Violette Leduc, folle fascino di una brutta di Gabriella Bosco

Violette Leduc, folle fascino di una brutta Violette Leduc, folle fascino di una brutta RECENSIONE Gabriella Bosco VAN Gogh della scrittura, Genet donna, Santa Teresa laica: per lei sono stati fatti paragoni altisonanti, e chiunque se ne sia occupato da vicino ha scoperto in Violette Leduc (nella foto a sinistra) il genio espressivo. Eppure resta autrice misconosciuta. Quando non è miseramente confusa con l'architetto del secolo scorso Viollet-le-Duc, al meglio è ricordata per un suo libro - La bastarda oltre al titolo del quale però ben pochi vanno. C'è poi la sparuta cerchia di coloro che la considerano scrittrice pornoerotica per depravati. La grossa biografia che le ha consacrato Carlo Jansiti, scritta in francese e pubblicata direttamente da Grasset, meriterebbe di far fare a Violette Leduc il salto di qualità nella pubblica considerazione che neppure il grande ma tardivo successo da lei ottenuto proprio con La bastarda, grazie essenzialmente a una benevola introduzione di Simo- ne de Beauvoir, le permise di fare. Lo meriterebbe perché il libro di Jansiti, che in Francia ha grossa eco ed è stato recensito su Le Monde da Josyane Savigneau (la biografa di Marguerite Yourcenar) in termini ampiamente elogiativi, ha molti meriti. Innanzitutto perché ricostruisce minuziosamente la vita di Violette Leduc a partire da una quantità impressionante di documenti inediti che riguardano in gran parte personaggi del peso di Simone de Beauvoir e Sartre, Jean Cocteau, Albert Camus, Jean Genet, Marcel Jouhandeau, Maurice Sachs, Jacques Guérin. E la casa editrice Gallimard (in particolare, peraltro, nella sua veste censoria). Poi perché dal racconto di Jansiti emerge un quadro impagabile della Parigi letteraria tra l'immediato dopoguerra e il 1970 (Violette Leduc morì sessantaquatrenne nel 1971 ) vivido, appassionato ma insieme smagato - con una certa provincia francese dal sapore inconfondibile RECENGabBo IONE ella o a far da cornice. Sono numerosi gli episodi inediti che prendono vita in maniera estremamente cinematografica: come la cena da Violette Leduc in cui Genet tirò via tovaglia e tutto senza dire una parola, infastidito dall'eccessiva sollecitudine di lei. O l'accondiscendenza di Sartre, l'incontro con Camus, gii appuntamenti ogni 15 giorni al Café de Flore o ai Deux Magots con Simone de Beauvoir, capolavori di intarsio psicologico nella resa di Jansiti, con interessanti retroscena. Particolarmente meritorio è poi lo sforzo di Jansiti per non prendere parte. Ragazzo cresciuto in un paesino del Sud dell'Italia, lesse per caso un libro delia Leduc e identificò quelle sue pagine con il senso di libertà. Maturò allora il progetto di andare a Parigi, dove si trasferì nell'86 e dove riuscì a entrare in contatto con tutti coloro che avevano conosciuto Violette Leduc, a intervistarli, a ottenere confidenze e materiali privati, incoraggiato e aiutato da Jacques Guérin che era stato ima delle grandi passioni inappagate della Leduc, molto toccato dall'entusiasmo cosi puramente letterario di quel giovano italiano. Quasi tutte le persone interpellate da Jansiti sono nel frattempo morte. Il documento rappresentato nel complesso dalla biografia è anche per questo di gran valore. Se è vero che i libri della Leduc sono tutti ampiamente autobiografici - oltre alla Bastarda gli altri due volumi della trilogia, Lafolie en tète e La chasse à l'amour, ma anche i precedenti L'asphyxie e L'affaméee cosi pure i più brevi Tnerèse et Isabelle e Le taxi (gli unici, questi ultimi due, reperibili in italiano, da Guanda e Es; neppure lu Bastarda nella traduzione di Valerio Riva per Feltrinelli è più disponibile) -, la passione dell autrice e la sua cifra specifica, che è proprio quella di intrecciare realtà e finzione in modo che siano indistinguibili, necessitavano di un intervento critico intelligente. In particolar modo a proposito del rapporto tra Violette e d suo più grande amore, assoluto, esclusivo e drammatico, Simone de Beauvoir, Jansiti è equilibrato nell'esporre fatti e sentimenti: l'ambivalenza, ad esempio, che non si può dall'esterno non sospettare di ambigui là, della protezione letteraria della de Beauvoir e il suo ostentato distacco umano: o i tagli suggeriti dalla de Beauvoir, che Jansiti grazie ai manoscritti ha totalmente ristabilito; la fase della malattia mentale. Ed è un cesello la descrizione della sofferta bruttezza di Violette. Una biografia critica della scrittrice che fu compagna di Simone de Beauvoir e amica di Sartre, Cocteau e Genet: la Parigi letteraria fra il dopoguerra e gli Anni Settanta Carlo Jansiti Violette Leduc Grasset, pp. 448, Ff. 155 BIOGRAFIA

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