Davvero la forza del pensiero riuscirà a piegare le macchine?

Davvero la forza del pensiero riuscirà a piegare le macchine? Davvero la forza del pensiero riuscirà a piegare le macchine? RECENSIONE Ermanno Bencivenya IL capitale intellettuale» di Thomas Stewart (ora nella traduzione di Marina Astrologo e Elena Recchia) ó in parte resoconto giornalistico, in parte manuale' di istruzioni. Il resoconto descrivo un universo affascinante, in cui «la forza muscolare, la potenza delle macchine, persino l'energia elettrica vengono sempre più rimpiazzati dal pensiero». Nell'Era dell'informazione, «il mondo degli atomi, cioè la realtà fisica, tangibile, sta cedendo il passo a un mondo di bit, cioè di impulsi elettronici eterei». Mentre nell'economia tradizionale la gente comprava e vendeva «risorse congelate», ossia «un mucchio di materiale tenuto insieme da un pochino di sapere» (esempio: una sbarra di alluminio), nella nuova economia compriamo e vendiamo «sapere congelato», ossia «un sacco di contenuto intellettuale in un modesto involucro fisico» (esempio: il software di un computer). Dunque anche per le aziende n per i loro dipendenti, che sempre più si trasformano rispettivamente in imprese e lavoratori di conoscenza, il capitale rappresentato dà idee e ciati e ben più importante (e vale molto di più) di cpiello che si esprime in edifici e macchinari. «L'impresa smette di essere: un luogo dove si produce e diventa un luogo elove si pensa». Questo mondo elei pensiero ha aspetti profondamente liberatori. «Innanzitutto, la conoscenza è un bene pubblico. In gergo economico, significa che può essere usata senza essere consumata». Quindi possiamo davvero condividerla: acquistarla da un altro senza che questo la perda. «Se mi vendete una torta, voi restare senza. Se mi vendete la ricetta, tutti e due ne saremo in possesso». In secondo luogo, la conoscenza distrugge la gerarchia: se ognuno vale per quanto sa, il capo non potrà sentirsi sicuro dietro la sua scrivania. E por finire, addirittura, le idee potrebbero sconfiggere l'alienazione. «Nel sistema della fabbrica, sia gli arnosi RECENErmBenc che il prodotto appartenevano al padrone, al capitalista», che se ne serviva per sfruttare il lavoro altrui. Se adesso invece quel che conta di più ò la propria capacità di «percepire, giudicare, creare, costruire rapporti», e se gli strumenti piti preziosi sono quelli intellettuali, nessuno potrà rubarceli: «Si possono affittare le persone ma non si può esserne proprietari». Fin qui tutto bene. Le coso si fanno più sospette quando dal IONE nno enya resoconto passiamo alle proposte. Già l'ultima frase che ho citato Stewart la chiama «la contraddizione eli fondo del capitale umano». Perché contraddizione? Perché il capitale ò qualcosa di cui si è proprietari e che si usa per aumentare i propri utili; dunque è un paradosso se il fattore che meglio può contribuire a tale aumento non può essere posseduto. Il punto di vista di Stewart, in altre parole, è quello dell'occhiuto capitano d'industria, che riconosce gli enormi profitti potenziali della conoscenza e vuol sapere dall'esperto (in copertina Stewart è definito «esperio assoluto, del.setto- re») come disinnescare il carattere sovversivo a trarne indisturbato vantaggio. «Un principio fondamentale della gestione del capitale intellettuale è, o dovrebbe essere: il sapere non ha prezzo, quindi fatevelo pagare». I suggerimenti principali che i manager riceveranno da questo libro su come «prosperare nell'Era della conoscenza» sono tre. Uno è banale: organizzate i vostri dati e fate in modo che siano effettivamente a disposi¬ zione di coloro che ne hanno bisogno. Un altro è vecchio come il mondo (o almeno come la democrazia): rendetevi indispensabili ai vostri clienti perso- . nalizzando i servizi e adeguando i prodotti al loro desideri. L'ultimo è un po' più originale ma anche molto inquietante: lasciate piena libertà ai vostri dipendenti di discutere fra loro, perché (udite! udite!) l'Institute for Research on Learning di Palo Alto ha fatto «la scoperta fondamentale che l'apprendimento è un'attività sociale», ma cercate sempre di sapere che cosa stanno dicendo: i pettegolezzi che una volta si scambiavano intorno alla macchina del caffè e di cui ora i cervelloni hanno appurato la decisiva importanza per il successo dell'impresa trasferiamoli a una conversazione elettronica da depositare in un'opportuna banca dati. E' troppo presto per decidere come andrà a finire: se cioè i computer e l'Internet ci libereranno oppure se qualche furbacchione alla Stewart troverà la maniera di imbrigliarli a uso e consumo proprio o dei propri padroni. L'esempio di altre innovazioni tecnologiche (la televisione, per dirne una) che sono nate liberatorie e sono poi diventate una schiavitù non è certo incoraggiante. Ma è chiaro che al momento si combatte su questo tema (e sul nostro futuro) una battaglia feroce e ancora incerta, e forse dovremmo parteciparvi. Se necessario anche per posta elettronica. «IL CAPITALE INTELLETTUALE» DI THOMAS STEWART: COME LE IDEE POTREBBERO SCONFIGGERE L'ALIENAZIONE E DISTRUGGERE LA GERARCHIA E' ancora presto per decidere se computer e Internet ci libereranno o se qualche furbacchione li imbriglierà a uso e consumo proprio o dei propri padroni Da oggi è in libreria «Il capitale intellettuale» di Thomas Stewart: in parte resoconto giornalistico, in parte manuale di istruzioni Thomas A Stewart li capitale intellettuale Ponte alle Grazie, pp. 368. L. 32.000. SAGGIO

Persone citate: Elena Recchia, Marina Astrologo, Thomas A Stewart, Thomas Stewart