Le catastrofi non sono mai naturali

Le catastrofi non sono mai naturali Terremoti, inondazioni e cicloni sono eventi imprevedibili, ma le conseguenze si possono evitare Le catastrofi non sono mai naturali Hervé Kempl «Ci IONTEMPLATE queste rovine tremende, I questi ruderi, questi brandelli, queste disgraziate ceneri, queste donne, questi bambini ammucchiati l'uno sull'altro». Nel 1755 Voltaire descriveva la sua emozione di fronte al terremoto di Lisbona che aveva provocato 40 mila morti. L'awenimento segnò profondamente l'opinione europea e suscitò una controversia filosofica sulla fatalità e il disegno divino. Con lo stesso dolore, la stessa compassione si può oggi «contemplare» il dramma che ha colpito la Turchia. Anche uno specialista abituato a drammi di questo tipo parla di una «spaventosa catastrofe». Fatalità della cieca natura? Sin dal 1756 nella lettera del 18 agosto Rousseau rispondeva a Voltaire: se c'è stato un dramma non è colpa della natura, poiché non è stata quest'ultima a «raccogliere laggiù ventimila palazzi di sei o sette piani». Se gli abitanti si fossero sparpagliati o sistemati diversamente, proseguiva Jean-Jacques Rousseau, «li avremmo visti il giorno dopo a venti leghe da quel luogo, felici come se nulla fosse successo». Gli esperti oggi danno ragione a Rousseau: non ci sono catastrofi naturali ma, secondo Claude Gilbert, responsabile del Programma rischi collettivi del Cnrs, esiste «un rischio costituito dalla relazione fra l'imponderabile e la vulnerabilità». L'alea naturale esiste, ma è il contesto sociale che la trasforma in ima catastrofe o in semplice disagio. L'idea trova il consenso degli esperti, come è dimostrato dalla conferenza conclusiva del «Decennio internazionale delle Catastrofi naturali», nel luglio scorso a Ginevra: «Dall'inizio degli Anni 90 afferma Guy Deneiifbourg, membro del comitato francese del Decennio - abbiamo ribaltato l'approccio: abbiamo centrato l'attenzione sulla vulnerabilità invece che sul fenomeno. Siamo passati da una problematica delle catastrofi naturali a una problematica socio-economica». È stato così che la più gigantesca alea che si sia conosciuta nel XX secolo non ha provocato neppure una vittima: il 30 giugno 1908 un meteorite gigante colpisce il pianeta e distrugge 2.000 chilometri quadrati. Un numero senz'altro impressionante di conigli e alci passa a miglior vita, ma neppure un essere umano: siamo al di sopra della Tunguska, in piena Siberia, Invece, da una trentina d'anni, inondazioni, terremoti, cicloni, con il loro strascico di vittime innocenti, sembrano moltiplicarsi. Secondo la compagnia di riassicurazioni Munich Ré, il numero delle grandi catastrofi naturali è triplicato fra il decennio 1960 e il decennio 1990. Anche se questa cifra deve essere relativizzata (non si registravano prima degli Anni 60 questi avvenimenti con attenzione pari a quella di oggi), gli specialisti sono d'accordo a pensare che il rischio sia in crescita, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Ouali sono le cause umane della vulnerabilità ai fenomeni naturali? La prima causa riguarda la combinazione di crescita demografica e povertà. Nei paesi in via di sviluppo l'urbanizzazione avanza a ritmo sostenuto: nel 2015 la popolazione mondiale dovrebbe essere per il 54% urbanizzata, contro il 38% del 1975 e il 45% del 1995, secondo le stime dell'Onu {World urbanization Prospects, 1996) Questa urbanizzazione avviene in modo disordinato, senza che una grande attenzione sia prestata ai rischi di inondazione o di smottamento del terreno. Secondo il Rapporto sulle catastrofi nel mondo del 1999 della Croce Rossa internazionale, «quaranta delle 50 città che si sviluppano più rapidamente nel mondo sono situate in zone sismiche». Inoltre a causa della povertà dei nuovi cittadini le costruzioni sono rudimentali e fragili: «un miliardo di persone vive nelle bidonville», scrive la Croce Rossa. Una seconda causa di vulnerabilità riguarda la trasformazione dell'ambiente. L'uso massiccio e diffuso dell'asfalto sui suoli è un moltiplicatore d'inondazioni poiché blocca l'assorbimento dell'acqua, mentre la canalizzazione dei fiumi impedisce loro di espandersi liberamente, accelerando la velocità del loro corso in caso di forti piogge. I disboscamenti, che annullano la capacità delle foreste di trattenere l'acqua, e la distruzione delle zone umide accrescono le conseguenze di siccità e inondazioni. Una delle decisioni più importanti prese dal governo di Pechino dopo che le inondazioni hanno colpito la Cina centrale nell'estate del 1998 è stata quella di vietare lo sduttamente forestale nel bacino superiore dello Yang-Tse. Infine la terza causa della vulnerabilità delle società di fronte all'alea naturale riguarda l'assenza di prevenzione. Le zone sismiche sono molto ben identificate, e gli esperti concordano nell'affermare che costruire adottando sistemi antisismici limiterebbe di gran lunga l'impatto dei terremoti. Questo fatto è stato ampiamente ammesso nel caso della Turchia e la stampa ha riconosciuto l'incapacità dei vari governi turchi di far rispettare le severe norme in materia di costruzione. Il maggiore costo delle costruzioni antisismiche non è insostenibile, dell'ordine del 5% secondo Jean-Louis Doury del Centro scientifico e tecnico della costruzione, e un paese povero come la Romania ha saputo adottare in modo generalizzato questa tecnica. In materia di cicloni e di inondazioni, l'allestimento dei piani d'urgenza è uno strumento utile se questi eventi sono previsti con qualche giorno di anticipo. Una delle misure più efficaci è informare rapidamente la popolazione in caso di crisi perché possa rifugiarsi in abitazioni in grado di resistere agli uragani, per esempio le scuole. In generale i mezzi per fare fronte ai pericoli naturali sono conosciuti. Chiudendo il «Decennio per la prevenzione delle catastrofi naturali», il 5 luglio a Ginevra, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, dopo avere constatato che «le catastrofi cosiddette naturali non sono forse così naturali», ribadiva martellante: «Quel che bisogna fare lo sappiamo. Occorre ora mobilizzare la volontà pi il; ir.i ■ Copyright Le Monde Una immagine della distruzione causata dal terremoto che ha colpito la Turchia

Persone citate: Claude Gilbert, Jacques Rousseau, Kofi Annan, Rousseau

Luoghi citati: Cina, Ginevra, Lisbona, Pechino, Romania, Siberia, Turchia