«Diana, il caso è chiuso» di Enrico Benedetto

«Diana, il caso è chiuso» Ma Al-Fayed insiste: Parigi copre il complotto, ricorrerò in appello «Diana, il caso è chiuso» Il giudice francese : nessun colpevole Enrico Benedetto corrispondente da PARIGI Il «caso Diana» finisce in una bolla di sapone giudiziaria. Parigi lo archivia con un «non luogo a procedere» che assolve - pur criticandone la condotta - i 10 fotografi, e designa lo chauffeur Henry Paul come unico responsabile. Ce ne sarebbe un altro, a dire il vero: Ehmad (Dodi) al Fayed. Ma il compagno della principessa morì con lei, e la Giustizia francese non poteva trasformarlo in colpevole. Il giudice Hervé Stéphan sottolinea dunque che Paul guidava la Mercedes alticcio, senza accanirsi contro il suo principale - Dodi, appunto - che lo richiamò in servizio per seminare i fotografi. Furiosa, la famiglia dell'autista preannuncia un ricorso. Ancor più in collera, il plurimiliardario Mohammed al-Fayed (il padre) si dice persuaso che le indagini francesi occultino l'inconfessabile ragione della tragedia. Ossia un complotto per uccidere Diana e Dodi, i cui amori turbavano i Reali britannici. Buckingham Pa¬ lace reagisce con il proverbiale «no comment». Spezza il riserbo, in compenso, Charles Spencer. Il fratello di Lady D s'impegna a «rispettare le conclusioni» della magistratura transalpina. Che dovrebbero rivelarsi definitive malgrado la battaglia procedurale in cui gli al-Fayed intendono lanciarsi. Ma il condizionale è doveroso: qualora emergessero nuove circostanze o vizi giuridici, la vicenda Diana tornerà in prima pagina. Tre giorni dopo il secondo anniversario dell'incidente automobilistico più celebre (e controverso) che la storia ricordi, l'ar¬ chiviazione subentra quindi a lacrime, fiori e souvenir commossi. Permangono, tuttavia, zone lacunose. E la principale ombra si chiama «Uno bianca». Lo stesso magistrato finisce con il riconoscerlo ammettendo che malgrado gli sforzi (perizie su 4000 veicoli e 30 investigatori al lavoro) la mitica Fiat è tuttora uccel di bosco. Ma si consola scrivendo che il suo ruolo fu «passivo». Ci fu sì un lievissimo contatto fra le due vetture nel tunnel (donde le schegge del fanalino attraverso cui la scientifica risalì al modello) ma non provocò la catastrofe. Semmai, l'originò la velocità eccessiva tra 118 e 155 km orari - e le condizioni psicofisiche in cui si trovava Henry Paul. Antidepressivi più alcol: un cocktail micidiale. Quanto ai paparazzi, Stéphan invoca la «presunzione d'innocenza». Pur se «non estranei» alle circostanze fatali in cui maturò il dramma, le critiche «severe e unanimi» dei testimoni escluderebbero una «rilevanza penale». In gioco, al massimo, «etica e deontologia». li giudice Hervé Stéphan ha deciso per il «non luogo a procedere» nei confronti dei fotografi. La colpa fu solo dell'autista ubriaco di Dodi

Persone citate: Charles Spencer, Fayed, Henry Paul

Luoghi citati: Parigi