una Fiat 127 pronta per lo sfasciacarrozze. Lavora 110 giornate l'anno. Sommalo all'indennità di disoccupazione pagata dall'Inps per gli altri 255 giorni, gli entrano in tasca 14 milioni l'anno. «Io lavoro sei oro e 40 al giorno e faccio otto cassoni di pomodori. Ma se il campo è buono no faccio anche 20». Guadagnerebbe pili di 200 mila se lavorasse «a cottimo». Invoce ne prende 65. Nizar viene dalla Tunisia, «il mio paese è a 60 chilometri da Hammamet, dove sta Craxi», ride. Conosce l'Italia perché ci vivo da nove anni. Ora ne ha 34 e ne dimostra almeno 10 di più, Parla un misto di tunisino e napoletano e, dopo i meloni a Grazzanise («16 lire al chilo») e i pomodori a Foggia («10 mila a cassone»),è arrivato a Palazzo San Gorvasio con un truppa di connazionali e aspetta. «Quest'anno va male ci offrono poco, 7 mila a cassone». Spera che alletti la loro flessibilità, la disponibilità a lavorare anche di notte, (piando gli italiani hanno ormai finito lo 6 ore e 40 e tornano a casa. Nizar guarda il cielo. Pioverà? Magari piovesse. Se piovo, si lavora di sicuro. Lo macchino non ci possono entrare noi campi bagnati. Ce ne sono già 12 a Palazzo San Gorvasio: sono dei bestioni meccanici che raccolgono i pomodori automaticamente. Anche Romanelli ce l'ha. «Per raccogliere 30 mila quintali a mano ci vorrebbero 50 persone. No ho 3(1». 1 braccianti scartano il verde, buttano via i pomodori non maturi, «lo il selettore non ce l'ho. Quello costa 40 milioni e butta via automaticamente il verde. Se lo compro, me lo pago indue anni. La macchina funziona con una sola persona. Corto, se piove, ci vogliono le braccia e son sempre meno. La manodopera scarseggia. Ma io prendo solo italiani, conviene di più». Bianchi e neri ridiventano uguali solo di fronte a questo bestione meccanico. Perché, se non piove, il lavoro scompare per tutti. èp*^ -*' Giovani africani impegnati nella raccolta di pomodori RITORNO ALL'ANTICO

Persone citate: Antonio Di Bari, Antonio Romanelli, Craxi, Di Bari, Lina Wertmuller, Romanelli, Sandro Tarantino