D'Alema: la governabilità è ancora debole di Antonella Rampino

D'Alema: la governabilità è ancora debole Il premier alla Festa dell'Unità: non temo i poteri forti, peggio se si rafforzano quelli stranieri in Italia D'Alema: la governabilità è ancora debole «L'Avvocato ha ragione, io hofatto un grande sforzo...» Antonella Rampino inviata a MODENA E dai, dai Massimo firma, anche a me, anche a me l'autografo, Massimo sci grande, aspetta Massimo, la dedica sul libro, grazie, ma c'avrei qui anche quello dell'anno scorso, ti spiace? No, a D'Alema non spiace affatto. E' rilassato, ironico e non sarcastico, la battuta fulminea che gli è consueta ha già strappato applausi e applausi, mentre presenta il suo libro sul Kosovo al festival dell'Unità di Modena, la città in cui ha fatto la prima elementare, e poi ancora un paio d'ore dopo in un'intervista pubblica da quello di Bologna. Un D'Alema a tutto volume sul capitalismo, turbo o meno. E sì che Maurizio Costanzo, l'intervistatore del palco di Modena, aveva offerto bene il destro. Ci dica D'Alema, cosa pensa lei dell'opinione espressa qualche ora fa da Giovanni Agnelli, ovvero che l'Italia è un paese instabile? E lui: «Sono d'accordo. Ha ragione, l'instabilità è stato un bel problema per il Paese, ma dal governo Dini, a quello Prodi, a quello che dirigo io, le cose sono cambiate. E poi, l'Avvocato ha fatto un discorso ricco sull'esigenza di rilanciare la competitività. Non ci sono ricette facili, solo qualcuno ha sempre in mente la flessibilità. Vede, il problema è stata anche la fine della guerra fredda: da una decina d'anni, il modello delle piccole e medie imprese, modello italiano, è in crisi perché i nostri imprenditori trovano più conveniente investire in Romania, o in Polonia. I maggiori competitori delle nostre imprese sono, diciamo, proprio le nostre imprese». E la stabilità? «La stabilità si ottiene con le riformo istituzionali, lo ho fatto un grande sforzo...». Per il resto, «l'innamoramento spagnolo fa ridere: non c'è confronto, loro non hanno il debito pubblico che abbiamo noi, se noi facessimo la politica di Aznar, i tassi d'interesse si impennerebbero, dan¬ neggeremmo proprio le imprese... Noi siamo italiani, noi le corride non le abbiamo...». E poi, vede, quest'estate abbiamo proposto una normativa per gli spot, elettorali in televisione, e allunga la mano alla borsa, tira fuori le carte, ecco il quadro sinottico della legislazione europea: è quello pubblicato - ironia della sorte - dall'Opinione, il foglio di area berlusconiana, «e insomma noi siamo finora fuori dall'Europa, in Spagna, che è il modello dell'onorevole Berlusconi, gli spot sono supervietati». Il passaggio è salace e i cinquemila in platea, che l'avevano ascoltato gelidi mentre contraccambiava Berlusconi nella stima «da politico a politico» esplode letteralmente in un calorosissimo applauso. A Bologna, D'Alema risponde sollecitato da Pietro Calabrese. I suoi incontri con Cuccia? «E' un uomo brillante, dalla conversazione molto colta: è, anche, un uomo disinteressato, diciamo, non ha certo bisogno di me per costruire il suo potere. Ha, credo, 92 o 93 anni: mi ha confessato che un giorno o l'altro andrà in pensione». Teme i poteri forti? «No, spero che diventino ancora più forti. Anche perché, se non si rafforzano i poteri italiani, si rafforzeranno quelli stranieri in Italia». In tanta realpolitik, c'è anche spazio per una staffilata: «Insomma, sul Tfr il governo non ha ancora deciso nulla e è scoppiato una polemica. Il presi¬ dente della Fiat ha fatto una affermazione coraggiosa: il Tfr ci serve per autofinanziarci. Mi ha colpito quell'auto. Chissà, forse voleva dire automobile, perché l'autofinanziamento delle imprese avviene, diciamo, sul mercato». Ai politici, non va meglio. Perché la sinistra non ha il suo Guazzaloca?, chiede Calabrese. «Veramente, i Guazzaloca li abbiamo inventati noi». Sarebbe bello un governo D'Alema-Berlusconi... «No, veramente non capisco come cavolo potremmo governare insieme. Io lo stimo, ma ha troppa fantasia: se l'Istat dà un ciato, solo lui riesce a dire 'none vero'...». Ma al di là del fuoco di fila contro i competitors, D'Alema ha lanciato messaggi rassicuranti: i conti del Paese sono in ordine, l'avvocato Agnelli ha ragione perché le riforme istituzionali sono «una priorità», a comunque stia tranquillo, «la stabilità di governo non è minacciata, abbiamo messo in cantiere riforme che cambieranno il volto del Paese, stiamo vincendo la battaglia contro l'evasione fiscale». Non sarebbe meglio giudicare il governo quando avrà ultimato il proprio mandato? Non sarebbe meglio essere orgogliosi di quello che abbiamo fatto? Con un orecchio alla maggioranza litigiosa e l'altro alle critiche confindustriali, D'Alema ha anche ammonito che il Paese «recupererà competitività economica nei settori più avanzati e moderni, ed è di imprese moderne e competitive che abbiamo bisogno». Poi, ha parlato anche al suo popolo. La missione Arcobaleno è stato «uno straordinario successo», i soldi donati dai cittadini italiani «sono in buone mani, quelli li gestisce Marco Vitale», il generale Celentano «raccoglieva vignette, non si possono confondere le responsabilità». E comunque, tranquilli: «Stiamo solo, diciamo, cambiando la faccia di questo Paese». . js «Imitare Aznar sarebbe come dare a un gottoso la terapia che servirebbe ad un anemico Finiremmo per ammazzarlo» «Stiamo vincendo la guerra contro l'evasione fiscale e abbiamo in cantiere riforme che cambieranno il volto del Paese»