Annan: «L'Indonesia accetti i caschi blu»

Annan: «L'Indonesia accetti i caschi blu» I mnzionari Onu abbandonano Timor Est sotto i colpi dei miliziani, stenninati gli abitanti di Dili Annan: «L'Indonesia accetti i caschi blu» D'Alema: pronti a partecipare a una missione di pace Maurizio Moiinari inviato a NEW YORK La drammatica evacuazione dei funzionari dell'Onu da Dili ha spinto il segretario generale Kofi Annan a chiedere all'Indonesia di «accettare senza indugi» l'invio di una forza internazionale. L'Italia si dice pronta a partecipare «da subito». Ma i militari di Giakarta resistono: «L'Onu potrà entrare a Timor Est solo quando noi avremo ristabilito l'ordine». Spari, aggressioni e violenze di ogni genere hanno accompagnato il convoglio di automezzi che ha portato 350 funzionari dell'Onu fuori dalla sede della missione a Dili, capoluogo di Timor Est. «E' stato un inferno: è difficile descrivere, perfino immaginare, da cosa siamo venuti fuori mentre i soldati stavano a guardare a distanza senza far nulla» ha raccontato uno dei funzionari, Ceser Antonio Mali. 11 convoglio guidato dal capo-missione Ian Martin ha attraversato una città deserta, con corpi disseminati per le strade e incendi ovunque, prima di raggiungere l'aeroporto da dove è partito per l'Australia. I miliziani filo-indonesiani hanno ripetutamente violato la sede dell'Onu, entrando armati, minacciando i profughi che vi si erano rifugiati nei giorni scorsi, danneggiando edifici, bruciando molte vetture e secondo testimoni - causando delle vittime fra cui vi sarebbero anche dei dipendenti della missione. I miliziani continuano ad accanirsi contro i religiosi: un convoglio di suore cattoliche è stato bloccato e l'autista violentemente bastonato. In una Dili oramai città fantasma con un ultimo gruppo di funzionari Onu asserragliato nella sede della missione - è in arrivo oggi la missione di «verifica» dei cinque ambasciatori del Palazzo di Vetro. Nel corso di una conferenza stam¬ pa, la reazione del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, alle violenze è stata durissima: «A Timor Est vige la totale anarchia, le proprietà dell'Onu sono state violate, danneggiate, chi vi si trovava dentro è stato terrorizzato dai miliziani, l'Indonesia deve accettare senza indugi l'arrivo di una missione internazionale per ristabilire l'ordi¬ ne». «Non sono affatto sicuro che l'Indonesia non sia in grado di fermare le violenze» ha aggiunto Annan, lasciando trasparire i sospetti di complicità fra soldati e miliziani. Duro con Giakarta anche il presidente americano Bill Clinton che, in viaggio verso la Nuova Zelanda, ha parlato di «violenze inaccettabili contro la rappresen¬ tanza dell'Onu» accusando l'Indonesia di «aiutare e consentire» le aggressioni delle milizie. «La comunità internazionale non può tollerare tutto questo» ha aggiunto Clinton, lasciando al proprio consigliere per la sicurezza nazionale Sandy Berger il compito di chiarire che «nulla è escluso nella nostra possibile partecipazione alla missione internazionale». Ovvero, non solo sostegno logistico e di intelligence ma anche 1 invio di troppe. L'Australia è pronta a guidare l'intervento dell'Onu e il presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, ha annunciato la disponibilità italiana a «partecipare da subito». «In assenza della cessazione delle violenze siamo pronti a partecipare ad un intervento dell'Onu - ha detto D'Alema - e ci stiamo consultando con gli alleati su come porre fine a questa nuova tragedia». Fra le nazioni pronte a fornire caschi blu c'è anche - per la prima volta la Cina anche se Pechino minaccia il veto in Consiglio di Sicurezza fino a quando permarrà il rifiuto indonesiano. Per questo Washington preme su Giakarta: dopo la sospensione della collaborazione militare ora minaccia di sospendere gli aiuti economici, indispensabili per l'Indones'a. Ma i generali respingono ogni «ingerenza». «A Dili ieri non vi sono state violenze, i nostri soldati hanno protetto