LA NOSTALGIA DELLE LINGUE TAGLIATE di Gianni Vattimo
LA NOSTALGIA DELLE LINGUE TAGLIATE MINORANZE D'EUROPA LA NOSTALGIA DELLE LINGUE TAGLIATE Gianni Vattimo C<j E' un importante significato generale nella discussione che si è rianimata in questi giorni in Francia a proposito delle «lingue tagliate». Il problema è se, adottando ufficialmente la Carta dei diritti delle lingue recentemente varata dal Consiglio d'Europa, si debba modificare la Costituzione repubblicana, nella quale è detto che «la lingua unica della Repubblica» è il francese. A parte la coloritura un po' sciovinistica che ha assunto la discussione in Francia, dove si è subito mobilitato un comitato «di iniziativa repubblicana», per difendere l'unicità della lingua nazionale, le tesi che si sono affrontate sono di grande portata generale, anzitutto se si pensa a come la questione delle lingue «oppresse» - nel caso della Francia, si tratta per esempio del basco, del bretone, dell'occitano si intrecci con gli impulsi separatisti che serpeggiano un po' dovunque nel nostro mondo globalizzato. Naturalmente non è detto che chi si preoccupa della sopravvivenza delle lingue minoritarie e appoggia iniziative per la difesa del loro patrimonio letterario, anche mediante l'istituzione di appositi insegnamenti nelle varie regioni, condivida poi i più radicali programmi separatisti. Ma in linea di principio è difficile tracciare confini precisi, anche perché una volta abbracciata la causa delle «lingue tagliate» non si vede più bene fino a che punto ci si possa spingere nel riconoscere ai dialetti la dignità di lingue. In Val d'Aosta o in Alto Adige vige un regime di bilinguismo; ma perché non anche in Sicilia e in Piemonte? Dovremmo non solo cercare di conservare il patrimonio letterario dialettale (come fanno gruppi e istituzioni in cui sembra sempre di avvertire un'atmosfera nostalgica e rétro), ma anche promuovere un suo sviluppo attivo, magari sovvenzionando accademie, case editrici, singoli autori? Al fondo di tutta la questione sta forse un'alternativa molto radicale tra due visioni della cultura: una secondo la quale le culture vivono proprio in quanto, nell'incontro e nel conflitto con altre, si modificano e dunque anche, in parte, periscono; e l'altra che le vede invece come organismi viventi, da rispettare in ogni caso come tali, magari chiudendone le frontiere per evitare le contaminazioni. E' chiaro che nella pratica una scelta netta fra queste due visioni non è possibile. Ma lo sfondo teorico che così si rivela merita di essere ricordato, anche e soprattutto quando, come capita sempre più spesso, ci sentiamo in dovere di prendere la difesa delle «lingue tagliate».
Luoghi citati: Europa, Francia, Piemonte, Sicilia, Val D'aosta
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