Con te partirò: e per Bocelli fu un vero Quarantotto di Gabriele Ferraris
Con te partirò: e per Bocelli fu un vero Quarantotto ROCK E DINTORNI M Con te partirò: e per Bocelli fu un vero Quarantotto la voce autore civa ercato peggiori IL «Sogno» di Andrea Bocelli è in vetta alle hits americane. Negli States il pubblico del pop adora Bocelli: lo considera un grande tenore. Di conseguenza la critica lo strapazza, definendo la sua voce «smorta ed esangue». Ibocelliani replicano che «ventiquattro milioni di persone che comprano i suoi dischi non possono sbagliare». L'obiezione si scontra con il paradosso delle mosche, che sono miliardi ma hanno gusti alimentari poco condivisibili. Tuttavia, le fortune di Bocelli ci rallegrano: se non è un grande tenore, di certo è un'ottima persona, e tra tanti manigoldi di successo che bazzicano lo showbiz, un galantuomo di suc¬ cesso è un felice miracolo. Conobbi Bocelli nella primavera del '93: Zucchero portava in tour «Miserere», una furbata che sul disco viveva della presenza di Pavarolti gueststar; poiché Big Luciano manco pensava ad andare in tour con Zucchero, scelsero questo tenorino per duettare «live» con l'Adelmo. E quando la carovana arrivò a Torino, qualcuno volle presentarmelo. Era riservato, imbarazzato, e sorrideva molto. Sorrideva anche della sua infermità, e lo divertì il mio stupore quando mi disse che il suo sport favorito era l'equitazione. Chissà quanti altri sciocchi aveva già incontrato, convinti che un non vedente non possa avere una vita quasi nonnaie. Si considerava «prestato» al pop; spiegò che continuava a studiare, che voleva diventare un bravo interprete lirico. Non disse «ricco», o «famoso»: disse «bravo». Pensai che, finito il tour con Zucchero, sarebbe scomparso dalla bolgia della canzonetta, ambientino per il quale non mi sembrava tagliato (e questo è un complimento). Lo ritrovai l'anno dopo a Sanremo. Cateri¬ na Caselli s'era messa in testa di farne una star, e quando CateCase si mette in testa qualcosa, di solito la spunta. Bocelli, con «Il mare calmo della sera», vinse come «Nuova Proposta». Tornò al Festival nel '95 tra i «Big», fu quarto e cominciò l'inarrestabile ascesa. Cantava «Con te partirò», quel bolerone che la Tini vi ha cacciato fin nelle più riposte cellule del cervello. Più o meno nel periodo in cui conobbi Bocelli, ascoltavo un disco che pochissimi hanno ascoltato: «L'ultima nuvola nei cieli d'Italia» di un certo Lucio Quarantotto. I pochi ammiratori di Quarantotto gli auguravano una luminosa carriera cantautorale. In effetti era intelligente, schivo e innamorato della musica. Ottime ragioni perché il suo lavoro passasse del tutto inosservato. Però lui continuò a scrivere canzoni: e una venne cantata da Andrea Bocelli. Era «Con te partirò». Ne consegue che, oggi, Lucio Quarantotto è un uomo aecisamente a mezzi. Qualche volta - ma solo qualche volta - il mercato non premia esclusivamente i peggiori. L'incontro fra la voce lirica e il cantautore che non riusciva a esplodere: quando il mercato non premia i peggiori Gabriele Ferraris
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