Pensioni e lavoro, Romiti critica il governo

Pensioni e lavoro, Romiti critica il governo Il presidente della Rcs al Meeting di Rimini: «Un milione di posti? Fare i numeri porta sfortuna» Pensioni e lavoro, Romiti critica il governo «Quel decreto sulla par condicio è antidemocratico» Claudio Altarocca inviato a RIMINI Di fronte ha migliaia di giovani, i ciellini del Meeting, e c'è silenzio assoluto. Ogni tanto un forte applauso, ma subito rientra perché Cesare Romiti prosegue subito con foga, vuole parlare una buona volta senza tante diplomazie. E così risponde alle domande dei giornalisti Pierluigi Battista, Paul Betts e Renato Farina. La concertazione politica è diventata un dogma. Lei lo accetta? «E' un errore. Se si parlasse di "confronto", sarebbe meglio. E quando non c'è unicità di posizioni, le parti difendanogli interessi che vogliono perseguire». Se sulla riforma delle pensioni i sindacati pongono il veto a D'Alema, il governo deve andare allo scontro? «Io sono convinto che l'attuale sistema non tiene. Fra 5, 8, IO anni, il sistema scoppierà. Potrà allora succedere anche qualche sommovimento di carattere civile... Rivolgerei un appello a governo e sindacati: considerino che, se il sistema non reggerà, saranno loro i responsabili, su di loro ricadrà tutto il peso terribile. Ho incontrato Cofferati e gli ho chiesto perché non apre le iscrizioni ai giovani che non trovano lavoro. Risposta: "Non ci pensiamo neppure. Noi siamo un sindacato a cui si iscrive chi ha già un lavoro". Questo è un modo conservativo, questi uomini non si rendono conto di che razza di bomba hanno sotto la sedia. Il governo ha la responsabilità di decidere, non può dire: "Per la stabilità del governo io non faccio nulla, perché mi troverei contro lo sciopero generale". Pensi, il sindacato, alla massa silente dei disoccupati italiani, pensi alla massa silente perché non organizzata. Mi hanno chiesto perché non organizzo una marcia dei disoccupati, simile alla marcia dei 40 mila a Torino^ no, sarei 3be una rivoluzione. Il governo deve dirigere il Paese anche nelle cose spiacevoli. Se io non avessi deciso cose difficili, non avrei concluso nulla. Chi ha re- sponsabilità deve dire più no che sì. Sono i no che qualificano i capi». Lei voterebbe il disegno di legge sulla par condicio? «Voterei no. Non si può scoprire improvvisamente che gli spot sono stati determinanti. Io poi non ci credo. E dire "ti impedisco di parlare" ha il sapore di un Paese non democratico, di un Paese che avrebbe voglia d'essere più dittatoriale che democratico. Un Paese che ha fatto della concertazione un dogma, perché non l'ha applicata anche in questo caso?». D'Alema è ottimista sui conti dello Stato. Condivide? «M'auguro che abbia ragione. Ma dubito, purtroppo. Intanto fare i numeri sull'occupazione porta sfortuna. E poi mi ha sorpreso che un uomo intelligente come D'Alema sia caduto in un errore in cui cadde anche Berlusconi, quando promise un milione di posti di lavoro. In realtà l'economia italiana balbetta. Tre anni fa, proprifltqui al Meeting, sostenni che il dramma più grave era la disoccupazione: dopo tre anni la disoccugazione è aumentata. Il nostraPaese ha fatto per èssa poco o nulla, preso dall'assillo di arrivare a Maastricht: ora ci siamo arrivati, ma siamo il Paese più debole dell'Euro. Il governo deve oggi avere il coraggio di dire che quei sacrifici vanno continuati e che saranno persino maggiori, se si vuole uscire da una situazione intollerabile». Come giudica l'Europa unita? «Ne sono sempre stato un fautore. Ma la battaglia andava fatta non per mettersi i nastrini, per vuoto orgoglio politico. Nessuno ha spiegato che lo sforzo per arrivarci avrebbe diminuito, se non tagliato, lo sviluppo. Lo sviluppo andava negoziato allora, occorreva allora ottenere un qualcosa che avrebbe consentito al nostro Paese di uscire dalla situazione in cui si andava incastrando. Io sono convinto che prima o poi si dovrà rinegoziare il patto di stabilità per trovare fiato utile allo sviluppo». Cossiga ha detto un giorno che lei ha complottato per far cadere Prodi. Che rapporti ha con la politica? «Cossiga è provocatorio, sa bene il mio modo di pensare. Dico che è difficile, in un Paese come l'Italia, politicamente arretrato, non dare opinioni per consentire alle aziende di prosperare. Non tacevo e non taccio. Ma non ho mai coltivato propositi di dedicarmi alla politica». Come valuta gli acquisti che aziende straniere fanno di aziende italiane? «Non è una tragedia, però bisogna preservare la forza di questo nostro Paese... Pensate, voi giovani, il male che hanno fatto al Paese gli anni dal '92 a oggi, tutti i problemi giudiziari che ci hanno investito, quasi a ludibrio di altri Paesi. Pensate all'illecito finanziamento dei partiti: quello che era allora, oggi non è più? Tutti fanno finta di niente, tutti zitti... Certamente la mafia impedisce l'afflusso di aziende straniere in Italia. Dobbiamo combatterla, la mafia, ma non dobbiamo parlarne ogni giorno. Invece si vuole sfruttare mafia, 'ndrangheta e camorra per ragioni personali». Quali sono i suoi rapporti con la giustizia e i pm? «Molto ingiusti, ma non voglio fare un piagnisteo. Quando penso a questi miei rapporti, mi viene in mente una frase di Mastro Eckhart che mi ha mandato il teologo Gianfranco Ravasi: "Nulla sa più di fiele del soffrire, nulla sa più di miele dell'aver sofferto; nulla di fronte agli uomini sfigura di più il corpo del soffrire, nulla di fronte a Dio abbellisce l'anima più dell'aver sofferto"». fi il miei rapporti con la giustizia e i pm?Molto ingiusti, ma non voglio fare un piagnisteo E poi la sofferenza, dice Mastro Eckhart, abbellisce l'anima ip j fi il sindacati sono conservatori e non si rendono conto della bomba che hanno sotto la sedia. Forse il nostro paese dovrà rinegoziare il patto di stabilità in Europa J tj

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