«Non dialogo con questa maggiorarmi spudorata» di Guido Tiberga

«Non dialogo con questa maggiorarmi spudorata» Comizio del leader di An: centrosinistra arrogante, fazioso e incapace, con loro niente riforme «Non dialogo con questa maggiorarmi spudorata» Fini ripete il suo no: vogliono soltanto anestetizzarci Guido Tiberga inviato a MIRABELLO «Nessun dorma», canta il tenore di provincia attorniato da due bellezze poco vestite. E' questa l'accoglienza che la tradizionale fé",ta di Mirabello riserva a Gianfranco Fini, salito nel Ferrarese per celebrare la fine della corsa referendaria. Il leader di An può permettersi di fare il ragioniere: «702 mila 703 firme contro il finanziamento dei partiti - annuncia - 701 mila 501 contro la quota proporzionale. Giovedì saremo in Cassazione: da oggi An si può iscrivere a pieno titolo nell'albo di coloro che le riforme le vogliono davvero... ». Il Fini in versione padana assomiglia molto al Fini che appena otto giorni prima, sulla spiaggia romana di Torvajanica, aveva dichiarato guerra alla maggioranza «spudorata, arrogante, faziosa e incapace». Aggettivi e motivazioni restano gli stessi. Di nuovo ci sono un paio di bersagli e una precisazione. Il primo bersaglio è Scalfaro, il «signor Io-non-ci-sto» lo irride Fini davanti alla folla che sghignazza. «71 fìnto garante che a Lavarone ha mostrato il suo vero volto - attacca il leader di An -. Non è diventato un uomo di parte con questo immotivato e violento attacco all'opposizione. Lo è sempre stato: in Trentino ha soltanto gettato la maschera». Il secondo è Gianguido Folloni, chiamato al governo da Massimo D'Alema dopo che, proprio a Ferrara, era stato eletto nelle Uste del Polo. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento diventa il simbolo di «un governo senza maggioranza nel Paese, nato dal tradimento». Il simbolo vivente del «bisogno urgente» di riforme. Sui referendum, archiviate le firme alla faccia di «chi diceva che avevo imposto al partito i compiti delle vacanze», Fini spiega e precisa. Smentisce l'interpretazione di Pierferdinando Casini, che aveva visto nell'impegno di An una strategia per arrivare alle elezioni anticipate. «Non è vero - dice -. Non saprei come spiegarlo alle migliaia di persone che hanno firmato ai nostri tavoli perché hanno visto in noi l'ultima speranza per le riforme. E poi le legislature finiscono se c'è una crisi: chiedetelo alla maggioranza se preferisce andare al voto pur di evitare i referendum. Non a noi...». Nella difesa dei referendum, Fini si spinge fino a un applauso per i radicali. «I loro quesiti non li abbiamo firmati perché non ci convincono, e perché non si possono chiamare i cittadini a esprimersi su temi tanto complessi - dice -. Però hanno una valenza riformista e innovatrice che dobbiamo guardare con attenzione...». Fini dice di «aver già parlato» con Casini. Giura sull'unità compatta dell'alleanza, «perché ogni polemica interna è un regalo alla maggioranza». Di diverso, assicura, ci sono soltanto le sfumature. Ad esempio, l'onore delle armi che Berlusconi, da Cernobbio, è sembrato riconoscere a Massimo D'Alema: «L'unico a sinistra che stimo», ha detto il Cavaliere. «Per me - taglia corto Fini -. D'Alema è soltanto il signor-vorrei-ma-non-posso. Uno che non può mantenere una sola delle cose che dice di voler fare: non riformerà le pensioni, non metterà il Tfr nelle buste paga, non darà aiuti di nessun genere alle famiglie meno abbienti. Non lo farà perché è legato mani e piedi a una maggioranza divisa. E Veltroni sa che se non si uniscono contro il Polo vanno in mille pezzi». Fini conferma il muro contro muro con il centrosinistra. Ma nega di voler salire sull'Aventino. «I referendum dimostrano che le riforme si faranno comun¬ que, partendo dal basso - spiega -. Ma non saremo certo noi a bloccare le riforme che si affacceranno in Parlamento: l'elezione diretta dei presidenti regionali, la cancellazione dei ribaltoni, il giusto processo, il voto degli italiani all'estero. Nessuno, al momento, è in grado di dire se le uniche riforme possibili sono quelle che arriveranno dalle urne. Certo è che, grazie ad Alleanza Nazionale, i referendum adesso ci sono. Quanto alla sinistra, il dialogo fine a se stesso è finito. Troppo spesso, con la scusa del confronto per le riforme, questa maggioranza ha anestetizzato l'opposizione...». L attualità politica offre i primi campi di battaglia: dai generali di Ustica all'aumento delle bollette. «E' inconcepibile che un gruppo di alti ufficiali sia rinviato a giudizio per tradimento senza che ci sia il coinvolgimento nell'inchiesta delle autorità politiche del tempo. Se i militari hanno agito così, è perché qualcuno glielo ha ordinato...», accusa Fini, chiedendo «almeno» una commissione parlamentare d'inchiesta. Quanto alle bollette in salita, il presidente di An accusa il governo di «non aver spiegato ai cittadini il nesso tra le bollette che crescono e l'Enel che investe nella tv digitale e nell'acquedotto pugliese». Quella di D'Alema, insiste, è quasi una condanna: «Continua a ripetere che le cose vanno bene. E' rimasto solo. In Italia ormai non gli crede più nessuno». «Le legislature finiscono se c'è crisi Forse il governo vuole le elezioni e non i referendum Non certo noi» «D'Alema è il Signor Vorrei ma non posso e Veltroni sa che se non si uniscono contro il Polo vanno in mille pezzi» Il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini

Luoghi citati: Cernobbio, Ferrara, Italia, Lavarone, Mirabello, Trentino, Ustica