Cestinare gli ebrei, ma non tutti: la censura sotto il fascismo di Angelo D'orsi

Cestinare gli ebrei, ma non tutti: la censura sotto il fascismo Cestinare gli ebrei, ma non tutti: la censura sotto il fascismo RECENSIONE Angelo d'Orsi ■ L libro di Giorgio I Fabre, L'elenco. I Censura fascista, editoria e autori ebrei si occupa di libri: dei manufatti, dei loro autori, degli editori che li pubblicano, delle librerie e delle biblioteche dove è possibile reperirli, delle tipografie dove si compongono e si stampano. Un regime illiberalo, si sa, colpisco nel libro uno strumento essenziale di circolazione delle idee, mentre nel contempo usa i libri come mezzo per veicolare i contenuti della propria ideologia. II fascismo - inteso come fenomeno internazionale nell'Europa fra le due guerre mondiali - ricorse ad entrambi i sistemi. In particolare il fascismo mussoliniano, se da un lato inondò librerie, biblioteche, scuole, sedi sindacali con i testi della sua propaganda, d'altro lato, provò, in maniera meno sistematica ed efficace, a eliminare dal mercato i libri giudicati perniciosi per il regime. E poiché, accodandosi a Hitler, Mussolini decise ad un certo RECENAngelo IONE d'Orsi punto di imboccare la strada senza ritorno delle leggi «razziali», nella pratica della «bonifica» del paese dal «giudaismo» volle toccare anche gli aspetti della vita culturale. L'espulsione del personale docente dalla scuola italiana fu uno dei primi aspetti di questa politica delittuosa. L'inibizione delia carta stampata agli autori ebrei fu un altro passo essenziale. Si trattò di operazione tutt'altro che lineare e facile. Conflitti di competenze, decreti che si susseguivano, circolari ministeriali contraddittorie, interventi estemporanei delle autorità di PS, interventi diretti sul «Capo» e del «Capo»: tutto contribuì a rendere complesso e per più di un verso pressoché impraticabile il disegno di cancellare con un tratto di penna le mille espressioni della cultura ebraica, assai sovente intrecciato strettamente con le altre componenti della civiltà italiana. Del resto all'intenzione folle oltre che criminale di eliminate d'ufficio il contributo ebraico alla cultura italiana si opponevano anche ragioni di carattere economico. Eliminare dalla produzione, dalla distribuzione, dal commercio tutti i testi di autori ebraici avrebbe voluto dire sconquassare troppi aspetti della vita nazionale, e nemmeno l'algido rigore teutonico vi potè riuscire. Incominciarono così a circolare diversi elenchi di autori vitandi, nei quali accanto agli ebrei conclamati, magari «di sei cotte» (come fu etichettato Alberto Moravia, contro il quale giocava anche la parentela con la famiglia Rosselli), trovavano posto ebrei «sospetti», che magari, a un più attento «esame» si rivelavano «ariani»; ma vi venivano inseriti altresì antifascisti e fuorusciti. In una incertezza strategica di fondo, il fascismo si venne a trovare nella situazione paradossale di togliere con la mano destra ciò che in qualche modo con la sinistra era costretto a concedere. Ai danni economici inferti con la politica delle cancellazioni di. titoli e di autori all'industria del libro - da quella tipografica a quella editoriale - il regime in parte ovviò con la prassi delle sovvenzioni (un dato di fondo nel settore del libro in età fascista), in parte attraverso il piccolo cabotaggio delle eccezioni, dei permessi, degli strappi alla regola. La conclusione è che l'ordine perentorio del Duce che tutti i libri di ebrei, a partire dal 1850, fossero «tolti dalla circolazione» venne applicato a macchia di leopardo, con vistose lacune, con errori clamorosi, con zone franche inesplicate. Non già per una naturale, italica, bonomia del fascismo (rispetto al nazismo, che in qualche caso apprese dagli italiani più che insegnar loro), ma per la molteplicità di istituzioni pubbliche e private coinvolte in un'operazione dissennata e praticamente impossibile. Dalla ricerca di Fabre risultano confermati alcuni punti su cui la storiografia negli ultimi anni sta ponendo l'accento. Innanzi tutto una generale atmosfera di complicità, attiva o passiva, del mondo della cultura nei confronti del regime, comprese le sue scelte più terribili;: un esempio per tutti è Marinetti, troppo spesso presentatoci come un generoso campione della tutela degli intellettuali ebrei, e che in buona sostanza fu largamente partecipe dell'operazione di «bonifica». In secondo luogo, l'allineamento pronto del mondo industriale: anche in un'industria particolare come quella editoriale, nessuno alzò davvero una voce critica nei riguardi di un indirizzo tanto persecutorio quanto palesemente irrazionale. Infine, la persecuzione antiebraica non fu un dato collaterale nella storia del fascismo italiano, ma ne fu al contrario parte integrante. E di ciò, in ogni polemica politica e storiografica, non dobbiamo dimenticarci. Giorgio Fabre L'elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei Zamorani, pp. XV-499, L. 58.000 SAGGIO

Persone citate: Alberto Moravia, Duce, Fabre, Giorgio Fabre, Giorgio I, Hitler, Marinetti, Mussolini, Rosselli, Zamorani

Luoghi citati: Europa