DICIOTTO MESI ALLA FINE di Luigi La Spina
DICIOTTO MESI ALLA FINE DICIOTTO MESI ALLA FINE Luigi La Spina OGNI tanto il rituale si ripete: i vertici dello Stato, giustamente preoccupati per i continui fallimenti, sollecitano i partiti a trovare un accordo sulle riforme, almeno su quella elettorale. I commentatori, allora, si uniscono agli auspici, con qualche prudente scetticismo, dovuto soprattutto alla noia di ripetere sempre le stesse cose. Il professor Sartori esercita la sua dottrina, purtroppo inascoltato, come al solito. I leader politici, per qualche giorno, ritornano a scontrarsi con proposte intese solo a salvare il proprio partito dal rischio estinzione. I cittadini capiscono tutto: girano in fretta la pagina del giornale o si gettano subito sul telecomando per cambiare canale. La politica italiana, che dalla ripresa dopo le vacanze estive sembrava indirizzata verso alcune questioni di grande interesse popolare, come il futuro della nostra pensione o quello delle nostre liquidazioni, ora si trova ancora di fronte al tema della eterna grande riforma italiana. Dalla metà degli Anni Settanta, quando l'argomento fu lanciato da un Craxi allora rampante, si sono sprecate commissioni, pareri di illustri studiosi, quintali di carta e miliardi di parole, senza concludere sostanzialmante nulla. La questione, intendiamoci, è altrettanto importante anche per il cittadino comune: senza una garantita stabilità politica, senza un efficiente governo che possa davvero decidere fuori dai condizionamenti anche del più piccolo dei partiti che compongono la sua maggioranza, i maggiori problemi della nostra vita pubblica, la ripresa dell'occupazione, una giustizia meno lenta e più affidabile, una maggiore sicurezza contro la grande e la piccola criminalità, non si risolveranno davvero mai. Il tempo, però, è largamente scaduto e la credibilità di questo Parlamento per riuscire a trovare un'intesa è al lumicino. Non resta che lanciare un'idea: siano i due presidenti, quello del Senato, Mancino, e quello della Camera, Violante, a verificare in tempi brevissimi, un mese al massimo, la reale possibilità di un accordo, almeno sulla legge elettorale. A questa legislatura resta circa un anno e mezzo: se si accerterà che è sufficiente per un accordo, si istituisca una sessione parlamentare no-stop per varare i provvedimenti concordati. Altrimenti, è doveroso un sentito appello, sia ai padri della patria, sia ai pulitici, sia agli scienziati, sia ai commentatori: non ne parliamo più.
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