GINO PAOLI una lunga storia d'amore

GINO PAOLI una lunga storia d'amore L'autore di «Sapore di mare» ha festeggiato ieri sera a Caserta i suoi primi quarant'anni di canzoni GINO PAOLI una lunga storia d'amore CASERTA GINO Paoli ha festeggiato ieri, al festival di Caserta, i suoi primi quarant'anni di carriera. Segnati da successi indimenticabili, da pause di riflessione, da grandi riprese. Ma come è cominciato il viaggio? «Per caso. Non credevo assolutamente che avrei fatto questo mestiere. Ma sapevo che non sarei finito in un ufficio. Ilo cominciato facendo il pittore - grafico per sopravvivere e artista nella vita. Poi oravamo ragazzi, la sera suonavamo insieme, ascoltavamo il jazz. La musica nera soprattutto, Nat King Cole e Dillie Floliday. In fondo i musicisti della mia generazione si sono formati guardando all'America. Nel nostro immaginario - penso a me, ma anche a Luigi Tenco quelli erano i liberatori, e li era la libertà». Poi ognuno ha trovato la sua musica... «Per me si trattò di un vero colpo di fortuna. Un giorno un amico fece sentire a Nanni Ricordi una canzone con la mia voce. Da lì è cominciato lutto. Nanni era una persona straordinaria. Una volta qualcuno gli chiese: "Ma come li hai scoperti?" - si riferiva a me, a Luigi 'l'eneo e ad altri. Lui rispose: "Non li ho scoperti, semplicemente non li ho coperti". Per un po' ho continuato a dipingere, facevo una vita molto bohémionne, sempre senza soldi. Poi ò arrivata la "Gatta". E dalla strada del mio studio, mentre dipingevo, sentivo la gente che passava fischiettandola. Da un giorno all'altro, era il 1962, dopo una mostra a Milano, ho messo i pennelli in un angolo e non li ho più toccati». Dalla pittura alla musica. Queste strade non si sono più incrociate? «Non direttamente, ma tre o quattro anni la, al Museo Picasso di Parigi, ho capito per la prima volta il senso del mio fare musica. Non avevo mai riflettuto, da un punto di vista teorico, su quello che facevo. Lo facevo e basta, istintivamente. Invece vedendo Picasso ho capito che il mio essere artista sta nell'inventare qualcosa di nuovo da qualcosa di vecchio, prendere due cose usale senza senso e farlo diventare qualcos'altro. Si può fare con la pittura, ma si può fare anche con le parole. In fondo per me scrivere canzoni è una forma di artigianato, di arte povera. Nel senso che tutti la possono fare e usare, da subito». K poi ci sono stati gli incontri: le amicizie, gli amori... «Tutta la vita ò un incontro. I miei rapporti (l'amicizia con Luigi, Bruno, le storie d'amore con Ornella, con Stefania, con la mia ex moglie Paola. Uno scambio continuo di emozioni. Che è entrato nella mia musica in modo inevitabile». Ma in quarant'anni tante cose sono cambiate... «Come l'intera società del resto. Negli Anni Sessanta se un figlio faceva il musicista il padre lo prendeva a calci nel sedere finché non cambiava idea. Mio padre, ad esempio, che era un ingegnere navale e che il suo solo sogno era che anch'io diventassi ingegnere, non è mai venuto a vedere un mio concerto. Ogni tanto mi diceva. "Quando smetterai di fare queste belinate e cominci a fare qualcosa di serio?". Poi ho saputo che andava dai suoi colleghi e se la radio mandava qualche mia canzone diceva "Bella questa, vero?". Oggi invece se un ragazzo vuole fare il musicista subito viene considerato una star, dai suoi genitori per primi. Non è solo la musica che è cambiata. È cambiato il mondo». Ma oggi fare l'artista è più diffìcile di allora. «L'artista può fare solo l'artista. Ma oggi ci vuole anche un gran colpo di fortuna, altrimenti non ci sono possibilità. Quello che non rende non funziona, e il risultato è che si taglia fuori chi ha passione, chi non lo fa per guadagno. Io ho avuto la fortuna di incontrare uno come Nanni Ricordi, che guardava all'ar¬ te prima che ai soldi. Un altro così erà Sergio Bernardini, patron della Bussola, che scommetteva cifre enormi sulle persone in cui credeva, rischiando sempre di fare fiasco. Ma gente come loro non ne vedopiù». Cosa pensa dei giovani cantautori? C'è qualcuno che le sembra particolarmente in gamba? «Chi mi ha fatto una bella impressio¬ ne, anche da una punto di vista umano, è Elisa. Un tipo deciso, che sa quello che fa, una che va dritta per la sua strada. Un altro è Niccolò Fabi, mi piace perché non è disposto a vendersi. Del resto gli artisti si dividono in due categorie, quelli che non si vendono, e tutti gli altri». Parlando di progetti, cosa farà Gino Paoli da grande? «Quella canzone potrei' riscriverla adesso. Sono un viaggiatore che mette un piede davanti all'altro. E poi alzo gli occhi e guardo». If. sf.l «All'inizio mi dedicavo soprattutto alla pittura e dalla finestra del mio studio sentivo la gente che passava fischiettando la Gatta» «Gli amici, come Tenco e Lauzi e le donne, Stefania Ornella e poi Paola: tutte queste emozioni sono nella mia musica» «Mio padre non è mai venuto a vedere un mio concerto» «Lo sapevo fin da ragazzino: non sarei finito in un ufficio» pggp q «sedlf«TeD Gino Paoli, da quarant'anni sulle scene tra grandi successi e pause di ripensamento: «Gli artisti - dice - si dividono in due categorie, quelli che si vendono e quelli che non lo fanno»

Luoghi citati: America, Caserta, Milano, Parigi