Dittatore eletto dal popolo di Domenico Quirico
Dittatore eletto dal popolo li COLONNELLO PUTSCHISTA CHE HA IMPARATO LA LEZIONE Dittatore eletto dal popolo Due dfifii di cavceve e 180% dei voti personaggio Domenico Quirico CHISSÀ se nella biblioteca de «el comandante» c'è «Tecnica di un colpo di Stato». Malaparte sarebbe davvero contento di lui: pochi hanno applicato con tanta metodica precisione la sua celebre ricetta per impadronirsi del potere. Chavez nella notte del tre febbraio di sette anni fa scoprì, a sue spese, che il tempo dei vecchi golpe di una volta era ormai finito. Lo Stato, perfino quello venezuelano slabbrato dalla corruzione e dal malgoverno, era troppo forte per crollare sotto l'urto di una dozzina di battaglioni di para. Uniforme kaki, pistola alla cintura, occhio ribaldo, comparve in tv e annunciò: «Scusate, contrordine depongo le armi... perii momento». Lezione compresa. Nei due anni di prigione prima di essere perdonato secondo il consueto copione sudamericano, il colonnello ha meditato su quanto era successo. E sette anni dopo è salito al palazzo presidenziale con l'ottanta per cento dei voti, un partito, il polo patriottico, rigonfio di proletari che un tempo tenevano in casa il ritratto cu Guevara. In pochi mesi, poi, a colpi di referendum, senza scomodare un soldato nelle caserme, idolatrato nei comizi dal popolino, ha messo in soffitta tutte le istituzioni dello Stato e si prepara a modellare sulla pagina bianca la Seconda Repubblica venezuelana. Ecco il disciplinato allievo di Malaparte: l'unico modo per conquistare il potere ormai è impadronirsi dello Stato legalmente , dall'interno, con tanto di timbri e di carta bollata; e poi usare la sua granitica potenza per schiacciare gli avversari. Ma chi è Chavez? Inutile cercare di capirlo srotolando l'elenco dei suoi eroi preferiti: un caravanserraglio, un guazzabuglio di apposti da Castro a Gesù, da Martin Luther King a Lincoln a Mandela. E soprattutto Bolivar, un Libertador che assomiglia troppo a un golpista. Lui giura di detestare i gorilla come Pinochet e di preferire De Gaulle. Inutile anche consultare «L'oracolo del guerriero», libretto (grigio) che contiene le massime della rivoluzione chavista, edito a cura della moglie, con le citazioni della sua vita quotidiana. Ne hanno già vendute 500 mila copie, che in Venezuela è un trionfo editoriale, ma dopo mezz'ora di lettura si scopre solo un centone di quella filosofia orientaleggiante a buon mercato con cui sono affrescate le palestre di periferia dove si praticano arti marziali. Lui ama ricordare una frase di Bolivar: «Non sono che una pagliuzza trascinata dal torrente impetuoso dela rivoluzione». E' il classico argomento di tutti i dittatori populisti. Con l'aggiunta modernizzatrice di .un riferimento alla terza via di Tony Blair arruolato nella santabarbara della rivoluzione. In realtà deve ringraziare i suoi avversari: i dinosauri del partito democristiano e di quello socialdemocratico che dal '57 a oggi hanno amministrato una tangentopoli scandalosa. Gli è bastata la parola magica: «lotta alla corruzione», e tutto il Paese lo ha seguito più disciplinato e entusiasta dei suoi para. Chi è molto interessata alla sua identità politica è naturalmente Washington. Una visita trionfale a Castro, voci insistenti di rapporti privilegiati con le Farp, la più longeva e fastidiosa guerriglia del Sud America, fondi elettorali che puzzerebbero di narcodollari, slogan sul blocco del pagamento del debito estero e contro «i ricatti» del Fondo Monetario. C'è di che spaventare il Dipartimento di Stato, anche perché la Colombia è in ostaggio dela narcoguerriglia, a Panama non c'è più la bandiera Usa, il Centro America mugugna. C'è davvero troppo disordine nel cortile di casa.
Luoghi citati: Centro America, Colombia, Lincoln, Mandela, Panama, Sud America, Venezuela, Washington
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