Annibaldi: «Il marketing aiuta l'arte» di Alberto Papuzzi
Annibaldi: «Il marketing aiuta l'arte» Intervista con il neo-presidente di Palazzo Grassi e Rivoli Annibaldi: «Il marketing aiuta l'arte» // rigore scientifico non è nemico del successo Alberto Papuzzi TORINO /n 11 tratta di élitismo». Con L ' questo termine oldfashio% ned, Cesare Annibaldi, il nuovo presidente sia di 211 Palazzo Grassi sia del Castello di Rivoli, liquida sorridendo le polemiche che circondano il successo di pubblico delle grandi mostre. E' convinto, infatti, che rigore scientifico e approvazione del pubblico non soltanto possano ma debbano convivere: questa è la linea che intende perseguire nelle due prestigiose sedi culturali di cui si è assunto la responsabilità manageriale, una nuova tappa in una carriera che l'ha visto per 15 anni responsabile delle relazioni esterne della Fiat e poi direttore centrale con la responsabilità delle politiche sociali e della cultura per il gruppo torinese. Qual è oggi la funzione di musei é mostre? «Mi sembra pacifico che musei e mostre siano ritenuti fra gli strumenti più efficaci per la diffusione di cultura sul territorio, da vari versanti: qualità della vita, attra¬ zione turistica, formazione educativa. Rimane fondamentale la funzione conservativa, unita a quella filologico scientifica, ma credo che lo spostamento di risorse a favore di musei e mostre riguardi la loro potenzialità divulgativa». Palazzo Grassi e il Castello di Rivoli sono due mondi separati, o ci sono affinità? «Sono mondi totalmente diversi. Come museo di arte contemporanea, il Castello di Rivoli ha un ruolo complesso di conservazione, legata anche ad attività di studio. Palazzo Grassi svolge invece la funzione tipica del centro mostre». Esso ha ospitato sia mostre originali e provocatorie sia grandi esposizioni didattiche. Quale linea prevarrà in futuro? «L'attività espositiva continuerà ad articolarsi in tre filoni: le civiltà antiche, il Rinascimento e il Novecento. Le grandi mostre sulle civiltà antiche, filone di successo, continueranno ad avere un forte peso. Ciò comporta alcune esclusioni: l'arte medievale o quella contemporanea. Ma abbiamo in programma, per il prossimo anno, una mostra sul Novecento, di cui stiamo studiando il tema, e una mostra su Giorgione, che af fronterà secolari nodi critici. Vorremmo non perdere di vista le mostre creative ed originali, senza però rinunciare al contatto con il grande pubblico. Questa è la sfida: avere mostre di grande successo, misurate anche sulla quantità dei visitatori, che abbiano da dire anche sul piano storico-critico». „ Si potrebbe obiettare che qualità e successo, élite e consumo, stanno insieme con molte difficoltà... «Non ho mai creduto a questa contrapposizione. Anzi, è dovero¬ se perseguire anche il successo di pubblico. Istituzioni come Palazzo Grassi hanno proprio nella loro concezione il dialogo col pubblico. In passato c'è stato chi vedeva una contrapposizione tra la qualità d'una mostra e una linea troppo impetuosa di comunicazione, quasi che l'enfasi e l'emotività escludessero la serietà scientifica». Ma che cosa risponde, a chi sostiene che Palazzo Grassi ha un tale potere di comunicazione da imporre il successo? «Rispondo che l'esperienza ha dimostrato che è possibile mantenere un assoluto rigore scientifico in mostre al tempo stesso emozionanti. Se per diffondere arte e cultura si usa anche un sovrappiù di potere comunicativo, che male c'è? Sarebbe male se andasse a scapito dei contenuti, ma se ci sono i contenuti un po' di marketingfabane». Ma il grande pubblico è realmente interessato ai contenuti d'una mostra o è attratto dal suo significato di evento? «Premesso che sono favorevole a tutto quello che può comunque coinvolgere persone in attività ed esibizioni culturali, convinto che per nessuno l'interesse sia a grado zero, a Palazzo Grassi siamo un passo più avanti: non c'è un oggetto, più o meno simbolico e rappresentativo, da vedere o ammirare, ma c'è una mostra lunga e complessa, che non consente una visione puramente passiva. Chi sta un'ora o due dentro una mostra ne trae comunque un coinvolgimento significativo». Venezia e Rivoli: dove sarà più significativo il suo contributo? «Palazzo Grassi è un impegno rilevante, ma nel segno della continuità. Il Museo di Rivoli vive invece un momento particolare: ha risolto il problema degli spazi, grazie alla manica lunga, e gode una particolare disponibilità dei partner (innanzi tutto la Cassa di Risparmio) e dell'Ente Regione. Ci sono tutte le condizioni favorevoli per farne un grande riferimento europeo dell'arte contemporanea., Ma per riuscirci bisogna lavorarci parecchio. Mi sento dunque questa responsabilità». «A Venezia e a Torino mostre che sappiano sposare le emozioni con la qualità»
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