Egon Schiele: «Sono costretto a una vita quasi da martire»

Egon Schiele: «Sono costretto a una vita quasi da martire» Egon Schiele: «Sono costretto a una vita quasi da martire» CASO singolare quello del pittore Egon Schiele, grande maestro fra i moderni, con Toulousq-Lautrec e Klimt, del disegno erotico. Sui suoi disegni a matita o a gessetto nero, sui suoi oli che ostentano corpi stravolti, illividiti, disseccati, nessun dubbio. Quelle figure con arti che qualcuno ha definito «tizzoni ancora ardenti di un'interna, inestinguibile consunzione», sono proprio di uno dei più geniali pittori mitteleuropei del primo Novecento, morto a soli 28 anni di «influenza spagnola», tre giórni dopo la moglie, nell'ottobre del 1918. Ma come la mettiamo con i suoi scritti, per esempio il Diario di Neulengbach, così detto dalla località vicino a Vienna dove egli soggiornò tra il 1911 e il T 2? Il manoscritto non fu mai trovato nel suo lascito e il testo fu pubblicato per la prima volta nel 1922 da Arthur Ròssler, scrittore e critico d'arte, che aveva aiutato anche economicamente lo squattrinato Schiele. Era entrato a tal punto nella sua vita che non gli fu difficile rielaborarne o inventarne di sana pianta momenti drammatici. Ròssler diventò Schiele e probabilmente stese di suo pugno quelle pagine diaristiche. E dire che non c'era proprio motivo di creare un falso letterario, perché gli scritti di Schiele, che l'editore SE propone, a cura di Claudio Groff con il titolo Ritratto d'artista, sono sì curiosi, ma tutt'altro che ineffabili. Si tratta di prose e liriche in bilico tra un tardo simbolismo e un acceso cromatismo espressionistico, tra estenuazioni e urli; e inoltre di una nutrita scelta di lettere fra le centinaia rimaste, oltre alle pagine diaristiche. Schiele dev essere un beniamino dell'editoria italiana, perché i testi letterari li avevano già proposti le edizioni del Cavaliere azzurro {Schizzo per un autoritratto, 1984, contenente anche tre lettere e il diario) e lo Studio Tesi (Io etemo fanciullo, RECENLuFoUN FALSO DIARIO E LETTERE IL RITRATTO DI UN MAESTRO«DIPÌNGO LA LUCE CHE EMA1990). Ma tanta curiosità è giustificata dal personaggio: un pittore dal segno originalissimo, un visionario che accoppia eros e thanatos in crudi impasti cromatici. Ossessionato dal nudo maschile e femminile, come l'amico Kokoschka non perde l'occasione per ritrarre nude anche le bambine e giovani ragazze. E qui scoppia lo scandalo. Viene accusato di immoralità e corruzione di minore, messo in carce- IONE i • e re per quasi un mese, trattato come un pedofilo e un maniaco sessuale. E' un inferno, urla nel diario, «un inferno di abiezione, volgarità, sporcizia, miseria, vergogna». A leggere le pagine in cui grida tutta la sua innocenza, non si ha dubbi: più Schiele di così si muore. Insomma, Ròssler èjmtrato perfettaffigflÈS nella sùapelle e un breve confronto tra u falso diario e le lettere autografe lo conferma. Anche qui dominano non di rado il tono un po' convulso, sopra le righe, il lamento e l'esecrazione, il narcisismo e la sfiducia in se stesso. Ci aspetteremmo riflessioni AUTOGRAFE, DEL DISEGNO EROTICO: A DA TUTTI I CORPI» estetiche, aneddoti di lavoro, notizie dall'atelier. Ma spesso echeggia la litania sull'eterna mancanza di denaro che non è solo «il demonio», come scrive al futuro cognato Anton Peschka, ma il cruccio della sua breve vita. Schiele chiede denaro a tutti autocommiserandosi: «Sono costretto a condurre una vita quasi da martire». Anche se fioccano apprezzamenti significativi: tra gli altri da Klimt e Gùtersloh, dagli architetti Otto Wagner, che lo stimola a dipingere ritratti, e Josef Hoffmann, fondatore della Wiener Werstatte. Mentre quadri e disegni vengono esposti fin dal 1908 a Klosterneuburg e Vienna. Poi a Monaco, Colonia, Dusseldorf, Berlino. E il successo arriva a pochi mesi dalla morte, nel marzo del 1918, con una mostra nel palazzo della Secessione viennese. Ma il grande pittore e originalissimo disegnatore Schiele è un ' modesto epigono nella scrittura letteraria. Questo volumetto ha ' comunqìleTJ pregio di aggiungere un tassello al quadro complessivo dei rapporti fra arti figurative e poesia nel primo Novecento. Basta qualche nome: da Hans Arp a Kurt Schwitter e Max Ernst. E poi Paul Klee con la sua tendenza all'astrazione e George Grosz con versi da cui sale un acre odore d'apocalisse. Mentre nella poesia di Klee domina il chiaroscuro, nell'esigua lirica di Schiele la natura sprigiona bagliori intensi e talvolta cupe tonalità. «Io dipingo la luce che emana da tutti i corpi», scrive in una lettera del 1911. Ma nel diario di Neulengbach Ròssler gli fa scrivere: «Attorno a me i colori si sono spenti». Una battuta apocrifa, che coglie in modo autentico il gesto ultimo della sua pittura, in cui, suggeriva l'amico Gùtersloh, terribili ospiti si insinuano all'improvviso dal profondo della notte. Le loro presenze non sono estranee a queste pagine, ma la parola acquista senso solo di fronte alle angolose, aspre figure della sua pittura. RECENSIONE Luigi • Forte UN FALSO DIARIO E LETTERE AUTOGRAFE, IL RITRATTO DI UN MAESTRO DEL DISEGNO EROTICO: «DIPÌNGO LA LUCE CHE EMANA DA TUTTI I CORPI» Ci aspetteremmo riflessioni estetiche, aneddoti di lavoro, notizie dall'atelier. Ma spesso echeggia la litania sull'eterna mancanza di denaro Egon Schiele nel 1915. Accanto: «Seminudo inginocchiato e inchinato a sinistra», 1917 Egon Schiele Ritratto d'artista, Lettere, liriche prose e diario di Neulengbach frad. di Claudio Groffcon uno scritto di Rudolf Leopolde SE.pp. 136, L. 28.000 TESTIMONIANZA

Luoghi citati: Berlino, Colonia, Monaco, Vienna