Ritorno al Reichstag dopo mezzo secolo di Emanuele Novazio

Ritorno al Reichstag dopo mezzo secolo Il Parlamento ha abbandonato definitivamente Bonn, capitale dell'era della divisione Ritorno al Reichstag dopo mezzo secolo //presidente tedesco: la Germania non cambierà qui a Berlino Emanuele Novazio corrispondente da BERLINO Presidente Ruu, ora che il Reichstag è uscito dal passato per tornare sede del Parlamento e centro nevralgico della politica tedesca, la «Repubblica di Berlino» può davvero cominciare? Davvero oggi la Germania volta pagina e si affaccia al futuro più consapevole, orgogliosa? Johannes Rau, da pochi mesi appena presidente federale e fra i politici tedeschi più stimati e amati, ha seguito dalla tribuna - fra il pubblico - la cerimonia d'inaugurazione che ha segnato non soltanto formalmente il passaggio di consegne: fra Bonn e Berlino, fra cinquantanni di esperienze rassicuranti - la «Repubblica sul Reno» - e il ritorno a una capitale paradossale perché nuova e antica insieme, carica d'interrogativi e inquietudini irrisolte, di memorie e attese. Impregnata come poche altre di passato e proiettata come nossun'altra al futuro. «Oggi non è il primo giorno della Repubblica di Berlino, perché la Repubblica di Berlino non esiste. Oggi sono semplicemente cominciate le sedute regolari del Bundestag a Berlino, qui al Reichstag», risponde il Presidente. Senza per questo che ci siano differenze, fra i tempi di Bonn e quelli di Berlino? «La differenza è che Berlino è molto più grande e più a Est di Bonn. La differenza non è nella politica, che non cambierà a Berlino». Neanche per i politici tedeschi abituati a una capitale sottovetro, alla nave spaziale Bonn, neanche per loro non cambierà niente? «Bisognerà evitare, piuttosto, che Berlino diventi una nave spaziale ancora più grande di Bonn. Bisognerà badare che la politica non si allontani dalla gente, anche a Berlino». Adesso che i capigruppo hanno parlato e il presidente del Parlamento Wolfgang Thierse uomo dell'Est anche nell'incedere e nei tratti, la barba folta d'altri tempi, il viso severo ma come sempre intimidito - ha sciolto l'assemblea, i seicento deputati festeggiano con gli ospiti arrivati da una settantina di Paesi (ci sono anche i nostri presidenti di Senato e Camera, Violante e Mancino). Nella piccola folla fra i tavolini apparecchiati davanti alla «Plenarsaal» ormai vuota e sotto la cupola di vetro voluta da Norman Poster - l'architetto britannico che ha svuotato e rivestito il Reichstag - mancano in tanti. Manca l'ex cancelliere Kohl, che al suo banco di seconda fila, accanto a quello dell'ex ministro Waigel, ha preso tutta la mattina appunti a caratteri come sempre troppo grandi e spessi, vistosi anche da lontano. Manca il suo successore Schroeder: uscito in gran fretta, mentre ancora i capigruppo non avevano finito di parlare, per una riunione di partito nella nuova sede intitolata a Willy Brandt, a Kreuzberg. Manca il leader Cdu Wolfgang Schaueble, anche lui occupato dalle elezioni di domenica in Turingia, a Colònia, a Dortmund, e allontanatosi dal retro appena finita la seduta. Ma proprio queste assenze sono il segno esibito di una normalità che ad ogni costo si vuole esporre, mentre la Germania unita sta sperimentando un evento straordinario, irripetibile, e mentre Berlino è il primo esempio di capitale traslocata, sia pure a fatica e fra i ritardi: il primo esempio di città ricostruita - per tornare capitale - su ferite e vuoti vecchi di cinquant'anni e dove correva il Muro, dove il mondo finiva e cominciava. Dove anche l'Occidente era un paradosso perché circondato - letteralmente, in ogni direzione - dall'Est della Ddr e del socialismo reale. Prima di aprire la seduta e dare la parola ai capigruppo, Thierse aveva fatto un cenno ai suonatori di ottoni, giovani professori d'orchestra in frac: l'inaugurazione del Reichstag come nuova sede del Parlamento federale era stata introdotta dalla musica del film «Blues Brothers», un culto in Germania. Joschka Fischer, ministro degli Esteri e vicecancelliere, batteva il tempo col pollice, Schroeder col piede. Prima di sciogUere l'assemblea, il Presidente ha intonato il «Deutschland Lied», l'inno nazionale. «Buon giorno colleghi», aveva detto Thierse ai deputati aprendo la seduta. «Buon giorno Presidente», gli avevano risposto in coro. «Buon giorno colleghi», ha detto alla fine. «Buon giorno Presidente», gli hanno risposto avviandosi al buffet. 1600 deputati hanno festeggiato con colleghi di una settantina di Paesi: per l'Italia c'erano i presidenti di Camera e Senato La seduta del Bundestag di ieri nell'edificio del Reichstag a Berlino tornata capitale della Germania