«I referendum? Frustata per cambiare» di Guido Tiberga

«I referendum? Frustata per cambiare» Quasi flirt tra Andreotti e Emma Bonino: alcuni quesiti sono pienamente condivisibili «I referendum? Frustata per cambiare» Guido Tiberga inviato a MONTECCHIO «Certo, tu hai sostenuto l'aborto e il divorzio. Però io ammiro molto il tuo lavoro: come commissaria europea hai fatto benissimo...». «Certo, spesso siamo stati lontani. Però abbiamo lo stesso senso dello Stato e delle istituzioni...». Giulio Andreotti ed Emma Bonino. Il Democristiano e la Radicale. Il cattolico del potere che logora gli altri e la liberale-liberista-libertaria che raccoglie le firme. Il simbolo del «vecchio» che qualcuno rimpiange e del «nuovo» che si vuole costruire a colpi di referendum. Mangiano tortelli, bevono lambrusco e regalano sorrisi a Pierluigi Castagnetti, l'anti-Marini che mangia beve e sorride davanti a loro. Lo scambio di amichevoli sensi attira una piccola folla intorno al tavolo della cena: «Alla fine abbiamo trovato un pezzo di strada comune» dice la signora 8 per cento. «Emma è metà Giovanna d'Arco e metà Vispa Teresa: una sintesi capace di umanizzare anche i problemi più profondi...», replica il senatore. Nella serata che la festa dell'Amicizia dedica alla politica internazionale, il flirt procede su territori inattesi. Andreotti quasi quasi diventa referendario, al punto da lanciare la «provocazione» del referendum europeo. «Per noi del Parlamento sono una frustata verso le riforme», replica a chi gli chiede un parere sui venti-quesiti-venti della nuova scommessa radicale: «Alcuni sono condivisibili, assolutamente condivisibili», continua. E gli altri? «Beh, i referendum opinabili non sono certo un dogma...». La Bonino non è da meno. A domanda risponde: «Noi e i democristiani abbiamo una cosa in comune: la passione politica. Ci siamo trovati a condividere molte cose, molti valori sono comuni tra laici e cattolici...». C'è tanta gente, nell'arena grande della festa di Montecchio. Ce n'è tanta anche se il dibattito segue i binari di questa strana festa di partito, che sembra guardare al passato più che al presente turbolento della piccola famiglia popolare: temi nobili, ragionamenti articolati, parole difficili. Non è un caso, forse, se la platea applaude soltanto quando Andreotti allude al suo processo, all'«avventura che spero di concludere da vivo...». Il resto è questione da addetti ai lavori. Il popolo del Ppi ascolta e interviene. A volte è meno conciliante di quanto i due protagonisti non si sforzino di apparire dal palco. Una militante provoca la Bonino dell'embargo all'Iraq, «sostenuto dai radicali», che «divide il terzo mondo in buoni e cattivi». Un altro si guadagna un lungo applauso quando definisce «ai limiti dell'infinito» l'intelligenza di Andreotti. Poi gela tutti con il rospo che evidentemente non riesce a togliersi dallo stomaco: «Giulio - confessa - la mia pensione è di sette milioni all'anno. Mi vuoi spiegare perché l'Espresso dice che tu ne prendi 270?». Lui replica, amabile: «Ultimamente, come saprà, ho avuto alcune spese straordinarie...» Il senatore avita Giulio Andreotti e l'esponente radicale Emma Bonino

Luoghi citati: Iraq, Montecchio