gli uomini dell'Onu» ha detto il generale Gudrajat, portavoce dell esercito. Il ministro della Difesa, generale W iranto, ha replicato a Kofi Annan: «Non è ancora il momento di far intervenire ima forza intemazionale, prima noi dobbiamo ristabilire l'ordine». Il crescente ruolo dei militari preoccupa Washington. Clinton non esclude che vi sia tm «vuoto di potere» né che «qualcuno voglia il caos per ostacolare il risultato del referendum sull'indipendenza di Timor Est». Il liscimi di un colpo di stato è stato escluso dal presidente indonesiano Habibie: «Ma che golpe e golpe, non è vera nulla». All'interno del suo partito «Golkar» però cresce la fronda: 20 deputati gli hanno chiesto per la prima volta di farsi da parte per le «negative conseguenze» causate dalla sua decisione di consentire il referendum. AMBON Questa isola delle spezie era popolata in maggioranza da cristiani, e dopo l'ultimo conflitto mondiale gli ambonesi si opposero all'annessione all'Indonesia, tentando di formare uno Stato indipendente. Ha le truppe di Giakarta schiacciarono la resistenza. La forte migrazione musulmana che seguì, ruppe l'omogeneità etnico-religiosa, ma la convivenza è stata pacifica fino ai primi Anni Novanta, quando il potere locale è passato ai musulmani. Da allora la tensione è cresciuta fino al gennaio scorso, quando una rissa di strada tra un cristiano e un musulmano degenerò fino a provocare i peggiori scontri religiosi della storia indonesiana: più di mille persone restarono uccise e a migliaia fuggirono dall'isola. TIMOR EST Colonia portoghese per 450 anni, popolata quasi totalmente da cristiani, la regione fu invasa dall'Indonesia nel 1976, un anno dopo la partenza dei portoghesi. Giakarta ha tentato di diluire la maggioranza cristiana con un programma di immigrazione, ed ha tentato di soffocare nel sangue ogni opposizione o resistenza. Secondo stime internazionali, dall'invasione ad oggi avrebbero perso la vita tra i 200 e i 2S0 mila timoresi: quasi uno su tre. Nel 1996 il vescovo cattolico di Timor Est, mons. Belo, e il leader indipendentista moderato Ramos-Horta sono stati insigniti del Premio Nobel per la pace. Dopo la caduta del Presidente Suharto, il suo successore Habibie ha offerto un referendum per scegliere tra un'ampia autonomia all'interno dell'Indonesia o l'indipendenza. Il 78,5% dei timoresi ha scelto l'indipendenza. ACEH E' un distretto speciale nel Nord di Sumatra, abitato da musulmani malesi che combatterono gli occupanti olandesi e, poi, il potere indonesiano. Nel 1953 la loro ribellione fu schiacciata nel sangue. Dal 1990 al 1998 Aceh è stata dichiarata zona militare nel tentativo di eliminare i guerriglieri di Aceh Herdeka, un gruppo ancora forte. Amnesty International ha denunciato esecuzioni sommarie, rapimenti, torture e arresti arbitrari. La zona è importante anche per la presenza di grandi depositi di gas e petrolio. Nel maggio scorso oltre 70 persone sono state uccise dalle truppe antisommossa che tentavano di sradicare le simpatie separatiste prima delle elezioni di giugno. IRIAN JAYA La metà occidentale della Nuova Guinea costituisce la più estesa provincia dell'Indonesia, di cui è parte dal 1963. La popolazione, in maggioranza cristiana, è etnicamente e culturalmente diversa da quella indonesiana, e omogenea invece a quella di Papua, che occupa la metà orientale dell'isola ed è indipendente dal 1973. Rica d'oro, petrolio, legni pregiati e rame, la provincia è stata in parte indonesizzata con la migrazione forzata di 200 mila persone, cui si sono aggiunti 50 mila volontari. La resistenza è stata duramente repressa negli anni 70-80 e l'esercito indonesiano ha massacrato migliaia d'indipendentisti. Gruppi di guerriglieri del movimento per la libertà di Papua sono ancora attivi al confine. ^1 uccise e a migliaia fuggirono dallisola. BANDA ACEH tra unampia autonomia allinterno dellIndonesia o lindipendenza. Il 78,5% dei timoresi ha scelto l'indipendenza. OCEANO PACIFICO JAYAPURA Q ÌRIAN JAYA