Quel moscato chesapeva di mele e glicine di Paolo Massobrio

Quel moscato chesapeva di mele e glicine ' IN CANTINA Paolo Massobrio Quel moscato chesapeva di mele e glicine QUEL dialogo con Renato Ratti, alla fine della sua ultima estate, era stato carico di mestizia e di ammirazione. Si parlava di moscato, nelle fresche sale del Consorzio di Tutela dell'Asti, che lui dirigeva. Ma era un parlare diverso: né sindacale e neppure piagnone. Sembrava- che Ratti si fosse messo lui a fare il cronista e, con quel mezzo sorriso quasi estasiato, parlava di un popolo, il popolo del moscato: testardo, contestatore, conquistatore. C'era l'aristocrazia del moscato - diceva - ossia quei contadini che vantavano di dare le uve alla Martini piuttosto che alla Cinzano. Ma tutti, aristocratici o semplici vignaioli, avevano chiara una cosa: l'Asti spumante, in casa, non si beveva. Non che non fosse buono, anzi; non che fosse stato deciso nell'ambito di una riunione. Macché. Era una questione psicologica, quasi di riverenza. E quante bottiglie di Asti sono rimaste intonse nelle cantine contadine. Per loro c'era solo il Moscato d'Asti «tappo raso», quello dei di di festa, che sapeva di mele, arancio e glicine. Oggi nel corso di un decennio, le cose sono cambiate ed anche i vignaioli producono l'Asti. Ma lo fanno sempre con un certo attaccamento alle tradizioni. Come Sergio Cerutti di Castiglione 'lineila, fornitore di uve da una vita ed autore, dopo otto anni di esperimenti, dell'«Asti Cesare» (annata '97), quello che un tempo veniva chiamato «Moscato Champagne». La peculiarità di questo campione, prodotto con un metodo champenois corto, sta nell'intensità aromatica che conserva la fragranza dell'uva moscato. La spuma è poco persistente, ma il profumo di queste terre ricche di storia e poesia si sente tutto. CEROTTI Castiglione lineila (Cuneo) Strada Manzoni 6 tel. 0141/855.127 Una bottiglia di Asti «Cesare»: 20 mila lire

Persone citate: Asti Cesare, Castiglione, Renato Ratti, Sergio Cerutti

Luoghi citati: Asti