«La confessione è un bene privato»

«La confessione è un bene privato» «La confessione è un bene privato» Monsignor Sanna: fatta a un giornale non ha la dignità di un sacramento ROMA LA confessione scritta dell'anonimo calciatore fa discutere negli ambienti ecclesiastici. «Di certo non ha la dignità di un sacramento», assicura monsignor Ignazio Sannu, prorettore dell'Università Lateranense. Che aggiunge: «La confessione è, innanzitutto, un fatto assolutamente privato, che comporta una privata assoluzione, e non certo pubblica. E, inoltre, va fatta a un sacerdote, non a un giornale». In questo caso non sussisterebbe, quindi il segreto confessionale? «No, di certo». E se un magistrato chiedesse di esibire la lettera del calciatore? «Il problema riguarderebbe, semmai, il segreto professionale giornalistico, essendo Famiglia Cristiana un giornale». Ma non tutti la pensano allo stesso modo. Motivi «di riservatezza e di rispetto della persona» impediscono di rivelare «nome del calciatore e circostanze più precise». Questa la posizione di Famiglia Cristiana. Don Antonio Sciortino, direttore del settimanale, dichiara: «Tra le tante lettere che arrivano alla rubrica "Colloqui col padre" abbiamo ricevuto anche quella, firmata, di un giocatore professionista pentitosi di un illecito sportivo. Dopo le opportune verifiche, come avviene di solito per tutte le lettere che riceviamo, abbiamo deciso di pubblicarla, ponendo sul giornale il caso di coscienza e il problema etico, invitando pubblicamente il giocatore alla riparazione, anche con una denuncia all'autorità sportiva». Motivi di riservatezza e di rispetto alla persona, che, a detta di don Sciortino, sono dovuti a tutti coloro che si rivolgono al padre «quasi» come ad un confessore. C'è chi si dice sicuro del fatto che il giocatore possa ottenere l'assoluzione per il comportamento truffaldino. Dice Don Davide Solano Carpio: «Se il calciatore è davvero pentito, non c'è dubbio che meriti l'assoluzione. E non c'è dubbio neppure su un altro punto: il prete che ha raccolto la sua lettera farà bène a non rivelarne il nome, sebbene il segreto sacerdotale sia un'altra cesa». Don Davida è un prete colombiano che da anni vi- ve nel nostro Paese e conta molti amici tra i giocatori: da Di Biagio a Totti, a Nesta, a Salas. Aggiunge: «Non è mai capitato di sentirsi confessare da un calciatore di avere venduto una gara. Ma la lettera del giocatore pentito a Famiglia Cristiana non è una vera e propria confessione. Diciamo che rientra nel quadro dell'orientamento spirituale». Ricorda don Solano: «Fermo restando che il sacerdote non deve mai fare, neanche di fronte al magistrato, il nome di chi gli rivela qualcosa in questo ambito, il segreto della confessione è molto più forte: per un prete è peccato mortale rivelare qualcosa appreso in confessionale». ld. dan.) Don Antonio Sciortino dirige «Famiglia Cristiana»

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