Ma Keynes non ha fallito

Ma Keynes non ha fallito La Malfa: la sinistra adesso rischia di sbagliare due volte Ma Keynes non ha fallito Giorgio La Malfa NEL dibattito che si è aperto in Italia nel giugno scorso dopo le elezioni europee ed ora, dopo l'esito delle elezioni in Germania, sulle cause della sconfitta delle sinistre, si rischia di confondere due divarse impostazioni delle politiche economiche e sociali alle quali è legata la storia e il successo dei governi dell'Europa occidentale in questo dopoguerra. Una è consistita nell'uso attivo delle politiche monetarie e fiscahjper sostenere l'economia e rafforzare lo sviluppo. L'altra è rappresentata dalle politiche di sicurezza sociale e di redistribuzione dei redditi che vanno sotto il nome di Welfare State. Si tratta di cose completamente diverse nella loro ispirazione e nelle modalità di funzionamento. Le prime fanno capo al pensiero di Keynes. Le altre al Piano Beveridge. Keynes è un liberale, anche se un liberale moderno, che dubita che da solo il sistema capital i - siico sia sempre in grado di produrre la piena occupazione. Beveridge è uri socialista democratico che pensa soprattutto alla redistribuzione dei redditi a favore dei ceti più deboli. Keynes suggerisce un intervento basato sulla politica monetaria e, solo quando essa si dimostri inefficace, su un limitato stimolo della spesa pubblica. Beveridge pensa che lo Stato debba assumersi direttamente il compito di soddisfare bisogni sociali rilevanti. Quello che è entrato in crisi nei sistemi occidentali è il Welfare State di Beveridge per i costi, le inefficienze e l'appesantimento burocratico che la presenza protratta dello Stato tende a generare. Keynes non ha fallito: è stato semplicemente accantonato sotto 1 assalto di una concezione ideologica liberista che da un lato ha sostenuto l'assoluta inefficacia delle politiche keynesiane ai fini del sostegno dell'economia e dall'altro ha attribuito i costi dello stato sociale alle conseguenze delle dottrine keynesiane. Oggi il problema che porta alla sconfìtta i governi è la disoccupazione e converrà non dimenticare che un anno prima della sconfìtta di Schroeder era venuta la sconfìtta di Kohl sostanzialmente per la stessa ragione. Cosi come conviene ricordare che in questi mesi Schroeder non ha seguito le politiche di Lafontaine ma semmai si è avvicinato a quelle che avrebbe potuto fare o che avrebbe fatto lo stesso Kohl. Problemi analoghi sono quelli che deve affrontare il governo di centrosinistra in Italia. Se oggi la sinistra, inseguendo il sogno dei voti del ceto medio, abbandona Keynes e contribuisce a rifiutare quelle politiche, essa sbaglia. Ma se, non solo abbandona Keynes, ma pensa di difendere Beveridge, come mi sembra pensi il ministro del lavoro senatore Salvi, essa sbaglia due volte e rischia di smarrirsi definitivamente. Certo, un ulteriore problema davanti al quale si trovano i governi dei paesi occidentali è costituito dalle regole di funzionamento dell'Unione Monetaria Europea. Esse sostanzialmente precludono la possibilità di utilizzare, come sarebbe necessario, In politiche monetarie e di bilancio ai fine di far riprendere la crescita in Europa. I governi rimangono così agli ocelli dei cittadini responsabili di una disoccupazione che non hanno gli strumenti per affrontare. Ma questa è la strada che ha scelto l'Europa e che sarà necessario, anche se molto difficile, cambiare. Segretario del Fri Il segretario delPri Giorgio La Malfa

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