Boccossini: vi rtnconto lu mia (urla Pel Ponte

Boccossini: vi rtnconto lu mia (urla Pel Ponte IL NUOVO PROCURATORE ALLA CORTE PER I CRIMINI DI GUERRA DELL'AIA Boccossini: vi rtnconto lu mia (urla Pel Ponte Collaboratrice di Falcone, ora lotterà contro la crudeltà umana intervento iida SuGcassini CARLA Del Ponte è il nuovo Procuratore Capo presso il Tribunale Internazionale Penale dell'Aia contro i crimini di guerra. Una nomina prestigiosa e di grandissima responsabilità. Dovrà confrontarsi con la crudeltà degli uomini. Vorremmo non sentir più parlare di pulizia etnica. Mentre sono ancora vive nei nostri occhi le atrocità compiute nel Kosovo, rivediamo le stesse scene in Indonesia. Immagini di gente in fuga, sguardi sgomenti ed atterriti di bambini, donne e uomini costretti ad abbandonare la propria terra. Se la guerra e il genocidio sembrano essere costanti ineluttabili della storia umana, quel che possiamo fare, di concreto, per combattere questi crimini atroci è impegnare gli uomini migliori per identificare e punire i colpevoli, nella speranza di poter costruire per i nostri figli un mondo di pace. In questo senso Carla è sicuramente la persona giusta. Ha la professionalità, il coraggio, la determinatezza, il senso della giustizia e la carica umana che le permetteranno di smascherare chi si è macchiato di crimini così orrendi. All'amica, alla collega con cui ho condiviso tanti anni di vita professionale, va tutta la mia stima e la mia riconoscenza. Mi tornano alla mente tanti momenti vissuti insieme. Il primo incontro. La sua ritrosia verso una persona sconosciuta. L'intervento di Giovanni Falcone che fugò ogni incertezza. Fu allora che ebbi chiara la percezione del suo rigore professionale e della serietà con cui affrontava il lavoro. Sia lei che Falcone avevano intuito l'importanza della collaborazione reciproca. Condividevano metodologie di indagine, erano concordi sulla necessità di individuare i flussi economici per colpire le organizzazioni criminali su uno dei punti vitali: il patrimonio. Dal loro comune lavoro sono scaturite indagini importantissime. In epoca in cui parlare di mafia o di riciclaggio era sicuramente una novità. Mai la loro attività è stata «disturbata» dai mass media. Tutto avveniva - così come dovrebbe essere - all'insegna della massima riservatezza. Mai giornalisti e cameramen erano ad attenderli nei luoghi delle istruttorie. Il ruolo di Carla è stato determinante per la lotta al crimine, al punto che nel giugno del 1989 era pronta ad esplodere a Palermo una carica di esplosivo che doveva colpirla insieme a Giovanni. «Cosa nostra» aveva intuito il pericolo rappresentato da quella collaborazione. Il ritrovamento della borsa con l'esplosivo evitò la strage. Così non è stato per Giovanni nel 1992. Come n'on ricordare l'abbraccio tra me e Carla subito dopo Capaci: le nostre lacrime, l'angoscia, il dolore, la rabbia, lo sgomento. Senza dircelo sapevamo entrambe che dovevamo andare avanti. Con i fatti, poi non vanificare il lavoro del nostro collega. Quello che Carla Del Ponte rappresenta nel mondo è racchiuso nel voto unanime del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che l'ha voluta per questo incarico. Se razionalmente sono convinta che miglior scelta non poteva essere fatta, non posso negare la mia «preoccupazione» per l'inevitabile fine dell'intensa collaborazione che ci ha legato in questi anni. Sono certa che il nuovo Procuratore Federale svizzero saprà continuare con la stessa intensità professionale il rapporto di collaborazione con l'Italia. Ricominceremo però daccapo. L'esperienza e la conoscenza di determinati fenomeni si costruiscono negli anni, così come le intese professionali. E' inevitabile che perderemo tutti del tempo prezioso. La criminalità, però, non si ferma. E' senza confini. Il paradosso è evidente. Mentre si discute di come ridurre tempi delle rogatorie da anni a qualche mese, cospicui capitali illeciti si spostano in tempo reale al costo di una semplice telefo=nata urbana. Su un sito Internet si può leggere: «Sono le dieci di sera, sta piovendo, vostra figlia, a Parigi ha bisogno di soldi, nessun problema collegatevi via Internet con la banca e disponete un bonifico. La mattina successiva vi telefonerà vostra figlia dicendovi: "Tutto a posto"». Non è il messaggio di una società di riciclaggio bensì di una banca svizzera. Una richiesta di rogatoria deve essere predisposta, adeguatamente motivata, tradotta nella lingua del paese destinatario, trasmessa per i canali diplomatici... Altro che «sono le dieci di sera». Già questo banalissimo esempio dà la dimensione del problema. Tra l'Italia e la,Svizzera è stata stipulata una nuova convenzione che risale ormai a due anni fa. Un passo avanti che consentirebbe una significativa semplificazione delle procedure e delle indagini tra i due paesi. Ebbene, mentre la Svizzera