Il re Barolo all'asta via Internet

Il re Barolo all'asta via Internet La Morra, a contendersi il prezioso vino soprattutto estimatori stranieri Il re Barolo all'asta via Internet Bottiglia da collezione battuta ad oltre 1 milione Luca Ferma inviato a LA MORRA Giuseppe ha 78 anni, aveva una vigna di Barolo venduta perché i guadagni non ripagavano la fatica. Ieri, fra i curiosi, ha visto andare all'asta le bottiglie fatte con quelle uve che per lui era così difficile vendere a un buon prezzo, quei rimorchi costati tanto sudore che stavano ore sotto il sole prima che il mediatore della grande azienda si decidesse a fare il prezzo. Da ieri Giuseppe crede ai miracoli. Al di là dei 24 milioni e 850.000 lire incassati dai 30 lotti venduti ieri pomeriggio alla Cantina Gianni Gagliardo di La Morra, nell'unica asta di Barolo in Italia, mentre New York, Tokyo e Londra sono palcoscenici abituali per gli appuntamenti con Christie's e Sotheby's, è l'ennesimo segnale che dalla metà degli Anni 80 fra le colline di Briniate, Sarmassa e Cannubi, storiche sedi delle vigne di Barolo, c'è stato il finimondo. Un esempio. Ieri a contendersi 30 bottiglie di Barolo Pio Cesare 1967 c'erano un importatore di Hong Kong, collegato via telefono, e un collezionista di Monforte. Alla fine, per 3 milioni e 850.000 lire, a spregio della multimedialità, e della telematica, ha prevalso il lungavolo. Più consistente è stata la spesa vinicola di Tobias Ga Ili, emissario del ristorante Barolo di Denver, che porterà oltre oceano per 370.000 lire una bottiglia 1957 del patriarca del Barolo, Bartolo Mascarello, oltre a etichette storiche firmate Pio Cesare, Francesco Rinaldi e Giacomo Contemo. Gli uomini della ristorazione hanno fatto la parte del leone, grandi assenti gli italiani e soprattutto i piemontesi. E ieri le bottiglie che hanno raggiunto le quotazioni più alte sono finite all'estero, tutt'e due a Denver, il Bartolo Mascarello 1957 da 370.000 lire e il gioiello più prezioso proposto dal padrone di casa, un Magnimi da 5 litri di Barolo Preve Gianni Gagliardo che ha toccato 1 milione e 20.000 lire. «D'altra parte - dice il produttore che oltre ad essere un barolista è anche presidente dell'associazione Favorita - non potrebbe essere diversamente quando oltre l'80% del Barolo prodotto su queste colline finisce agli stranieri». Qualcuno però prova ad invertire la tendenza, come Franco Rossino del «Neuv Cavai 'ci Bróns» di piazza San Carlo a Torino: «Non è giusto veder partire verso l'estero tante bottiglie importanti. Io acquisto pensando al futuro, mi porto in cantina pezzi da proporre ai grandi clienti sia per una cena importante che per un regalo prestigioso». Ma nel successo complessivo della seconda asta del Barolo alla Cantina di Gianni Gagliardo, sono rimasti invenduti alcuni dei lotti più attesi, come 17 bottiglie di Mirafiore del 1951. La spiegazione ce l'ha pronta Giancarlo Montaldo, banditore dell'asta e sindaco di Barbaresco, il Comune omonimo dell'altro grande rosso piemontese: «Si vendono le bottiglie che hanno un mercato facile o immediato. Il grande collezionista di Barolo non esiste ancora e non c'è soprattutto in Italia. B come potrebbe essere diversamente, da noi fino alla seconda metà degli Anni 80 il Barolo era considerato un vino pesante, difficile da bere e da servire». Così, quasi dimenticate nelle cantine della Langa, ma anche di molte delle città del Cuneese e dell'Astigiano oltreché a Toiino, ci sono tante «bottiglie mito», annate '68, '71, '74, '78, magari ricevute a Natale e lasciate sugli scaffali senza mai aver voglia di berle. Sono quelle le bottiglie che Gianni Gagliardo e il figlio Stefano, l'inventore dell'asta, vogliono far saltare fuori, per consegnarle a chi le considera un patrimonio non tanto da lasciare dietro a un vetro come un'opera d'arte, ma per stapparle e per sentire con il naso, il palato e gli occhi 30 anni di storia di Langa. Due «gioielli» finiscono a Denver «E' l'estero il nostro miglior cliente» A lato, un momento dell'asta di ieri a La Morra Sotto, una bottiglia di Barolo d'annata