La guerra del Caucaso fa strage a Mosca

La guerra del Caucaso fa strage a Mosca Cade l'ipotesi della fuga di gas. Il generale Lebed: solo io posso sconfìggere gli integralisti La guerra del Caucaso fa strage a Mosca La bomba nel condominio: 54 morti e ottanta dispersi Anna Zaiesova MOSCA Poltiglia. Da mezzanotte di mercoledì tutto intorno è poltiglia: scricchiola sotto i piedi, riempie la bocca e le narici. Diventa anche suono: nel raggio di 200 metri non c'ò una sola finestra intera e il tintinnare delle scheg ge sull'asfalto è l'unico rumore in un silenzio innaturale. Dei dm; blocchi del palazzo numero 19 sulla via Gurianova non è rimasto un solo frammento più grande di 10 centimetri. Nel silenzio si cerca di udire qualche suono che dia speranza. Ma non arriva nulla. I soccorritori sono pessimisti: difficile che ai 249 feriti se ne aggiungano altri. L'unica lista che può crescere è quella dei morti, che attualmente conta 34 nomi. Ma un'ottantina dei 202 residenti del blocco manca ancora all'appello. La potenza dell'esplosione è stata tremenda: il palazzo di 9 piani, uno scatolone di cemento armato, è stato letteralmente tagliato a metà. I fianchi sono rimasti interi, mentre in mezzo, al posto di 72 appartamenti, si è aperto una squarcio netto, geometrico. Sotto, un cumulo di detriti che a più di 12 ore dall'esplosione sono ancora avvolti nel fumo dell'incendio che cova, togliendo l'ultima speranza ai possibili sopravvissuti. «Proprio come a Buinaksk», dice un soccorritore appena tornato da quella città daghestana dove 5 giorni fa una bomba islamica ha distrutto un palazzo, «anche li non abbiamo trovato che brandelli». 11 paragone è inevitabile e i sopravvissuti di via Gurianova, guardando il cumulo di macerie che era la loro casa, sussurrano: «Sono i neri, Mosca ne è piena». In questo quartiere tra i più desolati della periferia operaia di Mosca i «banditi» caucasici sono colpevoli di tutto. Le autorità invece per tutta la giornata di ieri hanno oscillato tra l'ipotesi di attentato e quella di una fuga di gas. Infatti il taglio provocato dall'esplosione passa attraverso le cucine e, mentre ai piani alti si vedono ambienti quasi intatti - sull'orlo del precipizio c'è anche un tavolo con i piatti sopra - l'appartamento del terzo piano è letteral¬ mente carbonizzato. Ieri mattina, dopo aver riferito dell'accaduto a Boris Eltsin, il premier Vladimir Putin ha parlato di «incidente». Anche il sindaco di Mosca Jurij Luzhkov, arrivato sul posto, ha insistito sull'ipotesi del gas, spiegando che la situazione è stata aggravata dal fatto che nella cantina del palazzo c'era un magazzino di vernici altamente infiammabili. Ma tutto questo non spiega l'enorme potenza dell'esplosione: l'equivalente di 300 chili di tritolo. E già nel pomeriggio i commenti si sono spostati cautamente verso l'ipotesi terroristica. Che «non è da escludere» né per il ministro dell'Interno Vladimir Rushailo, né per quello della Protezione civile Serghej Sboigu. Verso sera anche Luzhkov ha cambiato idea rivelando che «quasi sicuramente si tratta di un atto terroristico». Secondo il sindaco, nelle macerie sono state trovate tracce di exogene, un esplosivo potentissimo a uso esclusivamente milita¬ re. Uno sconosciuto ha telefona¬ to ieri all'agenzia Interfax per rivendicare con accento caucasico l'attentato: «E' la vendetta per la Cecenia e il Daghestan». Dove è in corso da settimane una guerra spietata con i fondamentalisti. Ieri i russi sono riusciti a riconquistare un villaggio occupato dai ribelli, i quali però sono riusciti, a quanto pare, ad abbattere un caccia russo. Il pilota si è catapultato e i militari, ammettendo il fatto, insistono però su un guasto tecnico del velivolo. A Mosca comunque tutto vie¬ ne interpretato come un segnale della ^strategia della tensione» preelettorale. Il Cremlino è già stato costretto a smentire di voler introdurre nella capitale la legge maiziale. E da Krasnojarsk è arrivata la voce dell'uomo che molti considerano l'ultima carta della «famiglia» Eltsin: Alexandr Lebed. Il generale si è definito l'unico capace di fermare la guerra nel Daghestan. Aggiungendo poi: «De Gaulle ha dimostrato che un generale può diventare un buon capo di Staio». il palazzo d'appartamenti alla periferia di Mosca demolito dall'esplosione dell'altra notte

Persone citate: Alexandr Lebed, Boris Eltsin, De Gaulle, Eltsin, Jurij Luzhkov, Lebed, Luzhkov, Vladimir Putin, Vladimir Rushailo

Luoghi citati: Cecenia, Daghestan, Mosca