«In Kosovo l'ltalia ha ritrovato l'orgoglio»

«In Kosovo l'ltalia ha ritrovato l'orgoglio» «Apparteniamo al gruppo ristretto di Paesi che influenzeranno la storia del prossimo secolo» «In Kosovo l'ltalia ha ritrovato l'orgoglio» // discorso di Ciampi ai nostri ambasciatori nel mondo Aldo Cantillo ROMA L'Italia fa parto della cerchia delle nazioni guida del nuovo secolo, è uno dei motori dell'unificazione europea - che non deve fermarsi alla moneta ma estendersi a difesa e sicurezza -, e può cogliere «l'occasione storica» che ci attende: lo «stato di diritto universale», quella «pace europea» attorno alla quale Carlo Azeglio Ciampi ha costruito la sua dottrina di politica estera d'inizio settennato. Dopo oltre un mese di silenzio, il presidente della Repubblica è tornato alla politica con il discorso in cui ieri pomeriggio, nel Salone dei Corazzieri del Quirinale, di fronte agli umbasciatori italiani nel mondo, ha delineato le linee di sviluppo della diplomazia italiana c della tendenza storica alla «costruzione di un sistema globale». Un ordine mondiale costruito su un «diritto costituzionale delle genti», in cui le libertà civili sono garantite dalla comunità internazionale, se necessario anche con la forza. Com'è accaduto in Kosovo, dove l'Italia e l'Europa hanno saputo «soccorrere le popolazioni ferite e contenere la dimensione del ricorso alle armi», grazie anche «alla salda alleanza con gli Stati Uniti e alla cooperazione con la nuova Russia». Ecco quel che Ciampi intende per «pace europea»: «L'ampliamento dell'Ue e dell'Alleanza atlantica; l'ancoraggio a queste grandi istituzioni dei Paesi periferici dell'Europa, al cui sviluppo dobbiamo impegnarci con tutte le risorso; la diffusione di un sistema di valori, di norme giuridiche e di meccanismi economici che hanno creato, in una società basata sulla democrazia e sui diritti umani, prosperità e benessere senza precedenti; il consolidarsi della cooperazione con le nuove democrazie nascenti dal disfacimento dell'Urss». L'orizzonte di questa Europa «pacificata e unita» è una «politica estera e di difesa comune». Nel giorno del sessantesimo anniversario dell'attacco tedesco alla Polonia, Ciampi ha evocato i ricordi bui «della mia generazione», le stragi della Seconda guerra mondiale e la sua tragica conclusione, «con l'ingresso nella storia del mondo dell'arma nucleare, l'arma assoluta, capace di trasformare ogni conflitto in una catastrofe»: una minaccia che impone alla politica e alla diplomazia di vegliare affinché la Bomba non venga «mai più» usata c si eviti la proliferazione atomica. Il nuovo ordine globale, da costruire attorno ai valori di «concordia», «benessere» e «libertà», vedrà l'Italia tra i protagonisti. Il nostro, ha affermato Ciampi, «appartiene, grazie alla sua visione politica e alla vitalità della sua cultura e della sua economia, a quel gruppo ristretto di grandi Paesi che influenzeranno in modo determinante la storia del secolo che sta per iniziare». Il presidente della Repubblica è tornato a ripetere una delle parole-chiave dei suoi primi viaggi in Italia e all'estero, «stabilità». La nuova cultura della stabilità dell'economia e delle istituzioni, locali, nazionali ed europee, rappresenta per il capo dello Stato una delle conquista del nuovo corso italiano. Un bene da salvaguardare e, se possibile, da esportare: innanzitutto presso «i nostri vicini sull'altra sponda del Mediterraneo, che deve divenire un mare che unisce civiltà diverse, eppure strettamente legate nei secoli, in un crescendo di dialogo e di interscambio». La dialettica destinata a dominare l'inizio del prossimo secolo, nella visione di Ciampi, è quella tra Nord e Sud del mondo: all'Italia spetta il compito di «diffondere quei principi di libertà, di democrazia e di progresso, quella politica umanitaria, quella cultura della pace che hanno riscattato la civiltà europea dagli orrori che hanno segnato 1 primi decenni del secolo». Per questa grande missione, nel pensiero del Quirinale, il Paese potrà contare su una «forza», una «ricchezza» diffusa in tutto il mondo: le comunità degli italiani all'estero. «Il loro apporto è prezioso. Ecco uno dei motivi per cui a quegH italiani dovranno essere al più presto riconósciute più dirette vie di partecipazione alla vita politica nazionale», ha sostenuto Ciampi, tornando indirettamente a sollecitare il Parlamento a concludere l'inter della legge per il voto agli italiani all'estero, legati alla loro terra d'origine «da un sentimento di orgogliosa appartenenza». Sentimento che il capo dello Stato afferma di aver notato «in tutte le regioni italiane che ho visitato», compreso il NordEst e il Mezzogiorno, «dove prevale oggi un senso nuovo di responsabilità e di iniziativa». «C'è un'occasione storica: costruire uno Stato di diritto universale basato su un diritto delle genti garantito dalla comunità internazionale» Il presidente Ciampi con Dini A destra, un soldato italiano a Pec

Persone citate: Carlo Azeglio Ciampi, Ciampi, Dini