«La Turchia in Europa»

«La Turchia in Europa» «La Turchia in Europa» Bini chiude lo scontro su Qcqlan ROMA Crescita «politica e militare» dell'Europa. Regole «federali» sull'immigrazione clandestina. Una «nuova architettura finanziaria internazionale», per «limitare i pericoli di movimenti di capitale potenzialmente destabilizzanti». Proseguimento del dialogo con Libia e Iran. E apertura alla Turchia. Così, davanti agli ambasciatori italiani nel mondo riuniti alla Farnesina, Lamberto Dini ha sintetizzato lo direttrici della politica estera del governo D'Alema. Che, intervenendo dopo il ministro degli Esteri, ha rivendicato il successo della linea italiana nella guerra del Kosovo, un'avventura «che poteva anche finire molto male» e invece, «grazie alla felice combinazione tra impegno bellico, che ci ha visti secondi soltanto agli Stati Uniti, e iniziativa umanitaria e diplomatica», ha consentito all'Italia di «salire un gradino» nella gerarchia mondiale delle potenze e delle diplomazie. Come segno del nuovo status del Paese sulla scena internazionale. Massimo D'Alema ha ricordato che in Bosnia le truppe italiane agiscono sotto comando francese; mentre in Kosovo vige il comando italiano, «su una delle aree più delicate della regione». La crisi balcanica, è la valutazione del presidente del Consiglio, «ha messo in luce lacune nel meccanismo delle Nazioni Unite»; ma ha confermato «la necessità non solo morale, ma anche politica di far riferimento alla legalità internazionale». Quindi «T'Onu non basta a prevenire e a gestire le crisi; ma dell'Onu non possiamo fare a meno». Sul ruolo delle Nazioni Unite si è soffermato anche Dini: «Proseguiremo la nostra battaglia per la trasformazione del Consiglio di Sicurezza in senso più democratico e partecipativo, tenendo conto della linea sulla quale ha finito per convergere la stragrande maggioranza dei Paesi. Produrremo proposte e non solo interdizioni», ha anticipa¬ to il ministro degli Esteri, in riferimento all'iniziativa italiana che ha bloccato la cooptazione di Germania e Giappone nel Consiglio e punta a un allargamento più vasto. D'Alema ha rievocato alcuni episodi dei giorni del Kosovo, «che hanno tra l'altro inaugurato nuovi strumenti diplomatici: penso alla telefonata collettiva tra i ministri degli Esteri di Londra, Roma, Boriino e Parigi e la signora Albright. In telecon¬ ferenza, l'unità europea si manifesta più chiaramente di quanto sarebbe accaduto in quattro telefonate separate...no, io non ascoltavo. Ero di là, in attesa, fino a tarda ora». «Dalla tragedia del Kosovo nascono nuove sfide - ha aggiunto Dini -: ripensare l'Unione europea, i suoi equilibri istituzionali, i suoi confini». E ancora: «Correggere il doppio culto della onnipotenza americana e della irriducibilità delle sovra- nità europeewr Nel-Kosovo l'Occidente ha smentito «l'antico principio per cui le libertà sono secondarie rispetto alla sovranità».'Ma ora tocca alla ricostruzione, che non deve favorire «nuove frammentazioni», «staterelli capaci di proiettare all'esterno instabilità e criminalità», ma «deve investire anche il cuore dei Balcani, la Serbia». Il legame tra «dossier politici ed espansione economica» del sistema Italia è stato al centro del discorso del ministro per il Commercio estero Piero Fassino. Tra i dossier Dini include anche la Turchia. Con un'apertura che spegne definitivamente lo scontro sviluppatosi sul caso Ocalan, e anzi va oltre la tradizionale posizione italiana nei confronti di Ankara: «Dobbiamo recuperare questo grande Paese mediterraneo - sostiene il ministro degli Esteri -. Non potremo più rinviare il riconoscimento alla Turchia del titolo di candidato all'adesione all'Ue». Anche la ricostruzione del rapporto con Ankara fa parte della «missione che la storia ci affida». [al. ca.] Per il ministrò degli Esteri «dobbiamo recuperare questo grande Paese mediterraneo» Il presidente del Consiglio: nei Balcani abbiamo il comando in una delle aree più delicate q Un momento della riunione plenaria di ieri alla Farnesina degli ambasciatori italiani