Un vaccino per l'Alzheimer? di Ezio Giacobini
Un vaccino per l'Alzheimer? RICERCHE ALL' UNIVERSITÀ' DI TORONTO Un vaccino per l'Alzheimer? Solo in Italia affligge5/600 mila anziani Di UE sono le maggiori alternative per vincere la demenza senile (Malattia di Alzheimer) che affligge 500-600.000 italiani al di sopra dei 65 anni (la probabilità di contrarre la malattia sale al 40% al di sopra degb 80 anni e se teniamo conto che nel 2020 quasi un quarto degli italiani sarà al di sopra dei 65 anni e che la fascia degli ottantenni è quella che aumenta più rapidamente dovremmo in quell'epoca raggiungere in Italia il milione di pazienti Alzheimer ed oltrepassare i 12 in Europa). La prima alternativa terapeutica è quella di frenare la malattia, che ha un decorso medio di 9 anni, stabilizzandone i sintomi. Tale possibUità terapeutica esiste già oggi utilizzando i farmaci chiamati inibitori della colinesterasi che potenziano l'attività di un gruppo importante di cellule nervose. Secondo una scala di capacità cognitive da 30 a 1 secondo la quale 30 punti rappresentano la normabtà e 1 il limite inferiore (demenza molto severa) ogni punto perso rappresenta un costo di 2000 euro per paziente. E' facicalcolare i costi totali alla comunità di questa malattia. Teniamo presente il fatto che in Italia il 90% del peso economico è a carico delle famiglie (incluse le medicine non ancora rimborsabili). Con le terapie attuali si riesce a frenare la malattia per un periodo che va a secondo dei pazienti da uno a due anni. La seconda alternativa è di bloccarne il decorso impedendo l'accumulo di una proteina tossica chiamata beta-amiloide all'interno delle cellule nervose. Tale blocco frenerebbe l'insorgere di quei cimiteri di cellule nervose chiamati placche neuritiche. La proteina che si deposita nelle placche è fortemente insolubile. Anche per questa strategia esistono due possibilità, la prima è di sciogliere l'amiloide già depositatasi nelle placche (molto difficile) o di prevenirne la solidificazione mediante sostanze che ne impediscano l'aggregazione. Meglio ancora sarebbe impedirne la formazione. E' verso quest'ultima soluzione che si sono diretti 25 ricercatori dell'Università di Toronto. I risultati di questo studio sono riportati nella rivista Nature. Come verificare un eventuale effetto di una sostanza anti-amiloide? Verifica impossibile a livello dei pazienti in quanto non è ancora fattibile «vedere» la mancata aggregazione della amiloide nel cervello prima della morte del paziente. I ricercatori canadesi fecero ricorso ad animali da esperimento manipolati geneticamente (cosiddetti transgenici). In tali animali veniva inserito un gene umano isolato dai membri di una famiglia di pazienti affetti da una forma di Alzheimer di tipo ereditario. L'inserimento del gene riproduce un topolino che si avvicina moltissimo per lesioni cerebrali (placche amiloidi) ad un paziente Alzheimer. Con una strategia veramente rivoluzionaria gli scienziati decisero di vaccinare i topolini contro la beta-amiloide iniettando il vaccino all'età di 6 settimane e di 11 mesi (tradotto in anni di vita umana corrispondenti rispettivamente a circa 8 e 70 anni). La vaccinazione aveva il risultato di bloccare quasi interamente la produzione della beta-amiloide e di conseguenza anche l'insorgenza delle plac¬ che salvando milioni di cellule nervose da una morte sicura. La domanda più critica circa il risultato di una vaccinazione anti-amiloide nell'uomo è se la mancata formazione delle placche blocchi anche i sintomi della malattia e principalmente il decadimento cognitivo (memoria) producendo un miglioramento delle condizioni mentali del paziente. Ovviamente un tale risultato farebbe presumere la possibilità di una vaccinazione in età precoce (a quale età?) in individui particolarmente esposti al rischio di contrarre la malattia. Poiché sarebbe necessario utilizzare dosi molto alte di vaccino dovremo ottenere anticorpi umani a sufficienza. Potrebbe quindi scatenarsi una reazione immunitaria o lo sviluppo di tolleranza con scarso effetto terapeutico. Potrebbero insorgere effetti tossici. Restano ancora molti interrogativi prima che la strategia della vaccinazione possa essere utilizzata nell'uomo. Se essa si rivelasse utile contro l'Alzheimer sarebbe pensabile estenderla ad altre malattie neuro-degenerative quali il Parkinson e la demenza fronto-temporale caratterizzate anche esse dall'accumulo di proteine estranee nelle cellule nervose e perfino alle malattie causate da prioni. Ezio Giacobini Per ora la prima alternativa terapeutica è quella di frenare la malattia, che ha un decorso medio di nove anni, stabilizzandone i vari sintomi Esperimenti su topolini transgenici hanno dato risultati incoraggianti, ma restano tanti e irrisolti interrogativi Alois Alzheimer (1864-1915)
Persone citate: Alois Alzheimer, Parkinson
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