Nuova pista sui miliardi rossi di Maurizio Molinari

Nuova pista sui miliardi rossi Il petroliere Khodorkovsky: la fuga di capitali a New York decisa in vista della svalutazione del '98 Nuova pista sui miliardi rossi «Esportati dal clan Eltsin prima del crack » Maurizio Molinari inviato a WASHINGTON Le indiscrezioni sul «Russiagate» si moltiplicano ed arrivano sempre più vicino alla Casa Bianca, mentre il super-petroliere Mikhail Khodorkovsky scende in campo e accusa gli uomini del presidente Boris Eltsin di aver gestito una grande una fuga di capitali verso le banche di New York alla vigilia della svalutazione del rublo, nell'estate del 1998. A scagliare nuovi fulmini sulla Casa Bianca sono state le solite «anonime fonti del governo», secondo cui l'Amministrazione Clinton avrebbe chiesto alla Banca di New York di tenere aperti i conti adoperati per il riciclaggio dei fondi russi «dal settembre del 1998 fino alla scorsa settimana». I nove conti al centro dello scandalo sarebbero dunque stati chiusi ufficialmente solo dopo la pubblicazione delle prime rivelazioni da parte del «New York Times». Per il secondo giorno consecutivo i portavoce dell' Fbi e della Procura federale hanno rifiutato ieri di fare dichiarazioni in materia, e l'assenza di una smentita rafforza il sospetto che i «conti lavanderia» siano rimasti incredibilmente attivi nonostante l'inizio dell'inchiesta, che risale al settembre 1998: ben nove mesi dopo le prime operazioni sospette il cui valore accertato è di 4,2 miliardi di dollari e quello presunto arriva a 15 miliardi di dollari. La sola ipotesi di un intervento del governo americano a protezione dei «conti lavanderia» è destinata ad aumentare la pressione del Congresso a maggioranza repubblicana sul presidente Bill Clinton e soprattutto sul suo vice Al Gore, co-presidente della commissione bilaterale Usa-Russia incaricata di sovrintendere all'intera politica di aiuti economici. Sull'origine dei miliardi di dollari arrivati dalla Russia alla Banca di New York si è aperta anche un'altra pista. In un'intervista con il «New York Times» il petroliere russo Mikhail Khodorkovsky ha rivelato che attraverso la società di copertura «Benex» gli uomini dell'entourage del presidente Boris Eltsin trasferirono a New York milioni di dollari all'inizio del 1998, mettendoli in salvo dall'imminente svalutazione del rublo. L'accusa del petroliere chiama in causa i vertici del Cremlino che «sfruttarono le informazioni a loro disposizione per mettere al sicuro milioni di dollari da una svalutazione che loro stessi stavano decidendo». Khodorkovsky è presidente della società petrolifera «Yukos» e della banca «Manatep», e in entrambi i casi D suo vice è uno dei personaggi chiave del «Russiagate»: quel Kostantin Kagalovsky rappresentante di Mosca presso il Fondo Monetario Internazionale e marito di Natasha, la dirigente della Banca di New York sospettata di aver gestito le transazioni sui «conti-lavanderia». Le rivelazioni del petroliere disegnano una connessione diretta fra il «Russiagate» e il crollo economico della Russia, iniziato proprio con la svalutazione del rublo nell'estate del 1998. Ma gli investigatori britannici ed americani ritengono che a riciclare il denaro non siano stati non solo i politici ma anche banche private (come la «Manatep») e organizzazioni criminali come la «mafia rossa». Le indagini si annunciano lunghe e complesse. «In Russia esistono molte organizzazioni che garantiscono i trasferimenti di denaro all'estero e per setacciarle tutte servirà tempo», assicura l'ex agente della Cia, Richard Palmer. La difficoltà delle indagini trova conferma anche nel fatto che, fino a questo momento, alla Banca di New York non è stato ancora contestato alcun reato, e che l'unico provvedimento adottato è stato il congelamento di due conti da venti milioni di dollari. Una gola profonda Usa «Washington ordinò di non chiuderei conti nonostante l'inchiesta» T La figlia del presidente russo Eltsin, Tatiana, e ex primo ministro Serghei Stepashin che ieri ha difeso I leader