GLI EROICI TORNEI DI BORGATA ROSA

GLI EROICI TORNEI DI BORGATA ROSA RICORDI DI FINE ESTATE GLI EROICI TORNEI DI BORGATA ROSA RICORDI DI GLI ERTORDI BORGAIL campionato di calcio a Borgata Rosa cominciava a metà di settembre, poco prima dell'inizio dell'anno scolastico. Sui tre campetti sfiorati da corso Casale la vita tornava lentamente alla normalità, fra i racconti della villeggiatura e l'attesa del ritorno sui banchi di scuola, i tiepidi sfottò calcistici e gli aneddoti sugli improbabili primi amori estivi che consumavano gli ultimi scampoli delle vacanze. Poi si facevano le squadre e allora scoppiava la festa: tutti a correre dietro un pallone di cuoio che almeno ad inizio stagione era completamente rotondo, tutti tosatori involontari di quei prati che la pausa d'agosto aveva reso nuovamente verdi. Le partite potevano durare all'infinito, ed infinite erano le formule del gioco, a porta unica, tutti, contro tutti, ogni tre corner un rigore, portiere volante, cinque contro cinque, sette contro sette... Così era a metà degli Anni Settanta, fra le poche case all'ombra della collina di Superga, nel tranquillo Oltrepò abitato da piccoli commercianti, operai e artigiani, bella periferia senza il biglietto da visita di un cartello stradale eppure nota a tutti come Borgata Rosa. Non c'era nemmeno una squadra di calcio - quella venne più tardi - e il grande nome del football era il Tarcisia Sassi che giocava dall'altro capo della strada, oltre il confine della tangenziale in costruzione. Ai ragazzi questo poco importava. C'erano i tre campetti e ognuno aveva la sua piccola patria. Tanto bastava per inanellare sfida dopo sfida il campionato senza tabellone del quartiere. Il primo di quei terreni di gioco oggi si trova sotto il gruppo di palazzine a due piani in fondo a via Pier Giorgio Frassati, al civico 33 di Strada del Meisino. Era un campo lungo e abbastanza largo, fiancheggiato da lotti coltivati e gonfio di bernoccoli che attentavano alle caviglie. Aveva un'aria di frontiera, con quell'orizzonte piatto verso il Po. Ci giocavano i fratelli Agnolini, ima sicurezza per ogni centrocampo e difesa. I tubi metalizzati per lo scarico dell'acqua .del grigio condominio hanno una inutile velleità architettonica che non rende giustizia alle foghe pallonaro di quegli anni. Ma qui il calcio non si pratica più e nessuno ci fa caso. Le case che hanno sostituito il secondo campo di gioco, al 410 di corso Casale, si mostrano con una faccia da bella borghesia, pasciute fra gli alberi come sono. Coprono esattamente il perimetro del vecchio quadrilatero d'erba, il vialetto interno ricalca la strada sterrata che moriva ai piedi della collina' dove, manco a dirlo, c'è un'altro edificio spuntato in tempi recenti. Il terreno su cui si giocava era un paio di metri sotto il livello della strada e, per qualche oscura ragione, non riusciva a drenare la pioggia. Ad ogni temporale diventava un lago di acqua immota molto ambito dalla rane. In quei giorni bagnati, lo stormo dei giovani calciatori migrava al Campetto numero uno. Ma poi ritornava alla base, se non altro perché quando lo stagno si ritirava emergevano le porte, C'erano te ognunola sua piccoTanto baper inansfida dopil campisenza tadelquart INE ESTATE ROICI NEI ATA ROSA e campetti aveva la patria stava ellare o sfida onato ellone ere ■■ optional raro offerto da un generoso e rubizzo commerciante di legnami che abitava lì accanto e si chiamava Occhiena. Situazione umida eppure ottimale. Al Campetto numero due arrivava ogni tanto dal numero tre la star del quartiere, Salvatore Rollo, dribblatore di classe, che pur di far sua una porta avrebbe scartato anche San Pietro. Gravitava in genere fra gli amanti del pallone che affollavano il prato incastonato fra le costruzioni al numero 442 di corso Casale, il solo terreno di gioco di cui si possa avere ancora un'idea. Parziale, però. Hanno asfaltato il parcheggio e piantato degli alberi magri magri, si gioca a palletta e non più a pallone. Un quarto di secolo fa da queste parti si scalciava in allegria, quelli dell'Uno migravano a giocare sul Due, poi magari una selezione del Tre veniva ad opporsi al vincente dando luogo a punteggi tennistici. «Organizziamo una sfida» era una delle frasi ricorrenti che preludeva ad ore di sgambate dietro una sfera che si faceva sempre più spelacchiata e informe, sino a che spuntava l'arancione della camera d'aria e allora ce la si doveva vedere con dei guai seri. Come era inevitabile che succedesse, a un certo punto qualcuno di buona volontà pensò bene di fare ordine in tutto questo calciare confuso. Nacque il Borgata Rosa, nome che dava sfogo a sapide battute che richiamavano un celebre film di Alberto Sordi, il presidente del Borgorosso Football Club. A peggiorare l'atmosfera ci pensò un set di maglie marroni con un collo bordato di bianco, accoppiamento mai visto nella storia del goal. Roba da niente, rispetto ai risultati. Gli «allievi» della neonata squadra, tutti pescati nei tre campetti che non ci sono più, vinsero partite su partite ai danni dei più blasonati -e tutto è relativo - Rocco Scotellaro, River Mosso, Falcherà. Portarano anche a casa un derby col Sassi. Un trionfo, nel suo genere. I dirigenti e il mister fecero le cose alle grande. Il Borgata Rosa ebbe un suo campo e, per le finali del torneo Uisp, gli Allievi ottennero maglie nuove di zecca, bianche e rosse, che lusso! Non vinsero, il sogno di un successo svanì come il colore di quelle casacche che si stinsero al primo lavaggio. II campo della polisportiva Meisino-B. Rosa, oltre la bassa chiesa nuova, testimonia vent'anni di reti, falli, fischi, di calci contro tutto ciò che si muoveva, stinchi compresi. Un allenatore dai modi spicci aveva insegnato ai terzini che la prima entrata sull'uomo doveva essere sul piede, tanto per intimorirlo e prepararlo al peggio. Adesso il circolo ha un bar lindo, il campo poco erba, gli spogliatoi una smorfia da paese dell'Est. Sul tabellone all'ingresso della sala sociale, fra i nomi dei soci e degli amministratori campeggiano quelli degli giocatori cresciuti sui tre campetti sepolti dalla città. Inesorobile, il cemento ha coperto l'erba é la terra protagonista di mille battaglie. Ma loro, in un modo o nell'altro, continuano a giocare in riva al fiume. Marco Zatterin C'erano tre campetti e ognuno aveva la sua piccola patria Tanto bastava per inanellare sfida dopo sfida il campionato senza tabellone delquartiere ■■

Persone citate: Alberto Sordi, Di Fine, Giorgio Frassati, Marco Zatterin, Occhiena, Parziale, Rocco Scotellaro, Salvatore Rollo