MA NELLA MAGGIORANZA C'È'CHI PENSA ALLA FUGA di Augusto Minzolini

MA NELLA MAGGIORANZA C'È'CHI PENSA ALLA FUGA D'ALEMA, BONACCIAAPPARENTE MA NELLA MAGGIORANZA C'È'CHI PENSA ALLA FUGA Augusto Minzolini ELUCUBRAZIONI di un peone moderato del centro-sinistra in cerca di una nuova casa. Seduto su una poltrona di Montecitorio, il diniano Paolo Ricciotti parla preoccupato del suo futuro. Accanto, il cossighiano Angelo Sanza annuisce e fa discorsi simili mentre in lontananza nel Transatlantico di Montecitorio si staglia la figura di De Mita. Il problema è sempre lo stesso: cosa ci sta a fare un moderato in uno schieramento guidato da D'Alema? «Diversi tra noi disserta Ricciotti - si stanno convincendo che bisogna andare dall'altra parte. Presto. Farlo a pochi mesi dalle elezioni sarebbe da peracottari. Tanto, Berlusconi vince. E anche se vincesse D'Alema noi non staremmo meglio: dimostrerebbe che la sinistra per andare al governo non ha bisogno dei moderati. Chi pensa al proprio futuro deve andarsene. Dini non è toccato dal problema visto che è alla ricerca di una carica internazionale. Ma noi? Bisogna solo decidere se è meglio andare in Forza Italia o se bisogna creare un altro soggetto. Gargani, che nel Ppi non era nessuno, dentro Forza Italia è diventato un Padreterno». C'è la bonaccia, il governo sembra non avifre grossi proble- mi, ma questo non significa che sia forte. Semmai c'è in giro molta rassegnazione. Diversi dimani strizzano l'occhio a Forza Italia a cominciare dal ministro Tiziano Treu. Stessa cosa si può dire per buttiglioniani e cossighiani. D'Antoni si è messo in testa di fare un suo partito, ma non si sa ancora per cosa. Nel Ppi regna lo sconforto e dilaga l'antipatia verso D'Alema: «Pensa solo al potere - osserva De Mita - ma l'esercizio del potere non basta a conquistare il consenso». Siamo all'assurdo che c'è chi già ora dà per perse le prossime elezioni: «Berlusconi - sostiene Guido Bodrato, padre putativo 'di Pierluigi Castagnetti, candidato alla segreteria del Ppi - le ha già vinte. Il centro-destra con l'appannamento di An e il potenziamento di Forza Italia sta trovando una configurazione più armonica per attirare gli elettori moderati. Noi con D'Alema non abbiamo appeal». Insomma, ci sono le prime migrazioni di ritorno. Un fenomeno comprensibile visto come sono stati trattati i centristi dell'Ulivo: mentre nell'ultimo anno il moderato di destra Ber¬ lusconi è stato ammesso al tavolo dei grandi del Ppe e ha ridimensionato Fini, sull'altro versante il moderato di sinistra Prodi è stato cacciato da Palazzo Chigi e non c'è più un Popolare come Scalfaro al Quirinale. E certamente, per riequilibrare la coalizione dell'Ulivo e ridare un peso ai moderati, non bastano l'idea di una federazione centrista lanciata da Cossiga e, ancora meno, le bizze di Di Pietro sempre più insofferente alla luogotenenza che Arturo Parisi nel nome di Prodi esercita sui Democratici. Quella di queste settimane è, quindi, una falsa bonaccia, di quelle che nascono dall'impotenza. Una bonaccia che fa comodo solo a D'Alema e a Berlusconi. Il primo se, come sembra, condurrà in porto la finanziaria si conquisterà automaticamente la candidatura a Palazzo Chigi per le prossime politiche: ecco perché punta solo a smussare i problemi. Prima con il sindacato e ora con Amato, dubbioso sull'opportunità di mettere in busta il Tfr: alla fine - questa è la mediazione di Palazzo Chigi - il Tfr andrà nel fondo pensioni e il lavoratore che lo vorrà nello stipendio dovrà affrontare il fastidio burocratico di un'esplicita richiesta. L'importante per D'Alema è non litigare con nessuno in questi tre mesi. A gennaio vedrà se la ripresa economica avrà dato qualche effetto e se, magari, è meglio per lui abbinare le regionali con le politiche per non rischiare che un cattivo risultato nelle prime rimetta in ballo la sua candidatura per il governo nelle seconde. A Berlusconi in fondo va bene che l'attuale governo sopravviva ancora per un po' e che si consolidi la leadership di D'Alema nel centro-sinistra proprio per dimostrare che i moderati nell'Ulivo contano poco e niente e attraine gli elettori. Ecco perché gli apprezzamenti che i due si sono scambiati sono sinceri. Non è un matrimonio, ma la legittimazione di un bipolarismo che vede in loro i protagonisti e riduce al ruolo di comparse tutti gli altri.