Russiagote, cinque sospetti al Cremlino di Maurizio Molinari

Russiagote, cinque sospetti al Cremlino Rivelazioni a Washington, anche l'ex ministro Ciubais nella lista. Un'inchiesta del Kgb Russiagote, cinque sospetti al Cremlino II riciclaggio degli aiuti Funi: c 'è anche Tatiana Eltsin Maurizio Molinari inviato a WASHINGTON Il «Russiagate» è arrivato a un passo dal Cremlino e allunga la sua ombra sulla Casa Bianca. Il capo della Procura Federale russa, Vladimir Ustinov, ha incaricato i servizi segreti (Fsb) di aprire un'indagine per verificare le indiscrezioni pubblicate ieri dal quotidiano americano «UsaToday» sul coinvolgimento della figlia del presidente Boris Eltsin, Tatyana, e di numerosi vip politici russi nello scandalo sul riciclaggio da parte della mafia russa nella Banca di New York di 15 miliardi di dollari (27 mila miliardi di lire), inclusi 10 miliardi di aiuti provenienti dal «pacchetto» del Fondo Monetario e destinato a risollevare l'economia della Federazione russa. Secondo quanto rivela «UsaToday», le indagini svolte dall'intelligence britannica e dalla Procura russa (che però ha smentito) avrebbero portato a identificare Tatiana Dyachenko Eltsin nel ristretto gruppo di politici russi che, avendo libero accesso agli aiuti concessi dal Fmi, ne avrebbero permesso la fuga. Gli altri «sospettati» sono l'ex capo di gabinetto di Eltsin e ministro delle Finanze, Anatoly Chubais; l'ex vice primo ministro Oleg Soskovets; l'ex ministro delle Finanze Alexander Livshits e l'ex vice presidente della Federazione russa, Vladimir Potanin. I-a lista non include il nome di Boris Eltsin ma sarebbe difficile credere - se i sospetti trovassero conferma che il capo del Cremlino sia rimasto all'oscuro di una distorsione dei fondi per migliaia di miliardi di lire. L'attuale ministro delle Finanze russo, Mikhail Kaysanov, è corso ai ripari negando qualsiasi coinvolgimento del governo nel riciclaggio a favore delle cosche ma sono almeno sei le agenzie federali americane - a cominciare dall'Fbi - che stanno collaborando con i colleghi inglesi nelle indagini. Londra è al centro dell'inchiesta perché almeno cinque miliardi di dollari riciclati - secondo quanto riportato ieri dal «Wall Street Journal» - sarebbero finiti alla «Valmet», una finanziaria dell'Isola di Man, con società affiliate a Cipro, Gibilterra e Zurigo. A dirottarli verso l'isola britannica sarebbe stato l'imprendibile boss della «Mafia Rossa» Senion Mogilevitch, attraverso due impiegate della Banca di New York, di cui una - Natasha Kagalovsky - era la moglie del rappresentante ufficiale russo presso il Fondo Monetario a metà degli Anni 90. Il riciclaggio sarebbe avvenuto anche attraverso un conto della Republic National Bank (da dove sarebbe arrivata all'Fbi la «soffiata» iniziale sull'intero scandalo) mentre numerosi istituti di mezza Europa vengono passati al setaccio nella convinzione che il «Russiagate» abbia proporzioni assai più vaste: il Credit Suisse, l'Ubs Ag, la Dresdner Bank, la Banca internazionale di Lussemburgo e la Westdeutche Landesbank. Se infatti fino a questo momento le indagini sono sulla f fuga di «soli» 15 miliardi di dollari del Fmi, il totale dell'ammontare degli aiuti scomparsi potrebbe essere maggiore, fino a 200 miliardi di dollari. I portavoce del Fondo a Washington ieri hanno rimandato a oggi ogni dichiarazione, limitandosi a far notare che «non abbiamo strumenti nostri indipendenti per accertare se i sospetti hanno o meno fondamento». Ma una fonte del governo americano ha affermato che «da tempo in molti erano a conoscenza di dove andavano a finire gli aiuti intemazionali». E' evidente che anche i vertici del Fmi potrebbero subire le conseguenze dello scandalo. Negli ambienti dell'Fbi l'im¬ pressione prevalente è che «siamo solamente all'inizio». Il Congresso Usa ha deciso di aprire una propria inchiesta sulle complesse trame di uno scandalo che, secondo il deputato repubblicano che guida la commissione banche della Camera, Jim Leach, potrebbe testimoniare «il più grande esempio di cleptocrazia della storia moderna». L'Fbi vuole capire anche se la Banca di New York sia solo una vittima o abbia qualche responsabilità nel traffico di denaro sporco. Anche alla Casa Bianca si respira una certa preoccupazione, dovuta al fatto che il vice-presidente Al Gore è stato in questi anni il garante dell'intero programma di aiuti alla Russia, presiedendo con Victor Cemomyrdin l'importante «commissione bilaterale». I tentativi dei collaboratori di Gore, nelle ultime 48 ore, di allontanare ogni sospetto scaricando la responsabilità sul Dipartimento del Tesoro e sul Fmi sono stati un passo falso. Il vice-presidente, principale candidato democrat ico alle presidenziali, è invitato da molti democratici a difendersi con energia ma per il momento si limita a far sapere che «solo in due occasioni» venne messo a conoscenza di «episodi di riciclaggio» e che fu proprio lui, nel 1997, a chiedere a Cemomyrdin maggiore impegno contro la corruzione. La «scomparsa» di 18 mila miliardi di fondi attraverso la mafia pare destinata a travolgere la candidatura di Al Gore alla Presidenza Il Congresso Usa avvia un'indagine Il capo della Commissione banche della Camera parla del «maggior caso di cleptocrazia della storia moderna» sbBI Il presidente Eltsin: diffìcilmente riuscirà a non essere coinvolto nello scandalo

Luoghi citati: Cipro, Europa, Londra, Lussemburgo, Russia, Washington