Europarlamento, ora Prodi va in discesa di Francesco Manacorda

Europarlamento, ora Prodi va in discesa Via libera ai presidente designato dai capigruppo: soddisfatti alla fine anche i Popolari tedeschi Europarlamento, ora Prodi va in discesa «V?prometto riforme», forse fiducia con un voto unico Francesco Manacorda corrispondente a BRUXELLES Adesso la strada è tutta in discesa. Pochi minuti dopo le sei di ieri Romano Prodi esce con aria soddisfatta della sala del Parlamento europeo dove ha appena incontrato i leader dei gruppi politici e la presidente dell'assemblea, la popolare francese Nicole Fontaine. Hanno parlato per due ore delle audizioni dei Commissari appena concluse - in verità senza molte emozioni - e dei nuovi rapporti tra esecutivo e Parlamento, hanno sentito il presidente che prometteva di «rafforzare la cooperazione tra le nostre istituzioni», aprendo anche a molte delle richieste arrivate negli ultimi giorni dall'assemblea. Il risultato è che ora Prodi ha in tasca il voto di fiducia del nuovo Parlamento alla sua Commissione. Un voto non ancora ufficiale, ma comunque certissimo, ad ascoltare le dichiarazioni appena risuonate in quella sala, e soprattutto un voto che dal 15 settembre - quando il Parlamento si pronuncerà in seduta plenaria a Strasburgo - gli darà la fiducia direttamente fino al 2004, senza umilianti riconferme all'inizio del 2000. come il gruppo dei popolari aveva prospettato provocando la sua immediata minaccia di dimissioni. Ieri tutti i capigruppo si sono pronunciati per far passare nella stessa seduta del 15, i tre, o forse addirittura 4, voti di fiducia che servono al Presidente e alla sua Commissione. In alternativa l'assemblea potrebbe votare una fiducia «secca» di 5 anni, fino al settembre 2004. Pericolo superato, quello di un esecutivo in prova, adesso è davvero fatta se perfino Hans-Gert Poettering, il capogruppo Ppe, che per qualche settimana ha giocato al gatto con il topo con Prodi, sparge invece miele a piene mani: «Penso che dovremo dare una chance alla nuova Commissione e votarla non solo per tre mesi ma fino al 2004». Per lui sono «un grosso passo in avanti», le risposte che Prodi ha dato alle richieste che erano state fatte proprio dal Ppe. Di fronte ai capigruppo, infatti, il Professore promette di aumentare il ruolo del Parlamento nell'iniziativa legislativa - finora monopolio assoluto della Commissione - si impegna a un «nutrito programma di riforme istituzionali» e soprattutto lega un eventuale voto di sfiducia su un singolo Commissario al suo potere di chiedere a ogni membro dell'esecutivo di dimettersi. Sono aperture che convincono anche i popolari tedeschi, incarogniti dall'assenza di un loro esponente nella Commissione. «Sono fiducioso che prenderanno una decisione responsabile», dice ancora Poettering che viene proprio dalla Cdu. Fiducia conquistata del ppe, fiducia scontata dei socialisti, il professore può davvero contare sull'appoggio dei due grandi gruppi, come aveva sempre chiesto. A opporsi strenuamente a Prodi restano nel Ppe solamente i 37 conservatori britannici. «La settimana prossima noi voteremo contro perché ci sono Commissari che non ci piacciono, i quattro riconfermati del vecchio esecutivo e anche alcuni altri», annuncia il loro leader, Edward McMillan Scott, prevedendo che a Strasburgo «non ci sarà un voto per schieramenti, ma trasversale». Sul successo di Prodi, comunque, nessuno ha più dubbi. Anche la Fontaine, da 11 alto della sua carica di presidente dell'assemblea, si sbilancia: «Le garanzie che ci ha dato mi sono sembrate costruttive, il Parlamento dovrebbe dare il suo voto senza difficoltà». Tutto a posto, quindi? Quasi tutto, visto che qualche inquietudine per Prodi potrebbe arrivare proprio da Loyola de Palacio, la vicepresidente ppe della Commissione, ministro dell'Agricoltura spagnolo all'epoca di una grande truffa sui finanziamenti comunitari alle coltivazioni di lino, e che sembra ancora in una posizione difficile: sulla frode indaga l'Olaf il braccio antitruffe dell'Ue - e anche in Spagna il dibattito sulla sua responsabilità politica non è concluso, le Cortes dovrebbero discuterne il 14 settembre, proprio alla vigilia del voto. «La de Palacio si è impegnata nel modo più chiaro a dimettersi se mai l'inchiesta dell'Olaf dovesse dimostrare sue responsabilità», taglia comunque corto la Fontaine. Dimissioni che difficilmente arriveranno, visto che nella logica deu'equilibrio ad ogni costo che regna al Parlamento, oltre al nome della Commissaria spagnola ieri sono stati considerati critici anche quelli del socialista Philippe Busquin, presidente del Ps belga al tempo dello scandalo Agusta-Dassault, e del liberale olandese Frits Bolkstein, cui si rimprovera in verità solo di essere a capo dell'Internazionale del suo partito e quindi di contravvenire alla regola che vieta cariche direttive politiche per i Cornmissari. Ma sono ostacoli che non impediranno il «sì» a Strasburgo, anche se quella tra Prodi e il nuovo Parlamento non sarà una luna di miele. «Il voto - avverte Poettering - non sarà la fine, ma solo l'inizio» di una storia dove l'assemblea vuole contare sempre di più. L'ex Presidente punta ad aggregare «le forze del centro democratico giàdegasperiano» Restano contrari solo i 37 conservatori della Gran Bretagna «Questo esecutivo non ci piace proprio» In alternativa il Parlamento potrebbe dare tre o quattro voti in successione Il presidente designato della Commissione Ue Romano Prodi con la presidente dell'Europarlamento Nicole Fontaine al loro arrivo per la riunione di ieri

Luoghi citati: Bruxelles, Gran Bretagna, Spagna, Strasburgo