«L'Italia rischia un conflitto sociale »

«L'Italia rischia un conflitto sociale » IL PREMIO NOBEL PER L'ECONOMIA «I VÌNCOLI DELL'EURO VI CHIUDONO OGNI SCAPPATOIA» «L'Italia rischia un conflitto sociale » Samuelson: vedo cinque anni molto difficili intervista MaurizioMqlinarl inviato a WASHINGTON Ltì ITALIA non ha un leader ™ come Bill Clinton o Tony I Blair ed avete davanti cinque anni molto difficili: ciò che vi minaccia è mia esplosione dei conflitti sociali irrisolti mentre i vincoli dell'Euro vi impediscono di ricorrere a vecchie scappatoie». E' questa l'opinione del premio Nobel per l'Economia Paul Samuelson, docente al «Massachusetts Institute of Technology» ed ex collaboratore di John F. Kennedy, che rimprovera al governo di Massimo D'Alema di «non essere riuscito a risolvere i conflitti di classe ed a far accettare le riforme a tutti i suoi sostenitori». Perché dà un giudizio così severo sull'Italia professore? «Eravamo abituati a discutere sul mercato grigio e sulle piccole imprese in Italia. Ora non se ne parla più. Avete saggiato i lati positivi dell'ingresso nell'Euro prima ancora del suo debutto. La tremenda riduzione dei tassi di interesse che il governo ha dovuto pagare a causa dell'imponente debito pubblico italiano è stata positiva ed è stata la ragione per cui non avete voluto essere lasciati fuori. Ma il matrimonio è una cosa strana: può portare sia benefici che svantaggi. L'Italia è molto debole ed è nella condizione di doversi augurare che Francia, Germania e gli altri Paesi economicamente più forti come l'Olanda, la Danimarca e l'Irlanda abbiano un'espansione di cui potrebbe godere anche lei. Ma la ripresa europea tarda e i vantaggi dell'Euro non si vedono ancora. Molti europei sono orgogliosi solo perché l'Euro sta recuperando un po' d strada sul dollaro ma questo i nazionalismo retorico, che rende le industrie europee meno competitive e il Continente meno attraente per i turisti». Cosa dovrebbe fare allora il governo? «Non vedo da dove potrebbe venire la boccata d'ossigeno per l'Italia: siete dentro l'Unione europea e non dovreste cercare l'espansione con mezzi propri. Dovete suonare come chiede il direttore d'orchestra a Francoforte». Il governo punta sulla riforma delle pensioni ma i sindacati sono divisi, minacciano lo scontro. Quale può essere la via d'uscita? «L'Italia ha un tasso di natalità basso e una spesa pensionista pesante. Il sistema pensionistico non è mai stato molto buono da un punto di vista economico. Deve essere modificato non per migliorare i conti del prossimo mese ma per rendere più competitiva l'economia nei prossimi anni. Ma avete un punto debole: siete una democrazia con una lotta di classe ancora in atto. Non è positiva l'esplosione dei-ccmirasi i sociali sulle pensioni fra i sindacati. La tranquillità sociale degli ultimi anni è in pericolo». Quale è il rimedio a queste tensioni sociali? «In Italia, come in Spagna, la forza lavoro è divisa in due gruppi: chi ha il lavoro garantito e chi no. La disoccupazione fra i giovani non lede i privilegiati e quindi i sindacati vogliono perpetuare, non modificare, i privilegi. Questo non giova al Paese e comporta il rischio di guerra fra generazioni. Negli Usa la soluzione è venuta dalla flessibilità: i lavoratori hanno capito che era meglio accettare posti mal pagati che non aspettare posti ben pagati che non c'erano». Secondo lei che prezzo dovrà pagare l'Italia se il governo guidato da Massimo D'Alema non vincerà le resistenze dei sindacati? «Il mio vecchio professore a ll'Università di Harvard, Joseph Schumpeter, ripeteva sempre che il capitalismo è una distruzione creativa dove devi limitare i danni. In un'economia globale questo è ancora più vero. Se l'Italia non limita i danni non potrà evitare di continuare a scivolare verso le ultime file dell'orchestra europea». Dopo l'aumento dei prezzi della benzina si parla anche di una possibile ripresa dell'inflazione... «Causa più inflazione continua¬ re a