«Ma non riusciranno a dimezzarmi» di Francesco Manacorda

«Ma non riusciranno a dimezzarmi» L'AMAREZZA A POCHI GÌORN8 DAI VOTO «COSI' L'EUROGOVERNO CORRE SERI RISCHI» «Ma non riusciranno a dimezzarmi» E' il giorno più triste per il Professore a Bruxelles retroscena Francesco Manacorda corrispondente da BRUXELLES «Ditemi, ditemi in quale Paese si dà a un governo appena formato una fiducia a termine di quattro mesi». Romano Prodi si sfoga con i suoi uomini nel giorno più amaro che finora gli ha riservato Bruxelles. Poi si mette al telefono per cercare sostegno e spiegare ai suoi interlocutori il rischio che corre la Commissione: parla con alcuni leader dei Quindici e cerca i capigruppo di quel Parlamento dove la fronda del Ppe rischia di sbarragli all'ultimo momento il passo verso la Commissione europea. Tra una telefonata e l'altra c'è anche il tempo per una visita non proprio bene-augurante : quella dell'ex premier belga Jean-Luc Dehaene, fresco di dimissioni dopo lo scandalo della diossina. Prodi sta chiuso nel suo ufficio provvisorio al numero 24 di Avenue de la Joyeuse Entree, da dove basta fare cento metri per arrivare al Breydel, la vera sede della Commissione. Ma sono cento metri che si stanno rivelando più difficili del previsto e che adesso, - dopo che il Professore ha rilanciato la posta - potrebbe non percorrere mai: quel «governo europeo» di cui ha parlato tante volte negli ultimi mesi sostenendo che «non avrà nulla da invidiare ai migliori governi nazionali», rischia adesso di uscire azzoppato o addirittura di scomparire a causa di una guerriglia parlamentare che si combatte - e questo è forse il cruccio maggiore - non sulle scelte di merito fatte dalla nuova Commissione, ma su quelle del Cancelliere tedesco Gherard Schroeder, che negando un posto di Commissario a un esponente della Cdu-Csu ha messo in moto l'offensiva dai panzer parlamentari tedeschi. Matura nella notte tra marte¬ dì e ieri, la decisione di Prodi di giocare il tutto per tutto: mettere sul piatto le dimissioni per vedere se i parlamentari, specie tedeschi, che esigono a gran voce il doppio voto accetteranno di tirarsi addosso la responsabilità di una nuova caduta della Commissione e soprattutto come «riusciranno a spiegarlo all'uomo della strada», come dice uno dei suoi più stretti collaboratori. Martedì pomeriggio, infatti, il Professore legge le dichiarazióni di Hans-Gert Poettering, e vede concretizzarsi quei timori che fino a qualche giorno prima sembravano solo esercizi di fantaingegneria parlamentare. A cena - calamari alla griglia e pesce spada - conversa amabilmente con Tommaso Padoa Schioppa, ma i suoi pensieri non sono tanto rivolti all'Europa «alta» di cui parla con il banchiere italiano che siede nel direttorio della Bce, quanto alle minacce che arrivano dall'aula. Ieri mattina la decisione è già presa: a colazione Prodi spiega la sua strategia a Francesco Rutelli, capodelegazione degli eletti dell'Asinelio a Bruxelles. Poi una telefonata con lo stesso Poettering che ripete: «La linea del Ppe è questa, anche se capiamo che a lei non sta bene», convince il Professore a rompere anche gli ultimi indugi. Una riunione con gli uomini del suo gabinetto guidato da David 0 Sullivan, e si accende la miccia che innesca il nuovo scontro tra Commissione e Parlamento. Ma il problema, assicura il presidente, è tutto interno all'assemblea e proprio il comportamento di alcuni parlamentari non fa che danneggiare ancora di più la macchina europea entrata in panne dopo le dimissioni ingloriose della Commissione Santer: «Ci sono mille cose da fare, prima fra tutte i Balcani. E io come vado in giro? Come presidente a termine per quattro mesi?», si sfoga ancora. E' arrabbiato, ma soprattutto deluso, assicurano i suoi uomini «da una certa leggerezza di alcuni parlamentari, che per sfogare il loro malumore, e visto che durante le audizioni non c'è stato nulla a cui appigliarsi, hanno trovato questa occasione». Chi siano è perfino inutile chiederlo: i nemici di Prodi in queste ore hanno le facce e i nomi di molti se non tutti i 53 deputati della CduCsu decisi a far pagare alla sua Commissione il peccato originale causato da Scnroeder. A Bruxelles la partita che si è aperta ieri viene considerata più che altro una guerra di nervi: tutti, in Parlamento e fuori, scommettono che si concluderà con un compromesso onorevole per entrambe le parti. Ma Prodi è determinatissimo, assicura chi gli sta intorno: se le sue condizioni non saranno accettate intende davvero rinunciare all'incarico. Il Professore, ne fa una questione di forma, ma anche di sostanza. Ricorda che ha accettato di sottoporsi per tre volte al giudizio del Parlamento europeo, che è stato proprio lui a rispondere di no ai capi di Stato e di governo che volevano dargli la guida della vecchia Commissione «per rispetto del Parlamento» e soprattutto ripete quello che per lui è l'argomento definitivo contro ogni voto di fiducia diviso in due tempi: se mai l'assemblea decidesse di mandare a casa la sua Commissione potrebbe farlo in qualsiasi momento, con una semplice mozione di censura, senza alcun bisogno di una fiducia «a termine». E' stata una telefonata con il capogruppo Ppe Poettering a farlo uscire allo scoperto Poi lo sfogo: «Ci sono mille cose da fare Con quale faccia andrei in giro?»

Persone citate: Dehaene, Francesco Rutelli, Gherard Schroeder, Hans-gert Poettering, Prodi, Romano Prodi, Santer, Sullivan, Tommaso Padoa Schioppa

Luoghi citati: Bruxelles, Europa