ha già ratificato la convenzione, l'Italia non l'ha ancora fatto. Perché? Se si vogliono seriamente individuare i patrimoni illeciti, scoprire i reali beneficiari economici, identificare i consulenti finanziari e le società di copertura non si può prescindere dalla collaborazione internazionale. In una indagine, ad esempio, si è accertato che società panamensi avevano conti in Lussemburgo, con un procuratore svizzero ed un beneficiario economico canadese. Ovviamente il titolare reale era, invece, un italiano. Anni ed anni di attesa ed il quadro non è ancora completo. Questa non è una situazione limite ma è la regola di chi gestisce capitali illeciti. Sanno che esistono santuari finanziari protetti ed impermeabili a qualsiasi richiesta di accertamenti. Se poi le cose dovessero andar male sarebbero i tempi biblici di esecuzione a vanificare ogni tentativo di indagine. Contro una richiesta di rogatoria può essere presentato un ricorso che può percorrere tre gradi di giudizio prima di arrivare ad una definizione. Una sorta di processo nel processo, limitato magari al solo atto istruttorio. Questo accade nella migliore delle ipotesi, perché esistono paesi che non si degnano neanche di rispondere. Le rogatorie di fatto spostano il conflitto tra accusa e difesa all'estero. Gli indagati (specie se sono in gioco rilevanti interessi economici) possono avvalersi di ottimi professionisti stranieri, mentre, all'accusa è concessa solo la speranza di trovare un magistrato preparato eri intellettualmente onesto. Se ciò non avviene le richieste rischiano di essere rigettate o peggio di restare inevase per anni. Le conseguenze non sono però solo processuali, il mancato accertamento della verità ricade sulla intera collettività. Non possiamo pensare di sviluppare la società solo sotto il profilo politico, economico, tecnologico se poi non si adeguano gli strumenti legislativi a salvaguardia della comunità. Permettere l'accumulazione di patrimoni illeciti all'estero, derivanti da traffici di droga, corruzione, evasione fiscale ed altro, significa consentire il perpetrarsi di tali reati nel nostro paese e permettere poi a tali capitali di intossicare la parte sana della società e dell'economia. Significa anche contribuire a creare e mantenere le disparità tra Nord e Suri, favorire la disoccupazione, il debito pubblico... In tal modo i «poteri criminali» sfrutteranno per primi i benefici della globalizzazione. Se è vero che dobbiamo scegliere quale tipo di sviluppo vogliamo, è altrettanto vero che dobbiamo dotarci di una adeguata tutela contro l'illegalità, non solo quella di piccolo cabotaggio ma soprattutto contro le «multinazionali» del crimine che, diversamente, diverranno invincibili. Il patrimonio è il punto debole. I capitali lasciano tracce documentali. Basta trovarle. La ricerca dei conti e l'individuazione delle società off-shore rappresentano l'unico mezzo per colpire i capitali illeciti e chi ci sta dietro. Per fare questo serve certamente una magistratura preparata eri indipendente. Non è pensabile, infatti, che tali fenomeni, pericolosi per la crescita del paese, possano essere affrontati con le dichiarazioni dei ed. collaboranti, siano essi imprenditori o mafiosi. La giustizia non ha bisogno di teoremi ma di verità docume ntali. Detto questo se non verranno riviste in tempi brevissimi le convenzioni internazionali che dovranno essere adeguate alla crescita della criminalità di ogni genere, se non verranno ciati strumenti non solo legislativi ma anche investigativi alla magistratura, questo tipo di indagine non potrà mai essere fatta. Per cominciare, magari, potremmo ratificare il trattato con la Svizzera? 3 3 L'incarico all'Aia? Miglior scelta non poteva esserefatta, non posso negare la «preoccupazione» per l'inevitabilefine della collaborazione ij ij IL GENOCIDIO Quel che si può fare, in concreto, è impegnare gli uomini migliori per individuare e punire i colpevoli e costruire ai nostri figli un mondo di pace PATRIMONI ILLECITI Tra Italia e Svizzera è stata stipulata una nuova convenzione per semplificare le indagini. Zurigo Tha ratificata, Roma no. Perché? 3 3 Non dimentico l'abbraccio tra me e Carla dopo la strage di Capaci: le lacrime, l'angoscia, la rabbia, 10 sgomento. Sapevamo entrambe che si doveva andare avanti. Con i fatti, per non vanificare 11 lavoro del nostro collega tj p IL RAPPORTO CON FALCONE Avevano intuito l'importanza dell'aiuto reciproco. Individuavano i flussi economici per colpire i criminali su uno dei punti vitali: il guadagno 3 3 Permettere l'accumulazione all'estero di denaro da droga, corruzione e altro è intossicare la parte sana della società p p Il sostituto procuratore llda Boccassini Carla Del Ponte procuratore al Tribunale dell'Aia Giovanni Falcone il magistrato vittima della mafia

Persone citate: Boccassini, Carla Del Ponte, Giovanni Falcone, Suri