Senza Cencelli

Senza Cencelli ia tradizione, la fantasia e la sorpresa Senza Cencelli Itempi cambiano, cambiano rapidamente. Ci riempiamo la bocca ogni giorno con questo concetto e poi spesso non riusciamo a trarne le dovute conseguenze. Siamo stupiti, presi di sorpresa: da come per l'appunto i tempi cambiano. Quest'estate mi sono stropicciato gli occhi a vedere molti «festival rock» in programmazione, anche a Torino. Di rock era rimasto poco o niente: molte «musiche del mondo», invece, molta etnica, più cugini di Bregovic che figli di Hendrix. E una tendenza segnalata da anni: ma poi, quando ti arriva addosso con il dépliant estivo, fai un po' fatica a passare dalla teoria alla pratica. Faccio questo discorso perché a qualcuno la nuova edizione di «Settembre Musica» sembra un po' strana, troppo strana. Un po' stonata, magari: troppe uscite dal seminato della «classica» come una volta, com'è sempre stata. Io sono invece dell'opinione che va bene così, anzi, il prossimo anno vorrei ancora qualche scatto di fantasia in più. Mi sembra che sia la logica conseguenza di un discorso iniziato tanti anni fa nel segno della curiosità, dell'apertura: che quest'anno ha subito uno scatto forse un po' più deciso per quello che giusto si diceva all'inizio, perché c'è un vortice che spinge le cose a mutare un po' più in fretta. Niente di eccezionale, per carità: ma indubbiamente colpisce quella Sainkho, cantante Tu vana, accanto (ma non contro) a Mozart e all'Orchestra di Santa Cecilia, e Vinicio Capossela (cugino di un cugino di Bregovic) che suona al Lingotto la sera prima di Uto Ughi. Mettiamola così. Arrivati al fatidico 2000, è giusto che una manifestazione che vuole tastare il polso di quello che la musica è oggi dia alla «classica» tradizionale uno spazio buono ma non esclusivo. Facile dire che è solo una delle tante musiche che esistono. Bisogna dire di più: è una delle tante buone musiche che esistono. Buone nel senso di profonde, sincere, consapevoli, ricche di storia e di cultura. Credo che una buona parte del pubblico, specie quello giovane, questo concetto l'abbia già afferrato: per cui non mi aspetto divisioni verticali e immagino ascoltatori onnivori che si godono, in maniere diverse ma con la stessa intensità, Beethoven, Dino Saluzzi con il Rosamunde Quartet, Gershwin e l'«Histoire du Soldat». Proprio l'«Histoire» interpretata dalla «compagnia volante» Sgalambro-Ferretti-Battiato, è una delle chicche di questa edizione: un bel modo di coniugare tradizione, fantasia e sorpresa. Sulla carta è bello anche il «teatro musicale a fumetti» dei Bang-on-a-Can, un lavoro ambizioso scritto fra l'altro apposta per «Settembre Musica». E' la punta di diamante di una sezione «American Voices» che si annuncia interessante anche se non così forte come avrebbe potuto essere. E' il mondo dell'avanguardia visto da chi è cresciuto nelle accademie e dalle accademie vuole uscire, almeno per un'ora d'aria: sarebbe stato meglio andare a cercarla, l'avanguardia, in altri circoli, laboratori, carbonerie. Ho dei dubbi anche su Cassandra Wilson e sul suo progetto Miles, almeno da quello che ho ascoltato su disco: troppo etereo, esangue, neanche nel mondo degli spiriti dove abita dal 1991 Davis è così. Ma sono appunti a margine. Il programma di «Settembre Musica» mi sembra convincente e dettato da una sincera voglia di disegnare la musica oggi. Senza trucchi, senza manuale Cencelli: perché esiste anche quello, la ripartizione «politicamente corretta» all'interno di un festival di generi e tendenze, maschile e femminile, avanti e rétro, Occidente e Altri Mondi. Un giorno ne parliamo. Riccardo Bertonceili

Luoghi citati: Torino