Un trionfo per Aznar: ho dolo più lavoro tagliando le tasse di Ugo Bertone

Un trionfo per Aznar: ho dolo più lavoro tagliando le tasse — Un trionfo per Aznar: ho dolo più lavoro tagliando le tasse il personaggio Ugo Bertone Wmmm inviato a CERNOBBIO OGGI ho ricevuto qui tanti elogi che, quasi quasi, resto qui...». Non esagera José Maria Aznar, leader del Ppe, premier di Spagna, l'uomo che ha creato 1,4 milioni di posti di lavoro, raddrizzato il sistema delle pensioni e promette il pareggio di bilancio fra tre anni; l'uomo, soprattutto, che, a giudicare dalle attenzioni e dagli applausi di politici, banchieri e imprenditori, è più che mai il leader del centrodestra in Europa, l'alternativa da destra a Tony Blair, il campione del centrosinistra che, pochi mesi fa, aveva dominato l'assemblea socialista di Milano. «Splendida città - commenta Aznar - ma la meno indicata per un incontro tra socialisti...». Poi, dopo la battuta, Aznar prosegue così: «Credo che oggi in Europa il confronto sia tra due linee politiche: chi non vuol cambiare nulla, ed è una politica reazionaria; chi vuol perseguire una politica di innovazione e di riforme». Silvio Berlusconi ascolta queste battute finali della conferenza stampa, poi abbraccia il «collega» spagnolo. «E' lui il leader del centrodestra in Europa - dice il presidente di Forza Italia - anche perché lui è al governo. Ma la sua linea politica è uguale alla nostra, i suoi spot elettorali sono quasi eguali ai nostri». Aznar, intanto, rientra nella sala dei lavori del «workshop Ambrosetti» a Villa d'Este, a godersi il suo trionfo di giornata. La platea, infatti, è tutta per lui, per le sue sortite brillanti e per le sue piccole provocazioni che tengono inchiodato l'uditorio. Come quando, lui piccolo di statura, ma orgoglioso come un grande di Spagna, ricorda al gigante Wim Duisenberg, il re dei banchieri d'Europa, il loro primo incontro. «Che chiede la Spagna a noi della Bce? Mi ha detto Duisenberg - ricorda - E io gli he detto: vai avanti senza paini per la tua strada. La Spagne non ti chiede nulla». Oppure come quando, senza guardare Prodi, seduto a due poltrone da lui, sillaba: «Il Parlamento non deve creare ostacoli alla Commissione. Io stimo questa Commissione e il suo Presidente. Che lavorino, perché ce n'è tanto bisogno. E non accetterò che certi governi cerchino di scaricare le proprie tensioni interne sull'attività delle istituzioni dell'Europa». Prodi, insomma, godrà di un occhio di riguardo dal «nemico» politico di destra. «E non cambieremo rotta - avverte Aznar - almeno finché lui si comporterà bene...». Aznar buonista? Non proprio, a giudicare dalle sue reazioni quando si tocca il tema della concorrenza fiscale tra i Quindici. Su questo terreno non si tira indietro dallo scontro, il numero uno di Spagna. Di fronte a Mario Monti, che sostiene le esigenze dell'armonizzazione fiscale, Aznar puntualizza subito: «Sia ben chiaro. Il successo economico della Spagna è dovuto alla riduzione delle imposte. E non accetterò alcuna norma che m'impedisca in futuro di fare una politica del genere, se favorirà lo sviluppo del Paese». «Per l'occupazione - continua - servono riforme strutturali, da fare Paese per Paese. Guai a voler cedere a tentazioni dirigistiche o, peggio ancora, a permettere ad alcuni Paesi di esportare la loro inefficienza, imponendo a tutti gli effetti delle loro ricette sbagliate». La parola magica, come ca- Eita nel centrosinistra, è flessiilità. La gara con Blair, insomma, continua su tutti i terreni: anche quello della solidarietà. E' Aznar ad aver posto, per primo, l'obiettivo iell'innalzamento delle pennoni minime, dopo aver sconjiurato il crack del sistema. «Tre anni fa eravamo allo stremo - dice -, da allora abbiamo sempre migliorato. Ora ci vogliono di riserva ben amministrati, in grado di garantire stabilità e sicurezza alla previdenza sociale. La gente deve essere tranquilla, sotto questo profilo. E' il minimo». L'effetto Aznar funziona, a giudicare dalle reazioni della platea. Questione di carisma, di simpatia oltre che, ovviamente, degli otfìmi risultati della sua ricetta economica. Ma impressiona anche il respiro internazionale della sua analisi. «Sono dieci anni che è caduto il muro di Berlino - è il suo esordio in mattinata - e io farò una grande festa a Madrid per celebrare l'evento: oggi abbiamo di fronte cinque grandi problemi, ma tutti con una soluzione possibile. Non fosse caduto il Muro, non avremmo vie d'uscita». Quali sono le cinque emergenze d'Europa? «Il rischio dei nazionalismi e dell'emergere dei regionalismi» dice lui, alle prese con i separatismi catalano e basco. Eppoi, c'è la Russia che Aznar definisce letteralmente «una potenza nucleare ma con un'economia da ratones», ovvero da topi. Poi c'è la Turchia, punto nevralgico di un'area decisiva per l'Europa e i Balcani. Infine, almeno per l'Italia e la Spagna, c'è un'altra spina, forse ancor più insidiosa: la bassa natalità. «Questi due Paesi - spiega Aznar - hanno il più basso indice di natalità al mondo. E questo ci impone una politica attiva nel campo dell'immigrazione: altrimenti dovremo affrontare gravi emergenze politiche, economiche e culturali». E qui il grande di Spagna chiude tra gli applausi convinti dei grandi dell'economia e della finanza mondiale. «Tre anni fa eravamo allo stremo Ora non accetterò nessuna norma che impedisca un nuovo sviluppo»