Israele, vietato la «tortura legale» di Aldo Baquis

Israele, vietato la «tortura legale» Israele, vietato la «tortura legale» La Corte Suprema contro le «pressioni» negli interrogatori Aldo Baquis TEL AVIV Con una decisione ritenuta coraggiosa e rivoluzionaria - ma che è stata subito deprecata dai partiti di destra - nove giudici della Corta Suprema hanno deciso all'uninamità di mettere al bando in Israele tutte le forme di tortura, anche quelle che finora erano raccolte sotto la pudica definizione di «pressioni fisiche moderale». Per evitare malintesi da parte degli agenti dello «Shin Bet», il servizio di sicurezza interno, il presidente della Corte Suprema giudice Aharon Barak ha elencato uno per uno tutti i sistemi di interrogatorio che sono da ritenersi ora illegali. Gli agenti non potranno più scuotere energicamente per il bavero persone sospettate di terrorismo, nè potranno farle sedere per ore e giorni su bassi sgabelli con braccia e gambe legate, nè potranno negare sistematicamente le ore di sonno. Vietati anche altri «sistemi umilianti e indegni» quali la copertura del capo con un sacco di tela impregna¬ to di urina e l'ascolto forzato di musica ad alto volume. Dopo aver ascoltato a porte chiuse anche gli investigatori dello «Shin Bet», i giudici hanno stabilito che «queste pratiche sono indegne di uno stato democratico» e hanno dunque accolto in pieno le tesi delle organizzazioni umanitarie israeliane che da 12 anni si battevano per abrogare la licenza di esercitare «pressioni fisiche moderate» enunciata dal giudice Moshe Landau. Nel 1987 Landau aveva ammesso quelle tecniche «quando ci fosse un ordigno che ticchetta»: qualora cioè fosse necessario raccogliere informazioni per impedire un attentato certo ed imminente. Ma da allora, accusano le organizzazioni umanitarie, lo «Shin Bet» è ricorso a quei metodi di interrogatorio in maniera indiscriminata. Le confessioni forzate - argomentano - hanno anche un valore pratico limitato perchè spesso si concludono con confessioni false che non aiutano l'inchiesta. In casi estremi, possono anche concludersi con la morte dell'interrogato. La decisione della Corte Suprema ha colto lo «Shin Bel* di sorpresa, mentre i suoi uomini sono impegnati ad arginare una nuova ondata di attentati e ad individuarne i responsabili ai margini del Movimento islamico in Israele. «La capacità di Israele di impedire atti di terrorismo si è molto ridotta» ha commentato Carmi Ghilon, colui il quale - alla testa dello «Shin Bet» - non seppe impedire l'uccisione di Yitzhak Rabin. «Democrazia non significa suicidio» si è indignato Ghilon. «Contro un terrorismo fanatico, come quello di Hamas e della Jihad islamica, non disponiamo di molte armi. La nostra sicurezza si è incrinata». Mentre da sinistra si elogiano intanto i giudici «che hanno dimostrato la maturità democratica raggiunta ormai da Israele» un deputato di estrema destra, Hannan Porat, ha lanciato una proposta provocatoria: «D'ora in poi gli agenti dello Shin Bet possono pure restare a casa - ha esclamato perchè a dissinescare le autobombe manderemo quei sapientoni dei giudici». to di urina e l'ascolto forzato di musica ad alto volume. Dopo aver ascoltato a porte chiuse anche gli investigatori dello «Shin Bet», i giudici hanno stabilito che «queste pratiche sono indegne di uno stato democratico» e hanno dunque accolto in pieno le tesi delle organizzazioni umanitarie israeliane che da 12 anni si battevano per abrogare la licenza di esercitare «pressioni fisiche moderate» enunciata dal giudice Moshe Landau. Nel 1987 Landau aveva ammesso quelle tecniche «quando ci fosse un ordigno che ticchetta»: qualora cioè fosse necessario raccogliere informazioni per impedire un attentato certo ed imminente. Ma da allora, accusano le organizzazioni umanitarie, lo «Shin Bet» è ricorso a quei metodi di interrogatorio in maniera indiscriminata. Le confessioni forzate - argomentano - hanno anche un valore pratico limitato perchè spesso si concludono con confessioni false che non aiutano l'inchiesta. In casi estremi, possono anche concludersi con la morte dell'interrogato. La decisione della Corte Suprema ha colto lo «Shin Bel* di sorpresa, mentre i suoi uomini sono impegnati ad arginare una nuova ondata di attentati e ad individuarne i responsabili ai margini del Movimento islamico in Israele. «La capacità di Israele di impedire atti di terrorismo si è molto ridotta» ha commentato Carmi Ghilon, colui il quale - alla testa dello «Shin Bet» - non seppe impedire l'uccisione di Yitzhak Rabin. «Democrazia non significa suicidio» si è indignato Ghilon. «Contro un terrorismo fanatico, come quello di Hamas e della Jihad islamica, non disponiamo di molte armi. La nostra sicurezza si è incrinata». Mentre da sinistra si elogiano intanto i giudici «che hanno dimostrato la maturità democratica raggiunta ormai da Israele» un deputato di estrema destra, Hannan Porat, ha lanciato una proposta provocatoria: «D'ora in poi gli agenti dello Shin Bet possono pure restare a casa - ha esclamato perchè a dissinescare le autobombe manderemo quei sapientoni dei giudici». rak, che una volta abbandonata l'idea panarabista di Nasser può suggerire quella di un pacato e degno nazionalismo arabo su cui vegli il Cairo. Mubarak fa paura ai nemici integralisti della pace perché non ama inchinarsi in pubblico verso la Mecca. E' nemico degli Stati estremisti, impegnato, ma senza troppa fiducia, a recuperarli ad un gioco moderato. Iran, Iraq, Sudan, non trovano un ammiratore nel Raiss; egli sa che da sempre invece che essi sono stati impegnati nella sovversione contro di lui. Mubarak ha interesse che il processo di pace israelopalestincse e anche quello con la Siria abbiano completo successo: in pace palestinesi e siriani non sarebbero più fonte di continui guai nella zona, sarebbero tributari di un più forte Egitto, non rappresenterebbero più focolai di integralismo, sempre inviso al Raiss. Inoltre, se la pace dovesse fallire è difficile pensare che gli Usa seguiterebbero con i loro massicci aiuti e con la vendita di anni, che nel 1990 ha raggiunto la quota di 10 miliardi di dollari. Mubarak ci tiene a tenere l'esercito tranquillo e anche a garantire al suo Paese un'immagine di grandeur. Mubarak sa anche che la pace serve per il grande progetto di svilup po del Sinai, per riuscire a sollevare la sua economia da sempre in ginocchio per passare alla storia, in definitiva come il leader che ha svoltato e restituì to dignità al suo Paese, nel mondo arabo, e di fronte all'intero contesto internazionale. Quel volto immobile di faraone ha in realtà un guizzo di modernità nell'angolo degli occhi me diterranei. E questo non piace agi: assassini della pace.