Ustica, dopo gli Usa accuse alla Francia di Giovanni Bianconi
Ustica, dopo gli Usa accuse alla Francia Le motivazioni dell'ordinanza-sentenza: dalle carte dei Servizi nuovi sospetti sul Mig libico Ustica, dopo gli Usa accuse alla Francia Priore: nessuno ha collaborato Giovanni Bianconi ROMA Dopo gli Stati Uniti, la Francia. Anche lì bisognava cercare la verità sulla strage di Ustica, perché c'erano «indizi» di presenze arrivate da Oltralpe nel cielo italiano, la sera della sciagura; «non tanti quanti per gli Stati Uniti e cosi univoci e concordanti», in ogni caso indizi da verificare. Ma non è stato possibile, accusa il giudice Priore: a Parigi, ancor più che a Washington, le indagini «sono state irte di difficoltà quando non bloccate da mancate risposte ed ingiustificati silenzi, comunque trascurate o disdegnate quasi come se si fosse rimasti offesi dalle pretese di sapere, o semplicemente perché ritenuti sospettati». L'inchiesta è approdata in Francia perché era quel Paese, insieme agli Usa, l'unica potenza a poter schierare portaerei nel Tirreno il giorno della strage, e nella sua ordinanza il magistrato ha scelto parole durissime per stigmatizzare l'atteggiamento della nazione alleata: «E' parso che vi fossero sospetti alla sovranità, e le conseguenze sono state a volte risposte formalmente positive, ma nella sostanza o nei quesiti di maggior peso negative, altre volte 1 assenza di ogni pur minimo riscontro. Se n'ò tratta la convinzione che l'istruttoria in sé offendesse suscettibilità troppo sensibili quando non toccasse, come pure qualcuno sui media ha sostenuto, nervi scoperti. I fatti inducono in tal senso». L'elenco delle mancate risposte ai quesiti posti dalla magistratura italiana è lunghissimo: «Nessuna risposta sui velivoli libici che volavano da aeroporti francesi verso Tripoli; nessuna risposta sui velivoli registrati dai nastri radar con sigle d'origine francese; nessuna risposta sui radar di Difesa Aerea con prospezione sul Tirreno; nessuna risposta sulla richiesta di registrazioni radar di quella sera; nessuna risposta sul presunto trasporto di uranio da Marsiglia a Baghdad quella stessa sera...», e via negando. Insomma, denuncia Priore, «una pessima esperienza in materia di assistenza giudiziaria» già sperimentata in altre inchieste sul terrorismo nazionale e internazionale, compresa quel¬ la «per un delitto gravissimo come l'attentato al Sommo pontefice». Ma a leggere le 5.000 e più pagine dell ordinanza-sentenza che ha concluso l'istruttoria sulla strage di Ustica si scopre che per gli inquirenti le cose non sono andate molto meglio in Italia. I capitoli relativi ai Servizi segreti nostrani sono un'antologia di reticenze, misteri, indagini e scoperte svolte in proprio e mai svelate al potere politico e all'autorità giu¬ diziaria. Su tutti i punti oscuri della vicenda continua a primeggiare il Mig libico ufficialmente caduto sui monti della Sila il 18 luglio 1980, cioè ventun giorni dopo la strage di Ustica. Ma i sospetti che quella data sia stata posticipata ad arte, e che la carcassa del Mig della flotta di Gheddafi avesse a che fare con la sciagura di Ustica, non sono mai stati fugati. Anzi. Nel corso dell'indagine il giudice Priore ha scoperto che il capitano Claudio Mastri, all'epoca in servizio presso la 1 ■ divisione del Sismi, chiamò a Roma dalla Calabria (dove si trovava in vacanza) per parlare di un aereo libico precipitato in un periodo precedente al 18 luglio. Una circostanza «inquietante», annota il magistrato. Masci rinviato a giudizio per falsa testimonainza - nega la circostanza, ma un altro testimone ha rivelato al giudice di aver ricevuto personalmente in uffi- ciò la telefonata del capitano, e nel 1980 quel testimone andò in ferie il 15 luglio. Da altri documenti trovati negli archivi del Servizi segreti risulta che gli stessi 007 svolsero accertamenti per escludere connessioni tra l'esplosione del Dc9 dell'Itavia e la caduta del Mig libico, mentre se tutto fosse andato secondo le versioni ufficiali non ci sarebbero state ragioni nemmeno per ipotizzarle. Priore lo ripete di continuo: le attività dei Servizi appaiono «più finalizzate ad accertare se vi fossero elementi per indirizzare le indagini in determinate direzioni, che avrebbero potuto essere in contraddizione con le versioni ufficiali, che ad accertare la reale causa dell'incidente». In un appunto del 5 ottobre 1981 - ma trasmesso dal Sismi ai giudici solo nel '96 - si legge che «in atti risultano tracce di pilottaggi di aerei sconosciuti rilevati nello spazio aereo nazionale in occasione dell'incidente Dc-9 Itavia su Ustica», anche se subito si specifica che quelle tracce non hanno «nulla a vedere» con l'incidente. Il magistrato è risalito all'ufficiale che scrisse quell'appunto, il quale ricorda anche i commenti dell'epoca: «Il Sios (il servizio segreto dell'Aeronautica, ndr) che aveva quei tracciati a suo tempo non ci aveva comunicato la presenza di questi aerei 'sconosciuti'». Cossiga polemizza con Leoni (Ds) «Sempre aiutato le autorità Basta con le tardive speculazioni» Nel mirino i nostri 007, impegnati «più a depistare le indagini che ad accertare le cause dell'incidente» te uf£ Un frammento del relitto del Dc-9 precipitato ad Ustica
Persone citate: Claudio Mastri, Cossiga, Francia Priore, Gheddafi, Leoni, Masci, Priore
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