sovvenzionare prezzi controllati burocraticamente che non farli crescere. Molti dei prezzi in Italia hanno ancora restrizioni governative e sarebbe molto impopolare consentire un loro aggiustamento sul mercato globale. Ma con una buona Banca Centrale non andreste di certo verso l'iperinflazione». Gli ultimi dati diffusi dall'Istat registrano un calo del 2,8 per cento dell'occupazione. Come è possibile invertire la tendenza? «La Finlandia ha una disoccupazione più alta dell'Italia ma ha meno disoccupati di un anno fa. L'Italia sta perdendo i suoi vantaggi competitivi. Se fossimo ancora a prima di Maastricht l'Italia avrebbe già deprezzato la lira rispetto al marco ma ora non lo può più fare. Avete perso flessibilità e sarebbe molto negativo se per ragioni politi¬ che ci fosse una svolta verso un mercato del lavoro più sindacalizzato e quindi un aumento dei salari che sono già troppo alti rispetto alla concorrenza. Non sono un conservatore e sembra strano che un vecchio progressista come me dica queste cose ma è la realtà dell'economia globalizzata. Bisogna accettare ì compromessi ed è meglio guadagnare di meno in aumento salari reali se questo può portare ad una espansione dell'occupazione». E' sorpreso dalla decisione delle banche italiane di rialzare gli interessi dei mutui? «No, in America avviene la stessa cosa da qualche tempo. Visto che l'Italia non è in una fase di forte crescita la decisione di far lievitare il tasso sui mutui non pregiudica nulla». Come giudica le scelte del governo in politica economica? «Da quando Romano Prodi ha lasciato Palazzo Chigi, D'Alema tenta la riforma dello Stato sociale ma i prossimi cinque anni saranno molto difficili per l'Italia se sommeranno i contrasti sociali che bollono in péntola come il caso-pensioni sta dimostrando. Sarà un periodo difficile, forse il più difficile dal dopoguerra. Il vostro problema è che non avete un grande leader come Bill Clinton, che è stato capace di portare tutto il fronte democratico verso le riforme economiche e fiscali. E non avete neanche un Tony Blair che ha rotto con il vecchio Labour con scelte più coraggiose di quelle di Margaret Thatcher. Non riesco a vedere chi in Italia possa svolgere questo ruolo in questo momento. Per uscire dalla crisi l'unica via per voi è l'Europa ma la Banca Centrale Europea dovrebbe prima essere meno austera e iniziare a favorire l'espansione, cosa che non fa. Senza che l'Italia riesca d'altra parte a influire molto sulle sue scelte che contano». Dopo la decisione della Federai Reserve di rialzare i tassi cosa dovrebbe fare l'Europa? «Fare la cosa giusta in questo momento per la Banca Centrale Europea significa alzare un poco i tassi. Sin dalla nascita dell'Euro la Bce è stata troppo austera e fedele alla Bundesbank. Il Fondo monetario internazionale non le ha mai detto di non abbassare i tassi. Se la Banca centrale europea non si muove la tendenza al rialzo dei tassi americani continuerà ancora. E' verosimile che entro due mesi la Federai Reserve decida un nuovo aumento dei tassi perché la Borsa non si è mossa. L'interrogativo per l'Europa è se questo porterà ad un rallentamento di Wall Street. La Borsa americana è da tempo su livelli molto alti e se ci fosse una correzione, diciamo del 20 per cento, non sarebbe la Fine del mondo perché gli Stati Uniti oggi non sono il Giappone degli Anni Ottanta. Le ripercussioni però si sentirebbero in tutto il mondo. Brasile e Messico sarebbero i più esposti. Ma Parigi, Londra, Francoforte, Milano e Tokyo non si salverebbero dalle conseguenze di una debolezza americana...» Andiamo verso un nuovo crollo delle Borse? «No, non stiamo parlando di un nuovo 1929 nè di un altro 1987 : Alan Greenspan ha aumentato i tassi per il timore non dell'inflazione ma di una Borsa americana che essendo troppo alta rischia di diventare improvvisamente troppo bassa». «Ci vorrebbero Clinton o Blair Ma voi non avete un leader così...» Il professor Paul Samuelson, premio Nobel per l'Economia