La fumettizzazione della politica di Filippo Ceccarelli

La fumettizzazione della politica ILPALAZZO La fumettizzazione della politica Filippo Ceccarelli E! IROI usa-e-getta, animaletti graziosi e maligni, cartoni animati senz'anima, citazioni da film di serie B, suggestioni da home-video e vignettisti satirici al potere: chi ci salverà, chi si salverà dalla «fumettizzazione» della politica? Il processo, con quel tanto di inarrestabile e selvaggio che lo spedisce direttamente al cuore dei media, è in corso da un bel po' di tempo. Ma forse solo in estate, riguardando i dodici mesi che ci separano dall'agosto del 1998, si comprende con quanta rapidità, ormai priva di riferimenti ideologici, la vita pubblica italiana si stia trasformando in «Cartoonia», città di semplificazioni immediate e assolute, popolata da personaggi della cultura di massa buoni per tutto e per tutti. Le feste di partito, ad esempio, che un tempo servivano anche a forgiare identità culturali. Bene, quella dell'Unità è stata intitolata al cow-boy Tex Willer, a suo volta soggetto di un esultante saggio critico di Sergio Cofferati. Alla festa di Liberazione Fausto Bertinotti, uno degli ultimi comunisti, ha risposto identificandosi idealmente nell'«indagatore dell'incubo» Dylan Dog. Qualche mese prima, di ritorno dal Chiapas, il leader di Rifondazione comunista s'era comunque segnalato per un apprezzatissimo riferimento a Zorro. I giovani di Alleanza nazionale, a questo punto, hanno dedicato la loro manifestazione estiva ad Atreju, che sarebbe il ragazzo protagonista de La storia infinita. Con qualche acrobazia il responsabile di «Azione Giovani», Basilio Catanoso, ha spiegato il perché. I leghisti non si sono nemmeno preoccupati di farlo, ma alla kermesse di Montecrestese la mascotte era comunque il «Bragula», specie di elfo peloso con le orecchie a punta, la camicia scozzese e un dolmen sulle spalle. Finite le feste, è caduto il governo di Romano Prodi. E subito si è aperta una animosa querelle fra Antonio Di Pietro e Marco Formentini su chi sia «Brancaleone», nell'accezione ovviamente negativa dell'omonima armata cinematografica. All'ex sindaco di Milano è parso di avere dalla sua l'argomento risolutivo, essendo «Brancaleone originario di Norcia che è molto più vicino a Montenero di Bisaccia che alla Padania». Poi è partito Cossiga, riesumando il gatto Felix in polemica con Veltroni. Quindi Casini si è scagliato contro Mariotto Segni accusandolo di essere il capo dei puffi Gargamella. E dopo che l'Avvenire ha paragonato Di Pietro a Tarzan, è subito insorto Teodoro Buontempo rivendicando di essere solo lui, in realtà, il vero Tarzan, mentre l'ex pm è «un'imitazione e una controfigura che va in giro per la foresta a reclutare adepti, senza che di lui siano chiari né i valori né il progetto». Per le elezioni europee, nel frattempo, si selezionavano re leoni, elefantini Dumby ed asinelli disneyani. Trasformato in Batman, anzi in «Batroman» da Staino, Prodi sceglieva Speedy Gonzales come unità di misura per indicare polemicamente la fretta di D'Alema rispetto alle riforme istituzionali. Per spiegare, infine, il funzionamento di Montecitorio ai ragazzini la Camera pubblicava in 500 mila copie (costo 104 milioni) «Un'avventura in Parlamento», albo a fumetti in cui i deputati sono gatti, i senatori cani, il Presidente della Repubblica una tartaruga e i giornalisti topi, con il farfallino. E non è neanche detto che l'immagine sia poi così lontana dalla realtà, che comprende purtroppo anche regressioni e rimbamb nimenti. □

Luoghi citati: Atreju, Milano, Montecrestese, Montenero Di Bisaccia, Norcia