Hamas, l'offensiva della disperazione

Hamas, l'offensiva della disperazione Hamas, l'offensiva della disperazione I killer non hanno più libertà d'azione nei Territori I FONDAMENTALISTI ISLAMICI TRA DIVISIONI E REPRESSIONE La polizia palestinese ora sorveglia gli estremistiche si addestrano in Iran analisi Fiamma Nirensteln GERUSALEMME CI teneva Hamas a far sentire il vile ruggito dei suoi attentati proprio all'indomani della festa di pace di Sharm El Sheikh: all'impazzata, quasi in preda ad una crisi isterica, ha scagliato come proiettili le sue due automobili cariche di tritolo nel cuore delle grandi città del Nord, Tiberiade e Haifa, ma come un bruto impazzito se le è fatte esplodere in mano. Tutte e due. E' fortuna per la gente della strada, fortuna anche per il processo di pace che già la strada non sia cosparsa di cadaveri come dòpo l'accordo di Oslo. Allora gli attentati fecero rapidamente più di 200 mòrti, gli autobus scoppiavano come palloni: sotto una pioggia scrosciante, poco dopo la morte di Rabin, Peres si affacciò col volto rigato anche di lacrime su uno di quegli scheletrì contorti carico di vecchi, donne e ragazzi che andavano a scuola, tutti morti. Perché la mattina presto è questa la sente che va in autobus: i civili più inermi. Poi Netanyahu vinse le eiezioni. E si vantò molto in seguito di essere riuscito a bloccare gli attentati con una dura politica verso Arafat; ma tutti sapevano che Hamas e la Jihad islamica restavano acquattati perché, tanto, il processo di pace non si muoveva comunque. Adesso che le prossime settimane sono decisive proprio per la pace, ecco di nuovo gli attentati. L'Autonomia Palestinese deve ricevere territori, il porto di Gaza, la strada di unione tra Gaza e West Bank, si devono fermare gli insediamenti, si deve persino dare il via ai colloqui definitivi. E Hamas, torna con le sue bombe. Intanto, però, sono accadute parecchie cose: la più recente è la cacciata dell'organizzazione da Amman, dove teneva una delle sue formazioni più estreme, da parte di re Abdullah, che l'aveva promesso a Barak proprio per salvaguardare il processo dì pace di cui è, come il padre, un paladino. Ma l'erosione della forza di Hamas ha radici anzitutto nella cattura e nell'uccisione, nel corso di questi ultimi tre anni, di figure centrali della parte militare del movimento. Arafat ha finalmente valutato che Hamas era contro di lui quasi come contro Israele; che il processo di pace è la base stessa del suo potere; e che la stessa esistenza del movimento islamico è rappresentare un'alternativa all'Olp. Esso vuole uno Stato islamico religioso, e non secolare come quello di Arafat; lo vuole che includa tutti i territori della Palestina, e non solo una parte; lo vuole in guerra, e non intento in negoziati diplomatici. Lo sceicco Vassói, capo riconosciuto di Hamas, benché abbia reagito agli accordi di sabato lasciando intendere che la sua organizzazione perseguirà i suoi fini anche facendo uso di attentati, pure è ultimamente criticato dai suoi per la debolezza nei confronti di Arafat, per aver lasciato che si chiudesse la base giordana, per aver lasciato morire e imprigionare, così lo rimproverano, tanti dei suoi senza colpo ferire, scegliendo invece di rafforzare la parte proselitistica e religiosa. Magari non sarà ignaro degli attentati di ieri, ma non si intravede né compattezza, né geometrica potenza dietro quello che è aceduto: solo fretta e ferocia. Arafat non ha voglia, di sicuro, di vedersi rovinare questa ultima fondamentale mano di carte con Israele, che può fare di lui il fondatore di un vero Stato con degni confini, istituzioni, con un'economia certamente molto facilitata dalla costruzione del porto e dalla strada di collegamento con West Bank. Probabilmente oggi rimpiange ima troppo lunga commistione con i suoi ex amici. La prova della stretta di Arafat è prima di tutto nella sequenza di pesanti operazioni contro ilamas, ma ultimamente anche negli interventi di Jibrìl Rajub, capo della polizia, che aveva ieri stesso messo tutti in guardia e diffidato Hamas daffare mosse inconsulte. Lo sceicco Yassin, del resto, aveva già ripetutamente discusso con Arafat il ritorno dell'organizzazione alle sue basi filantropiche pre-Intifada. Da quel vecchio astuto che è, ha certamente capito che proporsi adesso che Arafat è al suo massimo momento di fama internazionale come nemico giurato, non gli conviene. E' così, per esempio, che si è formato contro Yassin stesso il gruppo «Unità dei Martiri Yehie Ajasn»; e mentre la Giordania lo caccia, Hamas tuttavia si tiene allenato ed armato in campi iraniani poco lontano da Teheran; e il 21 di luglio, a Damasco. Hamas ha giurato insieme ad altri otto gruppi palestinesi di stanza in Sina di lottare tutti insieme contro qualsiasi accor do di pace tra Israele e Palesti na. Lo sceicco Yassim, leader di Hamas è criticato dall'ala più estremista del movimento per il suo atteggiarne!-.to giudicato troppo morbido nei confronti del presidente Arafat