La Confindustria parte all'attacco delle Rsu di Francesco Bullo
La Confindustria parte all'attacco delle Rsu Rappresentanze sindacali: dai commercianti agli artigiani, le categorie si schierano con Fossa La Confindustria parte all'attacco delle Rsu Sessanta giuristi in coro: il disegno di legge è incostituzionale Francesco Bullo ROMA Una legge sulla rappresentanza sindacale (Rsu) è necessaria ed urgente, ha ripetuto ieri da Palermo il segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati, e il segretario confederale 011, Adriano Musi, gli ha fatto eco sostenendo che il provvedimento non contraddice il Patto di Natale ed è un risultato del patto del '96 sulle rappresentanze. Due voci per rispondere al presidente della Confindustria, Fossa, che rivolgendosi a D'Alema aveva parlato di legge «devastante» ed «eversiva» che metteva a rischio il patto sociale andando contro gli impegni presi con il «patto di Natale». Al centro delle polemiche sempre più roventi è il disegno di legge in discussione alla Camera la prossima settimana, con il quale si vogliono estendere le Rsu anche alle imprese con meno di 15 dipendenti. E ieri intomo a Fossa hanno fatto quadrato le principali organizzazio- ni dei datori di lavoro: dalla Confesercenti, alla Confartigianato, dalla Cna alla Claaiil, al presidente di Federturismo, Giancarlo Abete. Ma non si è trattato solo di una levata di scudi delle «controparti datoriali» direttamente interessate. Il disegno di legge ha dovuto infatti incassare anche la bocciatura di alcuni dei più autorevoli giuristi ed esperti di diritto del lavoro. In una «lettera aperta» al Parlamento, 62 professori di diritto tra i quali il presidente emerito della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre Raffaele De Luca Tamajo, Renato Scognanii- glio, Pasquale Sandulli ed Edoardo Ghera, sostengono l'incostituzionalità del testo. «Il provvedimento - scrivono contrasta con alcuni principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e si contrappone alla tradizione sindacale italiana assumendo invece una prospettiva di determinazione eteronoma degli assetti sindacali senza peraltro il beneficio di un incremento del tasso di stabilità del sistema». I giuristi criticano il modello sulle condizioni per l'efficacia del contratto «erga omnes» (firmato da organizzazioni che rappresentino almeno il 51% del settore) perché «prescinde del tutto» dai precetti contenuti nell'art. 39 (quello sulla libertà sindacale) della Costituzione. Questo articolo sarebbe violato anche dal riconoscimento ad alcuni sindacati («selezionati con criteri diversi da quelli della seconda parte dell'art. 39») del potere di stipulare contratti «erga omnes». E i giuristi contestano anche l'estensione del¬ l'applicazione della legge alle imprese che occupano meno di 16 dipendenti. La lettera definisce poi «singolare» il principio secondo il quale il ministro del Lavoro potrebbe intervenire in assenza di un accordo tra le parti, e dedica l'ultimo «rilievo» ai contributi sindacali: «l/obbligo legale a carico del datore di lavoro nell'intermediazione nella riscossione dei contributi sindacali vanifica la volontà del corpo elettorale che con il referendum del 1995 si espresse per l'abrogazione dell'obbligo». Rilievo giuridiche motivate che investono l'intera legge e che devono far riflettere. Più immediata l'irritazione degli imprenditori: «È una foiba stabilire per legge un tema che è prettamente materia contrattuale», ha commentato Venturi (Confesercenti). «Se avessimo immaginato che governo e Parlamento tiravano fuori una cosa del genere non avremmo firmato iì Patto di Natale», ha concluso Spalanzani (Confartigianato). Giorgio Fossa presidente della Confindustria
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