«Ronde a Milano, no agli sceriffi» di Paolo Colonnello

«Ronde a Milano, no agli sceriffi» Sono tutti ragazzi tra i 14 e i 17 anni, volevano dare «una lezione ai tossici» «Ronde a Milano, no agli sceriffi» D'Ambrosio apre l'inchiesta Paolo Colonnello MILANO I ragazzi delle ronde anti-tossico del parco delle Cave, che tanto clamore hanno suscitato in questi giorni, sono sette adoloscenti di un'età che varia dai 14 ai 17 anni. Sorridono beati per questa fama inaspettata che li fa sentire dei piccoli eroi. Non sanno ancora che la loro iniziativa sarà presto passala sotto la lente d'ingrandimento della procura. «Apriremo un'inchiesta sulle ronde nel parco delle Cave, quando giungerà la notizia di reato dalle forze dell'ordine», tuona il procuratore Gerardo D'Ambrosio. Loro, i piccoli sceriffi, minimizzano, ovviamente: «Ma quale caccia all'uomo, figuriamoci. E' che questo parco va ripulito». Però non nascondono l'orgoglio di avere, a colpi di bastone, fatto finalmente parlare giornali e televisioni di un problema che nel quartiere di Baggio ha da tempo esasperato gli animi: la presenza di spacciatori e drogati nel parco delle Cave, uno dei più grossi polmoni verdi della città. Tanto che ieri noi parco, anziché al solito via vai di tossicomani, si è assistito all'arrivo in massa delle autorità: in mattinata il questore Giovanni Pinazzo, e più tardi il comandante provinciale dei carabinieri Antonio Girone. Il tutto seguito da un pressing straordinario delle forze dell'ordine che hanno fermato almeno quattro tossicodipendenti (3 cremonesi e una peruviana). Il segnale di reazione insomma non si è fatto aspettare. Ma per i ragazzini che la scorsa settimana hanno deciso di organizzarsi in gruppo e «dare una lezione a quei tossici lerciosi», prendendo a legnate le auto di alcuni tossicomani e facendone fuggire altri a gambe levate, par di capire si sia trattato quasi di un gioco. Un po' pesante, ma pur sempre un gioco. Che però non è piaciuto quasi a nessuno. A partire dagli abitanti del quartiere che, in una manifestazione organizzata domenica, si sono subito dissociati da questi metodi da giustizieri della notte per finire con il capo della procura Gerardo D'Ambrosio, che, rientralo ieri dalle ferie, ha fatto subito capire che iniziative violente di questo tipo non verranno tollerate. Per D'Ambrosio «non può essere tollerato che i cittadini cerchino di farsi giustizia da soli. Non solo è inquietante ma 6 anche delittuoso». Finita la reprimenda il procuratore però ammette: «li' grave quando succedono queste cose. Ma si tratta di un campanello d'allarme da non sottovalutare, un fatto importante che ripropone il problema della sicurezza dei cittadini nei confronti della criminalità diffusa. Un tasto dolente su cui batto da mesi». Per D'Ambrosio forse sarebbe ora di rivedere, in senso restrittivo, la legge Simeone e quella sulle tossicodipendenze. «Quanto è accaduto è un segnale della mancanza di fiducia nelle istituzioni, anche so sembra che a compiere le aggresisoni siano stati dei ragazzi, forse più impazienti di farsi giustizia e mostrare un po' i muscoli che di affrontare seriamente il problema. E una rondine non fa primavera...» Ma le polemiche sulla liberalizzazione controllata dell'eroina, i fatti di criminalità che hanno insanguinato a luglio Milano, sono qualcosa di più di un semplice allarme: sono forse l'anticamera di una nuova emergenza. «La distribuzione controllata della droga - dice riferendosi alla proposta lanciata dal suo sostituto Alberto Nobili - è una soluzione parziale, che però deve essere affrontata in sede europea, non nazionale». D'Ambrosio lancia una proposta: «Forse è il caso di monitorare il problema della tossicodipendenza, di cui sap¬ piamo ancora poco affrontando questo lavoro in maniera scientifica. Solo conoscendolo nei dettagli e studiando le esperienze di altri paesi è possibile trovare una soluzione adeguata. Bisognerebbe - prosegue il procuratore - rivedere la legge 309 del '90 sulla tossicodipendenza nella parte in cui prevede che chi ha in corso un programma di recupero e commette un reato va in carcere solo in casi di eccezionale gravità, così come va rivisto il sistema di affidamento alle comunità. Ci sono stati casi in cui un tossicodipendente e uscito dalla comunità per andare a delinquere e anche per commettere un omicidio». E dunque? «Noi stiamo operando per dare sicurezza alla gente ma bisogna sperare che le riforme sull'effettività della pena vengano fatte». Oggi chi viene condannato a una pena inferiore ai due anni può ottenere la condizionale, ma se nei 5 anni successivi commette un reato finisce in carcere e sconta la vecchia e la nuova pena. «Si potrebbe portare il periodo di sospensione a 8 o a 10 anni. E' una remora molto seria - conclude D'Ambrosio - perchè chi infrange la legge sa che finirà in carcere». Una ronda di cittadini a Milano: negli ultimi tempi si sono moltiplicate

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