«Ecco le aziende che non usano cibi genetici»

«Ecco le aziende che non usano cibi genetici» Legambiente «Ecco le aziende che non usano cibi genetici» o . i . ROMA Arriva la «lista buona» della spesa contro l'invasione dei super-cibi. Legambiente lancia infatti la campagna «Piatto pulito», che segnalerà ì nomi di tutte le aziende e di tutti i produttori che certificheranno il non impiego di prodotti geneticamente modificati negli alimenti. Già ora, spiega Francesco Ferrante, direttore generale dell'associazione, «gli Ogm, organismi geneticamente modificati, sono presenti in oltre il 60 per cento dei prodotti alimentari in vendita sul mercato: dai biscotti al pane, dai piatti pronti ai surgelati, sebbene non esistano, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, prove scientifiche che possano far luce sui loro effetti a lungo termine in agricoltura e quindi nell'alimentazione». Grazie alla lista di Legambiente, aggiunge Ferrante, «i cittadini potranno invece scegliere in piena libertà che cosa mangiare». In Italia esistono già alcuni esempi di aziende e catene di distribuzione che hanno dichiarato guerra agli Ogm, come Coop, Esselunga e Barilia (Guido Badila ha spiegato alla rivista «La Nuova Ecologia», che ha scelto di non usare Ogm). Settembre, osserva Ferrante, «è il mese decisivo per importanti decisioni sulle biotecnologie e noi chiediamo al Parlamento di modificare il disegno di legge sulla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche, approvato dal Consiglio dei ministri con l'astensione del ministro dell'Ambiente, Edo Ronchi». In difesa dei buoni cibi è anche la campagna a favore del miele «sicuro». Legambiente, assieme all'Unione degli apicoltori, ha lanciato una petizione per chiedere al governo di battersi a favore di una radicale ridefinizione della normativa europea sul settore, a partire dal riconoscimento del miele quale prodotto agricolo, in modo da consentire ai consumatori di avere tutte le garanzie sull'orìgine e sulla qualità dell'alimento. Il miele, spiega Francesco Ferrante, «è uno dei pochi alimenti per cui l'Unione europea è largamente deficitaria, tanto che il 50 per cento di quello consumato in Italia è di origine extracomunita ria. Da quando Stati Uniti e Giappone hanno bloccato le importazioni di miele dalla Cina per adulterazioni, l'Europa è diventata la discarica delle frodi». La direttiva comunitaria attualmente in discussione, aggiunge il direttore di Legambiente, «equipara il miele a un qualsiasi prodotto industriale, non permette al consumatore di conoscere l'origine geografica del prodotto, non definisce standard qualitativi rigorosi che consentano di combattere le adulterazioni, non consente ai Paesi Ue l'adozione di norme specifiche a sostegno della riconoscibilità del miele di qualità». Senza contare, conclude Ferrante, «che nessuna legge obbliga a segnalare la data di produzione del miele, che viene così considerato senza scadenza». Un segnale che gli italiani tengono alla qualità degli alimenti è il boom dei prodotti biologici. Secondo i dati diffusi dalla rivista «La Nuova Ecologia», 6 persone su 100 consumano prodotti biologici più volte alla settimana, mentre i negozi specializzati sono circa 850, di cui circa due terzi al Nord. L'Italia, con un mercato atteso di oltre 50 miliardi nel 1999, è il fanalino di coda in confronto agli altri grandi Paesi europei, ma ha il tasso di crescita più alto rispetto allo scorso anno ( + 25.3%).(r. cri.)

Persone citate: Edo Ronchi, Francesco Ferrante

Luoghi citati: Cina, Europa, Giappone, Italia, Roma, Stati Uniti